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Inni cristologici /5

Al centro della storia della salvezza

Marc Chagall, Esodo

Fin dalle origini, i cristiani hanno descritto la natura di Gesù in testi densi di significato.
Nell’inno di Colossesi 1,15-20, Paolo pone Cristo al centro della storia della salvezza.

La seconda parte dell’inno della Lettera di Paolo ai Colossesi (1,15-20), mette in evidenza la figura del Cristo come salvatore all’interno della storia della salvezza:

Egli è anche il capo del corpo, della Chiesa.
Egli è principio,
primogenito di quelli che risorgono dai morti,
perché sia lui ad avere il primato su tutte le cose.
È piaciuto infatti a Dio
che abiti in lui tutta la pienezza
e che per mezzo di lui e in vista di lui
siano riconciliate tutte le cose,
avendo pacificato con il sangue della sua croce
sia le cose che stanno sulla terra,
sia quelle che stanno nei cieli.

(Col 1,18-20)

L’inno ha già affermato nel versetto 17 che in Cristo tutte le cose trovano il loro punto di forza e di coesione. Ne consegue che «egli è il capo del corpo, che è la Chiesa».
Il punto focale dell’inno non è più, quindi, la creazione, bensì la storia. E il Cristo ne è presentato come salvatore.

Il capo del corpo

Egli è il «capo del corpo che è la Chiesa. Egli è il principio e primogenito di coloro che risorgono dai morti, perché sia lui ad avere il primato di tutte le cose» (v. 18).
L’autore dell’inno ci informa che Cristo non solo è il mediatore della creazione, ma lo è anche della redenzione. Ed è mediatore proprio perché è l’immagine perfetta del Padre, è il primogenito, e ha in sé la pienezza della vita di Dio.
Il termine «capo» può avere molti significati. Può indicare l’estremità iniziale di un oggetto, significando così il principio; oppure un’autorità che sta al di sopra e guida.
Il termine, applicato a Cristo, indica che egli è sia il principio che il capo della Chiesa.
L’idea di Chiesa quale corpo di Cristo è molto consona al pensiero di Paolo (cfr. 1Cor 12,12; Rom 12,4-5; Ef 1,22-23: 4,12.15-16; Col 2,10.19).
Per quanto riguarda la Chiesa, Cristo ne è il capo in quanto essa ha la sua origine in lui e in lui trova la sua consistenza e la sua crescita. Cristo viene anche riconosciuto come «principio», prerogativa questa che nell’Antico Testamento era attribuita alla Sapienza (cfr. Prov 8,23).
Il Cristo è anche descritto come il «primogenito di quelli che risorgono dai morti», proprio perché egli «è la primizia di quanti si sono addormentati» (1Cor 15,20). Egli è inoltre «il primo della risurrezione dai morti» (Atti 26,23), sia perché è risuscitato per primo, sia, soprattutto, perché egli è il fondamento della nostra risurrezione (cfr. 1Cor 15,22-23). Per tutto questo, Cristo diventa il primo in ogni sfera: nel cosmo, nella Chiesa e nel tempo della sua ultima venuta per giudicare il mondo, come lo stesso inno afferma: «Affinché sia sempre primo in tutte le cose» (v. 18).
Il versetto 19 completa la descrizione delle caratteristiche di Cristo: «Perché in lui si compiacque di far abitare ogni pienezza».
Sono state proposte altre traduzioni di questo versetto, ma questa sembra la migliore. A suo sostegno è il significato del verbo (riferito a Dio) «si compiacque», un verbo sempre usato per esprimere la compiacenza divina nei confronti del Figlio (cfr. Mt 3,17; 12,18; 17,5; Mc 1,11; Lc 3,22).
È una compiacenza paterna che rivela il rapporto speciale tra il Padre e il Figlio, che induce il Padre a far abitare nel Figlio la pienezza della divinità.
Il versetto 20: «E per opera di lui riconciliare tutte le cose a sé o in vista di lui», ci informa che Cristo è mediatore della riconciliazione.
Il termine «riconciliazione» comprende anch’esso molti significati, ma certamente include la redenzione, la giustificazione e la santificazione. Azioni compiute da Dio attraverso l’obbedienza incondizionata del Figlio.
Azioni salvifiche compiute da Dio in Cristo, per mezzo di lui e in vista di lui. La dinamica di questo inno non ammette dubbi sul fatto che Cristo è la causa finale, ma anche strumentale di quanto avviene nel cosmo e nella storia della salvezza.
In parole semplici, Cristo è il motivo ultimo di una definitiva riconciliazione di tutto il creato con Dio, e ne è, allo stesso tempo, il mezzo.
A questo punto, l’inno indica anche la via concreta per la riconciliazione: essa è possibile tramite il sangue di Cristo.
Cristo ridona la vita all’umanità con lo spargimento del suo sangue sulla croce, ristabilendo in questo modo l’equilibrio di tutte le cose: «Quelle della terra e quelle del cielo» (Col 1,20).
Si deve tenere presente, tuttavia, che una tale riconciliazione non avverrà nel futuro, ma nel tempo presente, a condizione che la terra e il cielo si lascino inondare dal sangue che sgorga dalla croce.
Ne consegue che la morte in croce di Cristo è il punto focale da cui scaturiscono pace e riconciliazione cosmiche.
D’ora in avanti niente potrà sfuggire dall’evento della croce, che si pone come la vera buona notizia, in quanto, attraverso di essa, l’umanità recupera l’accesso al Padre.
La croce ci ha abilitati a partecipare alla pienezza divina di Cristo, ci ha ottenuto la riconciliazione e la trasformazione interiore.
Vivere da cristiani vuol dire lasciarsi trasformare nella forma di Cristo.

Spunti teologici

L’inno ha un eminente carattere cristologico, tuttavia si possono evidenziare alcuni altri aspetti teologici.
Il primo riguarda Dio quale creatore del cosmo.
Questo tratto risulta chiaramente dall’analisi dei verbi in forma passiva che si trovano in 1,16: «Furono create» e «sono state create». Due passivi teologici, nel senso che Dio è il soggetto dell’azione.
Dio è la causa efficiente di tutto il cosmo, di ogni creatura del cielo e della terra, delle creature visibili e invisibili.
Tutto prende le mosse dal Padre, il quale, attraverso il Figlio, fa venire tutto all’esistenza.
Tutte le cose e tutti gli esseri hanno origine dal progetto del Padre, dalla sua volontà cosmica e salvifica.
Il secondo aspetto teologico riguarda la presentazione di Dio come origine e soggetto della riconciliazione. Questa prende corpo, in prima istanza, tra Dio e gli uomini e, in seconda istanza, con tutti gli esseri della terra e quelli del cielo, quasi a ripristinare l’armonia dell’origine della creazione (1,20; Rom 8,18-26).
Nell’inno appare chiaro che il mediatore di questo grande evento è Cristo (1,20). Tuttavia, va ancora una volta affermato che il processo di riconciliazione parte dall’azione del Padre (1,19), la quale, nel Cristo (1,19), per opera del Cristo (1,20) e in vista del Cristo (1,20), ci libera (1,13), ci redime (1,14), ci fa dono della remissione dei peccati (1,14) e infine ci dona la pace (1,20).
Anche nei tratti teologici dell’inno, emerge con chiarezza la relazione di Cristo con il Padre quale causa di quanto avviene nell’intero cosmo.
Non si va lontano dalla verità se si afferma che tutto quanto avviene ed esiste passa attraverso la persona del Cristo.
A noi tutti sta riconoscerlo come Messia e Signore (Atti, 2,36).

Qualche domanda

  • Contemplando il creato abbiamo mai pensato che tutto esiste in Cristo, per mezzo di lui e in vista di lui?
  • Dopo ogni preghiera si dice: «Per Cristo nostro Signore». Quale emozione sorge in noi alla luce di questo inno cristologico?
  • Se quello che Dio opera, lo compie attraverso Cristo, perché ci sono milioni di persone che ancora non lo conoscono?

di Antonio Magnante

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