
Ecco il secondo di tre schemi d’incontro per animare gruppi giovanili a partire dall’ultima enciclica di papa Francesco, «Dilexit nos», sulla missione che nasce dall’amore di Cristo.
Tema: amati con il cuore di Cristo (capp. 2 e 3 di «Dilexit nos»).
Obiettivo: aiutare i giovani a sentire che l’amore cristiano non è un ideale disincarnato, ma una realtà umana che coinvolge cuore, emozioni, relazioni.
Durata dell’incontro: 60-90 minuti.
Destinatari: dai 15 anni in su.
Materiale: musica, biglietti per gioco rompighiaccio, timer, cartoncini a forma di cuore, pennarelli, una corda (e mollette) o una bacheca. Piccole pietre (una per ciascuno), cuoricini di carta rossa, un cesto e una luce o lanterna.
«Dilexit nos», la quarta e ultima lettera enciclica di papa Francesco, invita a riscoprire il cuore di Cristo come sintesi del Vangelo, fonte di amore, comunione e missione per un mondo ferito e disumanizzato.
A partire dai capitoli 2 e 3 dell’enciclica l’animatore aiuterà i giovani del gruppo a scoprire che l’amore cristiano non è un ideale astratto o disincarnato, ma una realtà profondamente umana: coinvolge il cuore, abita le emozioni, tocca la nostra sensibilità e la nostra capacità di relazionarci. L’amore di Cristo non svuota l’umanità, ma la compie.
Gioco rompighiaccio
L’animatore propone un gioco per rompere il ghiaccio e introdurre i giovani nel tema.
Mette una musica tranquilla di sottofondo (es. pianoforte o chitarra acustica) e invita i partecipanti a disporsi in due cerchi concentrici: nel cerchio interno i ragazzi sono voltati verso quelli del cerchio esterno, e viceversa. Ciascuno si troverà vis-à-vis con un altro, formando delle coppie.
Ogni coppia pesca un bigliettino da un cestino che viene fatto passare tra tutti. Ciascuno inizia a raccontarsi all’altra persona.
Le domande sui biglietti sono personali ma semplici («Cosa ti rende felice?», «Un gesto che ti ha fatto sentire amato», «Un ricordo che ti fa battere il cuore», ecc.). Ogni partecipante ha a disposizione 2 minuti per rispondere alla domanda, mentre l’altro ascolta in silenzio.
L’animatore tiene i tempi.
Allo scadere dei due tempi di 2 minuti, l’animatore invita il cerchio esterno a girare di una posizione, in modo da formare nuove coppie.
Si ripete il procedimento per 3 o 4 rotazioni.
Al termine, il gruppo si siede in cerchio per un breve momento di raccoglimento.
L’animatore conclude dicendo: «Il cuore non è solo un muscolo: è il centro delle emozioni, dei ricordi, della capacità di amare. In questo incontro ci lasceremo toccare dal cuore di Cristo e impareremo a riconoscere dove batte il nostro cuore».
L’amore tocca il cuore

L’animatore introduce il tema dell’incontro leggendo il n. 53 dell’enciclica Dilexit nos: «È indubitabile che nel corso della storia e in varie parti del mondo il cuore sia diventato simbolo dell’intimità più personale e anche degli affetti, delle emozioni, della capacità di amare. Al di là di ogni spiegazione scientifica, una mano posata sul cuore di un amico esprime un affetto speciale; quando ci si innamora e si sta vicino alla persona amata, il battito del cuore accelera; quando si subisce l’abbandono o l’inganno da parte di una persona cara, si sente come una forte oppressione sul cuore. Del resto, per esprimere che qualcosa è sincero, che viene davvero dal centro della persona, si dice: “Te lo dico di cuore”. Il linguaggio poetico non può ignorare la forza di queste esperienze. È quindi inevitabile che attraverso la storia il cuore abbia raggiunto una capacità simbolica unica, non meramente convenzionale».
Se preferisce, l’animatore può leggere la seguente sintesi: «Nel corso della storia […] il cuore è diventato simbolo dell’intimità più personale e anche degli affetti, delle emozioni, della capacità di amare».
Segue un racconto personale dell’animatore: un episodio concreto (un gesto, una parola, uno sguardo) che gli ha fatto sentire il cuore toccato profondamente.
Poi aggiunge che l’amore cristiano non è fatto solo di belle parole, citazioni spirituali o frasi da condividere sui social. Non è teoria, né un’emozione che viene e va. È qualcosa di concreto, reale, quotidiano. Gesù ama con un cuore umano: un cuore che sente davvero, che si commuove, che si lascia ferire.
Anche noi siamo chiamati ad amare così: non in modo perfetto, ma autentico.
Con le nostre emozioni, le nostre fragilità, la nostra voglia di bene. Oggi tanti giovani hanno paura di mostrarsi per quello che sono, di lasciarsi toccare, di amare davvero. Si teme di essere feriti, giudicati, delusi. Il cuore di Gesù, però, ci insegna che l’amore vero non è debolezza, ma forza.
Batte il cuore quando…
Quando batte davvero il mio cuore? Quando sento che sto vivendo qualcosa di bello, di vero, che vale?
L’animatore propone una nuova attività: distribuisce a ogni ragazzo un cuore di cartoncino rosso sul quale ciascuno scrive una frase che comincia con: «Il mio cuore batte quando…» (ad esempio: quando qualcuno mi ascolta, quando abbraccio mia nonna, quando faccio qualcosa per gli altri…).
Una volta scritta la frase, ciascuno appende il proprio cuore su una corda comune o su una parete predisposta.
L’animatore, quindi, invita il gruppo a leggere in silenzio i cuori degli altri.
I nostri cuori battono per cose belle, vere, intense. Questo ci dice che siamo fatti per amare.
Anche Gesù ha un cuore che batte per ciascuno di noi.
Non è un simbolo vago o lontano: è un cuore umano, che ha imparato ad amare e ci invita a fare lo stesso.
Ascoltando ora il brano del Vangelo, lasciamo che il nostro cuore si avvicini al Suo: un cuore capace di compassione, che si lascia toccare dalla sofferenza di una madre e agisce per ridare speranza. Anche noi siamo chiamati a far battere il cuore per ciò che conta davvero.
La vedova di Nain
L’animatore legge Luca 7,11-15, il brano dell’incontro di Gesù con la vedova di Nain e sottolinea in modo particolare il versetto «vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: “Non piangere!“».
Gesù non è distante dalla sofferenza di nessuno. Vede il dolore che ci portiamo dentro, le difficoltà che a volte ci fanno sentire soli o invisibili, e si lascia toccare profondamente. Il verbo greco usato per descrivere la sua compassione indica un’emozione intensa, che parte dal profondo del cuore, quasi una reazione viscerale.
Gesù non è un’idea lontana o astratta, ma qualcuno che conosce le emozioni vere e forti che proviamo: la tristezza per un’amicizia finita, la paura di non essere accettati, il dolore di una delusione familiare o scolastica.
Gesù sente queste emozioni come le sentiamo noi, non le ignora. Anzi, la sua compassione è proprio questo: un cuore che sente, si commuove e si muove concretamente per stare vicino, aiutare, dare speranza.
Questo è il cuore che ci ama, un cuore pienamente umano che comprende le nostre fragilità e ci offre la forza per rialzarci, per continuare a credere in noi stessi e negli altri.
Gesù ci mostra che amare con il cuore significa mettersi in ascolto, lasciarsi coinvolgere, non chiudersi dentro un guscio, aprirsi all’altro con tutto quello che siamo.
L’animatore legge il numero 60 della Dilexit nos: «Il Figlio eterno di Dio, che mi trascende senza limiti, ha voluto amarmi anche con un cuore umano».
L’animatore divide i partecipanti in piccoli gruppi (3-4 persone) e propone due domande per il confronto:
- C’è una situazione in cui hai sentito il tuo cuore indurirsi?
- Cosa significa, per te, amare con il cuore di Gesù?
Dopo il confronto, l’animatore invita a condividere una parola o un’immagine nel cerchio grande.
Con cuore di carne
Ogni partecipante riceve una pietra: simbolo dei momenti in cui il proprio cuore si è indurito (per chiusura, rabbia, indifferenza…). Dopo un momento di silenzio, l’animatore invita a lasciare la pietra in un cesto comune, simbolo di liberazione.
In cambio, consegna un cuoricino rosso su cui ciascuno scrive una qualità del cuore di Cristo che si desidera accogliere (es: ascolto, compassione, pazienza, perdono…).
Preghiera finale
Tutti depongono il proprio cuoricino in un grande vaso trasparente. Prima di farlo ciascuno condivide perché ha scelto quella parola. Dopo che tutti hanno deposto i cuoricini l’animatore accende una luce all’interno del vaso: «Tutti questi cuori insieme riflettono qualcosa del cuore di Cristo. Portiamoli nel mondo».
Tutti insieme leggono:
«Gesù, tu ci ami con un cuore umano.
Un cuore che batte per noi,
che sente compassione,
che si dona senza misura.
Tocca il nostro cuore.
Rendilo simile al tuo.
Donaci un cuore che sa amare davvero: tenero, forte, libero, capace di misericordia.
Così, amando come tu ami,
il mondo potrà vedere il tuo volto.

di Gonzalo Salcedo
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Gonzalo Salcedo
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