Slow page dei Missionari della consolata

12/ Atti. Antiochia di Siria (At 11,19-13,4)

Da Gerusalemme ad Antiochia. Da Antiochia ai pagani di tutto il mondo

San Barnaba

Fondazione della chiesa di Antiochia (11,19-21)

[19]Intanto quelli che erano stati dispersi dopo la persecuzione scoppiata al tempo di Stefano, erano arrivati fin nella Fenicia, a Cipro e ad Antiochia e non predicavano la parola a nessuno fuorché ai Giudei. [20]Ma alcuni fra loro, cittadini di Cipro e di Cirène, giunti ad Antiochia, cominciarono a parlare anche ai Greci, predicando la buona novella del Signore Gesù. [21]E la mano del Signore era con loro e così un gran numero credette e si convertì al Signore.

At 11, 19-21

Un grande oratore africano dei primi secoli cristiani, Tertulliano, coniò questa frase: «Sanguis martyrum semen est Christianorum», il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani. Egli faceva questa osservazione osservando quanto succedeva ai suoi tempi: ogni nuova persecuzione di cristiani portava a una crescita di nuovi credenti in Gesù.

Tale dinamica è ben visibile anche negli Atti degli Apostoli. La morte violenta di Stefano in Gerusalemme portò una persecuzione dei cristiani che abitavano in quella città (Atti 8,1). Per evitare il peggio, alcuni fuggirono e arrivarono fino ad Antiochia di Siria, la terza città dell’impero romano dopo Roma e Alessandria (Atti 11,19). Antiochia era la sede del governatore romano, era la capitale della Siria, con circa mezzo milione di abitanti greci, siriani, ebrei: un incrocio di razze, culture, religioni.

Questi cristiani profughi da Gerusalemme erano così entusiasti della loro fede che anche ad Antiochia continuarono non solo a praticarla ma anche a diffonderla attorno a sé. Dapprima solo tra gli ebrei. Alcuni però che erano originari di Cipro e di Cirene, in nord Africa, cominciarono a parlare di Gesù anche ai non ebrei, ai pagani. «Si misero a predicare anche ai pagani, annunziando loro il Signore Gesù. La potenza del Signore era con loro, così che un gran numero di persone credette e si convertì al Signore» (Atti 11,20-21). Riconoscono Gesù non tanto come Messia (christos termine più familiare per gli ebrei), quanto piuttosto come christos Signore (kurios).

Atti descrive con cura gli inizi di questa Chiesa, la quale diventerà la comunità che invierà Barnaba e Paolo in missione tra i pagani.

La persecuzione di Gerusalemme è come un vento che investe un giardino di fiori e dissemina il polline lontano. I cristiani si disperdono in varie regioni, e nella grande città di Antiochia, alcuni, pieni di iniziativa, predicano Gesù ai pagani.

È questo un passo molto importante nella crescita del Cristianesimo, esso apre una nuova strada. Infatti agli inizi i cristiani di Gerusalemme erano tutti di origine ebraica e sembra pensassero che Gesù fosse venuto solo per gli ebrei. Fu l’entusiasmo di questi cristiani originari di Cipro e Cirene (abituati cioè a vivere la loro fede ebraica in un contesto più internazionale, a contatto con i pagani) ad aprire l’evangelizzazione verso i non ebrei (Greci o pagani).

In seguito sarà soprattutto Paolo che continuerà questa missione. È notevole però che ad Antiochia l’inizio della missione tra i pagani è opera di cristiani semplici, senza alcun mandato speciale degli Apostoli, ma solo in forza della loro fede. È interessante anche ricordare che non si sa nemmeno chi per primo porti la fede cristiana a Roma: non pare sia un Apostolo. Pietro e Paolo arriveranno nella capitale dell’Impero solo più tardi. Con tutta probabilità sono invece marinai, militari, commercianti, schiavi che, venendo dall’Oriente, per primi condividono la loro fede che sarà poi confermata e consacrata dal sangue dei due apostoli Pietro e Paolo.  

Tra  i cristiani profughi da Gerusalemme, alcuni che provengono da Cipro e da Cirene e che parlano il greco più spigliatamente, parlano di Gesù anche ai Greci, i quali s’interessano a questo annuncio (11,23), e molti ci credono convertendosi al Signore.

La nuova comunità di Antiochia cresce e si rafforza (11,22-26)

[22]La notizia giunse agli orecchi della Chiesa di Gerusalemme, la quale mandò Barnaba ad Antiochia. [23]Quando questi giunse e vide la grazia del Signore, si rallegrò e, [24]da uomo virtuoso qual era e pieno di Spirito Santo e di fede, esortava tutti a perseverare con cuore risoluto nel Signore. E una folla considerevole fu condotta al Signore. [25]Barnaba poi partì alla volta di Tarso per cercare Saulo e trovatolo lo condusse ad Antiochia. [26]Rimasero insieme un anno intero in quella comunità e istruirono molta gente; ad Antiochia per la prima volta i discepoli furono chiamati Cristiani.

At 11, 22-26

Questa notizia inaspettata giunge a Gerusalemme (pur non avendo ancora whatsApp, le notizie circolavano abbastanza rapidamente anche allora) e viene accolta con sentimenti diversi: preoccupazione, gioia, curiosità. Prudentemente a Gerusalemme cercano di saperne di più, e mandano Barnaba a esplorare (22). Fortunatamente, illuminati dallo Spirito, scelgono la persona giusta, Barnaba, anche lui di Cipro, abituato a convivere coi Greci di cui conosce la lingua, persona aperta e positiva che incoraggia i neo convertiti a perseverare nella fede nel Signore. Barnaba è pieno di Spirito Santo e sa discernere la presenza dello Spirito, così «una folla considerevole  fu aggiunta al Signore» (24). Luca è attento ad annotare i progressi numerici delle comunità cristiane (2,41.47; 4,4; 5,14; 6,1; 9.31).

Barnaba possiede le qualità per garantire la nuova comunità di Antiochia presso la comunità di Gerusalemme, perché è già stato menzionato due volte (4,36-37) come obbediente agli apostoli di Gerusalemme. Inoltre, di fronte a questa situazione inedita, Barnaba prende forse la decisione più creativa della sua vita e più feconda per la giovane chiesa: va a cercare Saulo e lo porta ad Antiochia come suo stretto collaboratore (25) per un anno e mezzo a istruire molta gente. Paolo era stato spedito nella sua patria dalla Chiesa di Gerusalemme dopo l’alterco con gli ellenisti (9,30). Ora per la seconda volta (cf 9,27) Barnaba agisce come protettore di Paolo.

La loro azione congiunta porta molto frutto: la nuova comunità di discepoli cresce e viene notata anche dalla società circostante che comincia a dare un nome a quel gruppo fervente che menzionano frequentemente il nome di “Cristo/Messia”: vengono chiamati “cristiani  o messianici” seguaci di Cristo o membri  del gruppo che invoca Cristo, il Messia. Questo titolo avrà fortuna, lungo la storia, per designare i discepoli di Gesù.

Barnaba e Saulo a Gerusalemme (13, 27-30)

[27]In questo tempo alcuni profeti scesero ad Antiochia da Gerusalemme. [28]E uno di loro, di nome Agabo, alzatosi in piedi, annunziò per impulso dello Spirito che sarebbe scoppiata una grave carestia su tutta la terra. Ciò che di fatto avvenne sotto l’impero di Claudio. [29]Allora i discepoli si accordarono, ciascuno secondo quello che possedeva, di mandare un soccorso ai fratelli abitanti nella Giudea; [30]questo fecero, indirizzandolo agli anziani, per mezzo di Barnaba e Saulo.

At 13, 27-30

L’unità tra la comunità di Gerusalemme e i cristiani di Antiochia è rafforzata dalla presenza di Barnaba. Una breve notizia registrata a questo punto, ma che probabilmente riferisce un evento accaduto più tardi, esprime la gratitudine dei cristiani di Antiochia verso la comunità di Gerusalemme, colpita da carestia inviando loro un aiuto, attraverso Barnaba e Paolo. L’unità di fede si esprime nella carità. La presenza di Saulo accanto a Barnaba nel portare i soccorsi a Gerusalemme significa che Saulo era gradito ai capi di quella comunità. La colletta organizzata in favore dei poveri di Gerusalemme, in occasione di una carestia al tempo dell’imperatore Claudio (41-54 d.C.) è riportata anche nelle lettere di Paolo come una testimonianza dell’unità di tutti i cristiani, di origine sia giudaica che pagana (1 Cor 16,1; 2 Cor 8,9; Rom 15,25-27).

Antiochia diventa il centro della missione tra i pagani (13, 1-4)

Segno della maturità della comunità di Antiochia è l’invio in missione di Barnaba e Saulo. Dopo il periodo di formazione della comunità locale di Antiochia, nel corso di una celebrazione comunitaria essi ricevono dallo Spirito la chiamata missionaria a prendere il largo, partire ed essere testimoni di Gesù in altre aree geografiche, fino ai confini della terra.

[1] C’erano nella comunità di Antiochia profeti e dottori: Barnaba, Simeone soprannominato Niger, Lucio di Cirène, Manaèn, compagno d’infanzia di Erode tetrarca, e Saulo.  
[2] Mentre essi stavano celebrando il culto del Signore e digiunando, lo Spirito Santo disse: “Riservate per me Barnaba e Saulo per l’opera alla quale li ho chiamati”.
[3] Allora, dopo aver digiunato e pregato, imposero loro le mani e li accomiatarono.
[4] Essi dunque, inviati dallo Spirito Santo, discesero a Selèucia e di qui salparono verso Cipro.

At 13, 1-4

Nella seconda parte di Atti che potrebbero chiamarsi “atti di Paolo”, la Chiesa di Antiochia diventa la comunità più attiva nel portare la testimonianza cristiana tra i pagani. Antiochia sarà il centro propulsore dei tre viaggi missionari di Paolo.

Conclusione

La nascita della chiesa di Antiochia ad opera di “cristiani anonimi” mette in risalto la vocazione missionaria dei laici, di ogni credente in Gesù. Quante comunità sono nate da famiglie, gruppi cristiani viventi in mezzo a società pagane (quanti cristiani dell’Asia o dell’Africa che sono oggi in Arabia Saudita o Emirati Arabi). La chiesa cattolica in Corea fu iniziata da un gruppo di laici che avevano conosciuto la fede cattolica da contatti con studiosi cinesi. In Giappone decine di migliaia di cattolici conservarono e trasmisero ai loro figli la loro fede, pur essendo rimasti senza sacerdoti per 200 anni.

Non occorre alcun titolo speciale per essere missionario. La chiesa è sana soltanto se i suoi laici sono evangelizzatori, nella famiglia, nel posto di lavoro, nella vita sociale. I primi e più efficaci missionari sono i genitori cristiani i quali trasmettono la loro fede ai loro figli con le loro parole e il loro esempio (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 902).

di Mario Barbero

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Mario Barbero

Padre Mario Barbero, missionario della Consolata, nato nel 1939, è stato a Roma durante il Concilio, poi in Kenya, negli Usa, in Congo RD, in Sudafrica, in Italia, di nuovo in Sudafrica, e ora, dal 2021, nuovamente in Italia. Formatore di seminaristi, ha sempre amato lavorare con le famiglie tramite l’esperienza del Marriage Encounter (Incontro Matrimoniale).

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