Slow page dei Missionari della consolata

Essere pane per gli altri

Una traccia di preghiera per la quaresima.

Significa che non puoi più vivere per te, ma per gli altri.
Significa che devi essere 
disponibile, a tempo pieno.

Ci si dispone in semicerchio davanti all’altare. 
Al centro, una forma di pane.

Guida: Il cammino della quaresima è segnato dall’ordinarietà. La vita di tutti i giorni si snoda con le sue piccole o grandi gioie e fatiche, con la routine di sempre. Certo, detto così suona quasi come una condanna, soprattutto laddove i frammenti della vita quotidiana stentano a trovare un senso unitario. Ma una frase del beato Giuseppe Allamano può aiutarci a riflettere: «Certa gente cerca sempre cose grandi, straordinarie. Questo non è cercare Dio, perché egli è tanto nelle cose grandi come in quelle piccole».
Valorizzare l’ordinario, dare importanza a ogni momento della giornata, vedere nell’altro la presenza di Dio, apprezzare quello che si ha, non dare per scontato niente… Tutto ciò rende straordinaria la nostra vita.

Canto: Camminerò

Tutti: Il filo del vestito
Nella mia comunità, Signore, aiutami ad amare, ad essere come il filo di un vestito.
Esso tiene insieme i vari pezzi, e nessuno lo vede se non il sarto che ce l’ha messo.
Tu Signore, mio sarto, sarto della comunità, rendimi capace di essere nel mondo servendo con umiltà, perché se il filo si vede, il vestito è riuscito male.
Rendimi amore in questa tua Chiesa, perché è l’amore che tiene insieme i pezzi.

Guida: È l’umiltà che ci fa ringraziare il Signore per le necessità più che per i doni, che ci fa apprezzare cose che, altrimenti, considereremmo solo fatiche.

Lettore 1: Troppo facile, Signore, ringraziarti perché mi offri l’acqua. Io vorrei ringraziarti per la sete.
Non ti rendo grazie per il pane, ma per la fame.
Non ti lodo per la luce, ma per il bisogno di essa.

Lettore 2: Non ti dico grazie per l’amore, ma perché non posso fare a meno dell’amore «vero».
Non ti benedico per la strada, ma per i passi che mi dai la voglia di fare. Non ti sono riconoscente per le risposte e le spiegazioni, ma per le domande. Ti ringrazio, non per l’incontro, ma per la veglia nel cuore della notte.

Lettore 1: Non per il riposo, ma per l’inquietudine.
Non per l’appagamento, ma per l’insoddisfazione.
Non per il conforto, ma per la scomodità.
Non per le sicurezze e le evidenze, ma per il mistero.

Lettore 2: Non per la scoperta, ma per l’avventura esaltante.
Non per le certezze, ma per la ricerca rischiosa.
Non per i risultati, ma per la pazienza ostinata.
Non per la terra promessa, ma per l’esodo.

Lettore 1: Non per il dono, ma per l’attesa.
Non per la parola, ma per il silenzio che la prepara e la esige.
Non per il traguardo raggiunto, i risultati conseguiti, ma per le infinite partenze.

Lettore 3: Dal Vangelo secondo Luca (14,1.7-11)

Breve momento di silenzio.

Guida: Dio osserva il nostro modo di occupare i posti nella vita. Vogliamo il primo posto nel lavoro, nella retribuzione, nei privilegi. Ci rode l’invidia verso chi è più avanti di noi e siamo sempre in ansia! Gesù ci fa riscoprire la bellezza dell’umiltà come atteggiamento profondo che ci libera e porta pace in noi e attorno a noi.

Lettore 1: Per umiltà cristiana non intendiamo volti tristi e gare di bassa autostima autolesionistica! Per umiltà vera pensiamo alla capacità di ridimensionare bisogni e ansie. Per umiltà intendiamo la capacità di essere liberi di occupare anche l’ultimo posto perché abbiamo la certezza nel cuore che «gli ultimi saranno i primi» per Dio.

Lettore 2: Per umiltà intendiamo la pace di scoprire che non tutti i difetti ci rendono detestabili ma, al contrario, possono essere lo spazio di incontro con chi ci può aiutare, e che i nostri pregi ci possono spingere a soccorrere chi non li ha. L’umiltà genera fraternità vera.

Guida: Gesù è per noi modello di umiltà da imitare. È morto e si è fatto pane per noi, e anche in questo ci chiede di imitarlo: essere pane per gli altri.

Canto: Pane di vita

Durante il canto ciascun partecipante si avvicina al pane, ne prende un pezzetto e lo porge, tornando a posto, al suo vicino.

Tutti a cori alterni
Voci femminili: Può essere bello, ma non è certo facile farsi pane.
Voci maschili: Significa che non puoi più vivere per te, ma per gli altri.
Vf: Significa che devi essere 
disponibile, a tempo pieno.
VM: Significa che devi avere pazienza e mitezza, come il pane che si lascia impastare, cuocere e spezzare.
Vf: Significa che devi essere umile, come il pane, che non figura nella lista delle specialità; ma è sempre lì per accompagnare.
Vm: Significa che devi coltivare la tenerezza e la bontà, perché così è il pane, tenero e buono.

Guida: Essere pane per gli altri è un’impresa impegnativa, anche se a volte lo siamo senza accorgercene, perché pensiamo di dover fare cose straordinarie, invece è nella semplicità del servizio che Dio ci guarda e ci reputa importanti.

Lettore 3: La serva che portava l’acqua
In un paese lontano c’era un grande castello. Vista la sua grandezza, il re, per mantenerlo sempre pulito, assunse molti servitori. Tutti avevano un lavoro: c’era chi spaccava la legna, chi accendeva tutti i lumi, chi raccoglieva i fiori e i frutti, chi cuciva, chi cucinava… e ovviamente chi andava al pozzo per prendere l’acqua. Alla sera, finiti i lavori, tutti i servitori si riunivano. Ognuno raccontava la sua giornata, e tutti si vantavano di aver fatto qualcosa per il re, di averlo visto e di essere stato da lui ringraziato.
Marianna, era una ragazza dolce e solitaria, il suo compito era di portare acqua a chiunque la chiedesse, alla cuoca, al giardiniere, allo stalliere, ai vari camerieri personali del re; ma lei il re non lo vedeva mai. Ogni sera ascoltava il racconto degli altri, e si rattristava sempre più: tutti la criticavano, lei non faceva nulla per il re, e forse lui non sapeva neppure che esistesse.
Marianna si sentiva inutile. Allora decise che sarebbe andata via da quel castello: anche lei voleva essere qualcuno! E lì non c’era posto per lei!
Così fece, una sera andò via, ma arrivata alle porte del castello il guardiano la fermò e la portò davanti al re. Il re la guardò e Marianna si sentì così piena di vergogna che incollò gli occhi al pavimento per non guardarlo in faccia. Ma il re, che era una persona dolcissima, si sedette accanto a lei, e volle sapere il perché della sua fuga. Marianna gli disse che si sentiva inutile, gli spiegò che era criticata da tutti, e che tutti l’accusavano di non fare nulla di veramente utile per lui. Il re le disse: «Marianna tu sei la serva più importante di tutto il castello! Senza di te credi forse che gli altri potrebbero farmi felice? Senza acqua non possono preparare il mio cibo, il mio bagno, non possono dissetarmi, non potrebbero pulire il mio castello. Tu qui sei essenziale, anche se non te ne rendi conto! Non badare a cosa dicono gli altri, tu per me sei importante!».
Marianna pensò a quello che disse il re e rimase al castello, e quella sera quando le chiesero com’era andata la sua giornata, sorridendo rispose: «Oh, io sono solo la serva che porta l’acqua!».

Tutti: Umiltà è scendere dal piedistallo che mi sono messo sotto o che altri mi hanno messo sotto, in modo da poter stringere le mani e guardare gli altri negli occhi.
Umiltà è spogliarmi di cariche, titoli e ruoli per essere nudo e debole. Solo così chi vuole amarmi realmente riesce a raggiungere il mio cuore.
Umiltà è ascoltare il profondo bisogno che ho di Dio superando la tentazione di fare sempre da solo.
Umiltà è scoprire che salgo la scala verso Dio solo se scendo quella del servizio.
Umiltà è scoprirmi bello allo specchio non perché perfetto secondo i canoni dei mass media, ma perché Dio mi ama così.

Canto: Ecco la strada

Valerio Trisciuzzi

di Valerio Trisciuzzi

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