Slow page dei Missionari della consolata

Aspettando la Pentecoste

La presenza dello Spirito in noi è il compimento della vera felicità.

Celebrando la Pentecoste, viene spontaneo richiamare alla mente la luminosa intuizione di san Serafino di Sarov: «Il vero fine della vita cristiana consiste nell’acquisire lo Spirito Santo» (Colloquio con Motovilov).
Questo Spirito Santo è Dio stesso, presentato dalla teologia come Terza Persona della Trinità, confessato nel Credo come colui che è Signore e dà la vita, annunciato da Gesù nel vangelo come Consolatore, dimorante in noi (cf Gv
14, 16-17) e guida alla «verità tutta intera» (Gv 16,13). Acquisirlo significa dargli la possibilità di divinizzarci.
Suo compito è di insegnare ogni cosa e ricordare tutto ciò che Gesù ha detto (cf Gv 14,26), facendo di ognuno di noi un vero discepolo di Gesù, conformato al suo mistero pasquale con una condotta «santa e bella» (cf 1 Pt 1,15 e 2,12).
Portatori della croce con Gesù (staurofori), diventeremo anche noi portatori dello Spirito (pneumatofori), capaci di annunciare a tutti il grande mistero della nostra salvezza: l’amore infinito del Padre. Grideremo con S. Serafino
di Sarov: «Radost’ moja, Christos voskrese! Mia gioia, Cristo è risorto!»
La presenza dello Spirito in noi è il compimento della vera felicità.
«Quando lo Spirito di Dio scende sull’uomo e lo copre della sua pienezza, l’anima umana trabocca di gioia indicibile, perché lo Spirito di Dio trasforma in gioia tutto ciò che tocca». I frutti saranno «amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé» (Gal 5, 22) e dentro di noi sentiremo l’impellente bisogno di cantare il Magnificat, come Maria.

«Il mezzo primo di apostolato»

«La vostra santificazione: ecco il mio principale pensiero, la mia costante preoccupazione. Non basta infatti aver ricevuto da Dio una vocazione particolarissima, come non basta goderne i pregi e i benefici. Bisogna valorizzarla camminando nella perfezione che essa richiede. Ecco dunque il nostro ideale: farci santi, grandi santi, presto santi. Come missionari e missionarie vi è proposto l’ideale di essere non solo santi, ma santi in modo superlativo. Siete qui per questo, è il vostro primo dovere, lo scopo primo della vostra vocazione, il mezzo primo di apostolato. La vostra santità deve essere speciale, anche eroica e, all’occasione, straordinaria da fare miracoli. Per voi non bastano le altre doti. Ci vuole santità, grande santità» (CVV 1).
La santità è bellezza che contesta la bruttura della chiusura in sé, dell’egocentrismo, della philautia. È gioia che contesta la tristezza di chi non si apre al dono dell’amore.
Si tratta di viverla nella nostra vita personale e comunitaria, nelle relazioni fra di noi, improntate a collaborazione, gratuità, misericordia e perdono. Solo allora possono nascere spazi di libertà, di fraternità e di umanità, di attenzione e di solidarietà con i più poveri, e il nostro apostolato sarà un mezzo di santità.
La nostra vita diventerà un capolavoro di amore.

Riscoprire la cresima, sacramento della missione

L’acquisizione dello Spirito nella nostra vita personale, in forma sacramentale, avviene mediante il sacramento della cresima, conferito «usando il sacro crisma, ossia olio di oliva mescolato con balsamo e benedetto dal vescovo, mentre il ministro traccia un segno di croce sulla fronte del cresimando, e pronunzia le parole della forma» (Ep. Ex quo primum tempore, 52: Benedicti XIV… Bullarium, t. III). Perché non riscoprire questo sacramento dell’iniziazione cristiana durante l’attesa vigiliare della Pentecoste? Dimenticato e relegato all’infanzia è invece di capitale importanza perché celebra la personalizzazione della Pentecoste nella nostra vita, conferendoci la pienezza dei doni dello Spirito e rendendo così perenne la discesa dello Spirito nella Chiesa (cf CCC 1288).
In esso si opera la santificazione dell’uomo nel tempo, chiamandolo alla sua realizzazione di sé.
Come tema di formazione continua, potrebbe farci riscoprire l’azione dello Spirito nella missione e nella nostra vita personale di missionari.
In questo sacramento riceviamo anche, come gli apostoli nel giorno di Pentecoste, la partecipazione al ministero messianico di Gesù per l’annunzio del Regno, la forza di annunciare Gesù, la capacità di testimoniare con la vita, fino al martirio, la verità del vangelo.
Con il sigillo crismale, emerge in noi la nostra vera identità di cristiani, di missionari, abilitati a edificare il corpo di Cristo che è la Chiesa, «sacramento, ossia segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano» (LG 1), e a vivere con impegno la vocazione che Dio ci ha dato.
L’uomo diventa creatura nuova: «Viene lavata la carne, perché l’anima sia liberata da ogni macchia; viene unta la carne perché l’anima sia consacrata; viene segnata la carne, perché anche l’anima sia rinvigorita; la carne è adombrata dall’imposizione delle mani, perché anche l’anima sia illuminata dallo Spirito; la carne si pasce del corpo e del sangue di Cristo, perché anche l’anima si nutra abbondantemente di Dio» (Tertulliano, De resurrectione mortuorum VIII).
Come un fiore ha bisogno di acqua per sbocciare, così ognuno di noi ha bisogno dello Spirito per fiorire. Acquisendolo, ci farà scoprire la luce di un sole che non tramonta mai: l’Amore infinito di Dio. Diceva il Patriarca Atenagora I: «Senza lo Spirito santo, Dio è lontano, Cristo resta nel passato, il Vangelo è una lettera morta, la chiesa una semplice organizzazione, l’autorità un potere, la missione una propaganda, il culto un ricordo, e l’agire cristiano una morale di schiavi».

Dio onnipotente, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che hai rigenerato questi tuoi figli dall’acqua e dallo Spirito Santo liberandoli dal peccato, infondi in loro il tuo santo Spirito Paràclito: spirito di sapienza e di intelletto, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di scienza e di pietà, e riempiti dello spirito del tuo santo timore.
Per Cristo nostro Signore.

dal «da Casa Madre» maggio 2012

di p. Giuseppe Ronco, IMC

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