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Siamo tutti sacerdoti

La prima di tre puntate sul sacerdozio comune.

Battesimo nella parrocchia di San Agustín, Copán, Honduras. Foto in CC da John Donaghy/flickr.com

L’acqua del battesimo ci trasforma in Re, profeti e sacerdoti. Ma cosa significa che tutti i cristiani sono sacerdoti? E i preti, allora, che ci stanno a fare? Nell’ultimo secolo la Chiesa si è interrogata molto su questo. Ecco la prima di tre puntate sul sacerdozio comune.

Per molti secoli se ne è parlato poco. Almeno fino al Concilio Vaticano II che ha ripreso la dottrina del sacerdozio comune per rivitalizzarla. L’auspicio era di creare una più stretta collaborazione, soprattutto nel campo pastorale, tra i preti ordinati e i battezzati. Tuttavia questo bisogno di sinergie spesso non è stato capito e si è generata confusione.

Preti contro laici (e viceversa)

Va subito sottolineato che coloro che pongono l’accento sul sacerdozio ministeriale (cioè sul servizio di chi è ordinato prete) non riconoscendo ai battezzati la loro dignità e ruolo, non hanno colto l’insegnamento del Concilio riguardo ai laici: «Anche i laici, essendo partecipi dell’ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo, all’interno della missione di tutto il popolo di Dio hanno il proprio compito nella Chiesa e nel mondo» (Apostolicam actuositatem, 2).
D’altro canto anche coloro che esaltano la dignità del sacerdozio comune tentando di sottostimare il ruolo e la funzione del sacerdozio ministeriale non colgono appieno il Vaticano II quando afferma che i ministri ordinati «nel seno della società dei fedeli hanno la sacra potestà dell’ordine per offrire il sacrificio e perdonare i peccati, e in nome di Cristo svolgono per gli uomini in forma ufficiale la funzione sacerdotale» (Presbyterorum ordinis, 2).

Un unico sacerdozio

Sia i preti che i fedeli sono chiamati a una approfondita riflessione per cogliere la vera natura e la vera funzione dei due modi di partecipazione all’unico sacerdozio di Cristo.
Il sacerdozio comune non è una semplice figura retorica: in esso c’è una partecipazione dell’unico sacerdozio di Cristo reale. Due Papi prima del Concilio avevano già trattato questo tema. Pio XI nella sua enciclica Miserentissimus Redemptor del 1928, afferma: «Non sono, infatti, partecipi di questo arcano sacerdozio e dell’ufficio di offrire soddisfazioni e sacrifici quelli solamente di cui il Pontefice nostro Cristo Gesù si vale come di ministri per offrire a Dio un’oblazione monda in ogni luogo dall’oriente all’occidente [Malachia 1,11], ma anche tutta la moltitudine dei cristiani, chiamata a ragione dal Principe degli Apostoli “Stirpe eletta, Sacerdozio regale” [1Pt, 2,9], deve offrire sacrificio per i peccati per sé e per tutto il genere umano [Ebrei 5,1-3], quasi non altrimenti che ogni sacerdote e pontefice […]». Mentre Pio XII sostiene la dottrina del sacerdozio comune nella sua Mediator Dei del 1947: «Col lavacro del Battesimo, difatti, i cristiani diventano, a titolo comune, membra del Mistico Corpo di Cristo sacerdote, e, per mezzo del “carattere” che si imprime nella loro anima, sono deputati al culto divino partecipando, così, convenientemente al loro stato, al sacerdozio di Cristo».

Non retorica ma realtà autentica

I due Papi insegnano che il sacerdozio comune non è una semplice figura retorica, ma una realtà autentica che deve, di necessità, avere un ruolo attivo, soprattutto nello svolgimento della liturgia e nella celebrazione della Santa Eucarestia.
Il Vaticano II riprende la dottrina di Pio XI e Pio XII e, nella Lumen gentium al n. 10, afferma: «Il sacerdozio comune dei fedeli e il sacerdozio ministeriale o gerarchico, quantunque differiscano essenzialmente e non solo di grado, sono tuttavia ordinati l’uno all’altro, poiché l’uno e l’altro, ognuno a suo proprio modo, partecipano dell’unico sacerdozio di Cristo».
In questa definizione il Concilio opera una distinzione tra il sacerdozio ministeriale e quello comune. Il fondamento del sacerdozio ministeriale è il sacramento dell’ordine che è un atto di consacrazione differente dal battesimo e dalla cresima. Il Concilio parla di un potere speciale conferito al sacerdote ordinato, il quale ha il compito di insegnare e governare la comunità dei fedeli agendo «in persona Christi Capitis» (nella persona di Cristo-Capo), di presiedere il sacrificio eucaristico ed offrirlo a Dio nel nome dei fedeli.

Cristo non è assente

Va qui spiegato brevemente in che senso il sacerdote agisce «nella persona di Cristo». Per capirlo bisogna innanzitutto comprendere cosa significa che il sacerdote «rappresenta» il Cristo. Cosa implica il fatto che uno rappresenta un altro? Nel linguaggio comune significa essere delegato a rappresentarlo, parlare in suo nome in quanto tale persona è assente. Ma il modo in cui il sacerdote rappresenta il Cristo non è questo, perché nella Chiesa il Cristo non è mai assente. La Chiesa è il suo corpo vivente ed Egli è il capo della Chiesa stessa, ed è, dunque, presente e attivo al suo interno.
Di conseguenza il sacerdote, che agisce nella persona di Cristo-Capo e rappresenta il Signore, non agisce mai nel nome di un assente, ma, al contrario, agisce nella persona del Cristo Risorto presente, con un’azione perfettamente efficace.
Il Risorto agisce realmente e rende possibile ciò che il sacerdote non è capace di produrre da sé: la consacrazione del pane e del vino perché diventino realmente la presenza del Cristo risorto. Il Risorto si rende presente attraverso il sacerdote che compie tali gesti.
Il sacerdozio ministeriale è anche chiamato «gerarchico» nel senso che egli ha una funzione di guida del popolo di Dio, ma soprattutto, come spesso nota il Concilio, esso ha la responsabilità di essere al servizio del sacerdozio comune e cioè al servizio di tutti i battezzati.

Differenze di sostanza
Immagine dell’Allamano way 2014. Foto di Matteo Conti.

Per quanto riguarda la differenza tra il sacerdozio ministeriale e il sacerdozio comune, il Concilio ha sottolineato che essi «differiscano essenzialmente e non solo di grado». Ma se ambedue sono una reale partecipazione all’unico sacerdozio di Cristo, come possono differire essenzialmente e non solo di grado?
I due sacerdozi sono uguali nel senso che ambedue esprimono una partecipazione dell’unico sacerdozio di Cristo. Allo stesso tempo differiscono in quanto hanno funzioni diverse. Il sacerdozio ministeriale agisce come strumento sacramentale dell’azione sacerdotale di Cristo, è, cioè, lo strumento attraverso cui Cristo può agire. Dal canto suo il sacerdozio comune è chiamato a far sì che l’unico Sacerdote, Gesù Cristo, possa esercitare un impatto su tutte le realtà umane.
Va ancora notato che il sacerdozio ministeriale è un dono speciale che proviene da Dio e di conseguenza è un carisma, come la Prima Lettera a Timoteo sottolinea: «Non trascurare il dono che è in te e che ti è stato conferito, mediante una parola profetica, con l’imposizione delle mani da parte dei presbiteri» (4,14). Al contrario il sacerdozio comune non è un carisma particolare, ma la naturale manifestazione dell’essere figli e figlie del Padre in forza del battesimo.

(continua)

di Antonio Magnante

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