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Laudate Deum. Il creato chiama

Animare un gruppo con il papa

Foto di ANGELA BENITO su Unsplash

Ecco il primo di tre schemi d’incontro per animare gruppi giovanili a partire dall’esortazione apostolica di papa Francesco, «Laudate Deum», sulla cura del creato.

Tema: cura del creato.
Obiettivo: sensibilizzare ai temi ecologici e alla ricerca in comune di soluzioni.
Durata dell’incontro: mezza giornata.
Destinatari: dai 16 anni in su.
Materiale: Pc, carta, penne, proiettore.

L’animatore inizia l’incontro nel verde, invitando i giovani a identificarsi con un elemento della natura. Dopo un momento di silenzio, chi se la sente, condivide se gli piace la natura, qual è l’elemento scelto e il motivo per cui l’ha scelto.
L’animatore quindi introduce l’esortazione apostolica di papa Francesco, Laudate Deum: in essa il pontefice fa risuonare le sue «accurate preoccupazioni per la cura della nostra casa comune» e invita tutti a dare una svolta a una situazione ormai drammatica che descrive.
Invita poi a fare attenzione alle resistenze, alle minimizzazioni e a chi semina confusione, e ad abbracciare la transizione energetica, riducendo l’uso dei combustibili fossili.
L’animatore offre ai ragazzi una breve spiegazione sulla transizione energetica usando alcuni spunti tratti, per lo più, da Transizione ecologica e culturale sul portale RiGenerazione Scuola (istruzione.it): transizione ecologica e culturale significa «andare verso un nuovo modello di società con nuovi stili di vita, in cui l’attività umana sia in equilibrio con la natura».

Fotolinguaggio

L’animatore mostra immagini riguardanti alcuni problemi ecologici (riduzione dei ghiacciai, inquinamento aereo, morte degli animali acquatici, estinzioni di specie animali, migranti climatici, deforestazione) rispolverando le cause del cambiamento climatico (proposte tra i numeri 11 e 14 di Laudate Deum). A turno ogni ragazzo sceglie una foto, analizza quale problematica mostra, e prova a elencarne alcune cause.

La vigna di Nabot

Papa Francesco, nell’udienza generale del 24 febbraio 2016, per fondare biblicamente l’impegno per l’ambiente e i poveri, parla dell’episodio della vigna di Nabot (1Re 21) nel quale Gezabele, la moglie del re di Israele Acab fa morire con l’inganno Nabot per soddisfare il capriccio di suo marito che voleva la terra dell’uomo per sé.
Papa Francesco mette in relazione l’episodio biblico con il cattivo uso delle ricchezze e del potere messo in atto dalla società contemporanea. Quella di Acab e Nabot «è la storia della tratta delle persone, del lavoro schiavo, della povera gente che lavora in nero e con un minimo per arricchire i potenti, è la storia dei politici corrotti che vogliono più e più e più. […] Ecco dove porta l’esercizio di un’autorità senza rispetto per la vita, senza giustizia, senza misericordia».
Se perde la dimensione del servizio, il potere si trasforma in dominio e sopraffazione. È bello però, cogliere in questa vicenda, come Dio è più grande della malvagità e dei giochi sporchi degli esseri umani, e invia il profeta Elia ad aiutare Acab a convertirsi. Il re, messo davanti al suo peccato, capisce, si umilia e chiede perdono. Il Signore accetta il suo pentimento; tuttavia un innocente è stato ucciso, e la colpa commessa avrà inevitabili conseguenze.

Chico Mendes

Francisco Alves Mendes Filho, raccoglitore di caucciù, fu un attivista e ambientalista brasiliano, riconosciuto come un «giusto della foresta» per il suo impegno nella difesa degli alberi e dei nativi dell’Amazzonia.
«Erano anni che Chico Mendes riceveva minacce di morte. Grandi proprietari terrieri, allevatori, e businessmen nel ramo del caucciù non avevano usato giri di parole quando si era trattato di spiegargli che doveva smetterla con le sue rivendicazioni […]. Doveva smetterla di difendere la foresta amazzonica, di boicottare l’abbattimento degli alberi, di opporsi ad ulteriori pascoli. Doveva smetterla di stare dalla parte dei contadini, dei braccianti, che per pochi dollari al giorno consumavano la propria vita in mezzo alle piante di gomma. Ma come poteva farlo?
Lui che tra gli alberi di caucciù c’era nato, lui che a nove anni aveva preso il machete ed iniziato a lavorare duro […], lui che aveva uno spirito indomito e un carattere battagliero.
Chico non poteva arrendersi, quando ormai migliaia […] di persone credevano in lui, credevano nella sua lotta; quando aveva fondato un sindacato per difendere i “seringueiros”, gli operai che lavoravano nell’estrazione del lattice. Non poteva arrendersi, dopo aver realizzato decine di “empate”, presidi per impedire che alberi secolari fossero sradicati; dopo essere diventato un punto di riferimento, dentro e fuori dal Brasile, per tutti coloro che lottavano per difendere il pianeta e le ragioni dei più deboli. Chico non poteva, e non voleva. Chico non si arrese.
Per questo lo freddarono con tre colpi di pistola il 22 dicembre 1988, mentre tornava a casa.
La sua fine, lungi dal decretare la morte delle sue idee, le rese sempre più forti.
Nel suo desiderio di lottare per salvare l’ambiente, ripeteva spesso: “All’inizio pensavo di combattere per salvare gli alberi di gomma, poi ho creduto di combattere per salvare la foresta amazzonica. Ora capisco che sto lottando per l’umanità”».

foto in CC da Darij Zadnikar_flickr.com

Conclusione

L’animatore favorisca un feedback dai ragazzi: che cosa posso fare io? Che azioni piccole o grandi posso mettere in atto ogni giorno per contrastare la crisi climatica? Per ampliare lo sguardo ed essere misericordioso verso tutti, verso i più poveri?
Può proiettare uno dei seguenti video da Youtube: Perché è importante rispettare l’ambiente e 10 azioni per prendersi cura dell’ambiente.
Poi domanda ai ragazzi quali azioni concrete possono mettere in atto a favore dell’ambiente, del luogo in cui vivono e delle persone.
Infine legge le seguenti righe della Laudate Deum, n. 18: «È quindi urgente una visione più ampia, che ci permetta non solo di stupirci delle meraviglie del progresso, ma anche di prestare attenzione ad altri effetti che probabilmente un secolo fa non si potevano nemmeno immaginare. Non ci viene chiesto nulla di più che una certa responsabilità per l’eredità che lasceremo dietro di noi dopo il nostro passaggio in questo mondo».

di Elena Salvagnin

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