Slow page dei Missionari della consolata

Marco 07. La giornata dei miracoli

La tempesta sedata, l'indemoniato di Gerasa, l'emorroissa, la figlia di Giairo

Alla giornata delle quattro parabole (4,1-34) segue una giornata dei quattro miracoli (4,35-5,43). Infatti, leggendo le introduzioni dei racconti dei quattro miracoli si ha l’impressione che tutto si sia svolto nell’arco di 24 ore: «Venuta la sera di quel giorno» (4,35); «Giunsero all’altra riva» (5,1); e «passato di nuovo Gesù all’altra riva» (5,21); «parlava ancora quando vennero dalla casa del capo della sinagoga» (5,35).

  • La sera di quello stesso giorno Gesù attraversa il lago coi suoi discepoli e nella notte calma la tempesta sul lago (4,35-41);
  • all’arrivo all’altra sponda incontra un indemoniato e lo libera (5,1-20);
  • Gesù attraversa di nuovo il lago e trova la folla e accoglie l’invito di Giairo che gli chiede di guarire la sua figlioletta (5,21-24) e strada facendo guarisce una donna che soffre di emorragia (5,25-34);
  • arrivato alla casa di Giairo richiama in vita la figlioletta (5,35-43).

Marco accumula qui una serie di miracoli mentre Gesù è in continuo movimento da una sponda all’altra del lago accompagnato dai suoi discepoli che sembrano gli unici testimoni. Questo accumulo di azioni prodigiose serve a tratteggiare il ritratto di Gesù come colui che senza sosta si prodiga, si fa in quattro verso le persone sofferenti. Egli è l’incarnazione della misericordia e della tenerezza di Dio.

La tempesta sedata

35In quel medesimo giorno, venuta la sera, disse loro: “Passiamo all’altra riva”. 36E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui. 37Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. 38Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: “Maestro, non t’importa che siamo perduti?”. 39Si destò, minacciò il vento e disse al mare: “Taci, calmati!”. Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. 40Poi disse loro: “Perché avete paura? Non avete ancora fede?”. 41E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: “Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?”.

Venuta la sera: la sera segna la fine della giornata dell’insegnamento in parabole ed inizia una serie di viaggi di Gesù per mare, con andata e ritorno tra la riva occidentale (giudaica) e quella orientale (pagana) del lago. Questo racconto infatti è il primo di una serie di miracoli di Gesù che si sposta fuori dai confini della Galilea per recarsi in terra pagana. Questa serie di miracoli operati in terra pagana non incontrano quell’opposizione che era stata una costante del rapporto di Gesù coi giudei nella prima parte del Vangelo.

Lo presero nella barca: il tipo di barca, come risulta dalle scoperte archeologiche, doveva misurare circa otto metri di lunghezza e circa due e mezzo di larghezza con una portata da dodici a quindici persone. La barca con Gesù non era la sola in quell’attraversamento del lago nella sera. La tempesta grande, scatenatasi di sera, rende la situazione più spaventosa, perchè il buio avanza. La barca si riempie di acqua minacciosa e rischia di affondare, il che contrasta con la calma di Gesù che dorme a poppa “su un cuscino” (annotazione che si trova solo in Marco, forse un sacco di sabbia usato come zavorra o come sedile?). All’agitazione del vento si accompagna l’agitazione dei discepoli che spaventati svegliano Gesù. Egli si sveglia e minaccia il vento e parla al mare come se fossero persone viventi: taci, calmati. Questi comandi, che sono come un rito di esorcismo, vengono prontamente obbediti e ci fu grande bonaccia (cf. Sal 107,28). A questo punto Gesù rimprovera i suoi per la loro mancanza di fede, non hanno ancora capito. Gesù appare qui in perfetto controllo delle forze scatenate della natura e il suo atteggiamento fa sorgere nei discepoli delle domande sull’identità di quel Maestro: chi è dunque costui? Questo miracolo è un’autorivelazione di Gesù, colui che ha autorità sul vento e sul mare.

L’indemoniato di Gerasa

1 Giunsero all’altra riva del mare, nel paese dei Gerasèni. 2Sceso dalla barca, subito dai sepolcri gli venne incontro un uomo posseduto da uno spirito impuro. 3Costui aveva la sua dimora fra le tombe e nessuno riusciva a tenerlo legato, neanche con catene, 4perché più volte era stato legato con ceppi e catene, ma aveva spezzato le catene e spaccato i ceppi, e nessuno riusciva più a domarlo. 5Continuamente, notte e giorno, fra le tombe e sui monti, gridava e si percuoteva con pietre. 6Visto Gesù da lontano, accorse, gli si gettò ai piedi 7e, urlando a gran voce, disse: “Che vuoi da me, Gesù, Figlio del Dio altissimo? Ti scongiuro, in nome di Dio, non tormentarmi!”. 8Gli diceva infatti: “Esci, spirito impuro, da quest’uomo!”. 9E gli domandò: “Qual è il tuo nome?”. “Il mio nome è Legione – gli rispose – perché siamo in molti”. 10E lo scongiurava con insistenza perché non li cacciasse fuori dal paese. 11C’era là, sul monte, una numerosa mandria di porci al pascolo.
18Mentre risaliva nella barca, colui che era stato indemoniato lo supplicava di poter restare con lui. 19Non glielo permise, ma gli disse: “Va’ nella tua casa, dai tuoi, annuncia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ha avuto per te”. 20Egli se ne andò e si mise a proclamare per la Decàpoli quello che Gesù aveva fatto per lui e tutti erano meravigliati.

Si tratta del racconto più lungo e drammatico di esorcismo. Narrazione pittoresca, la più impressionante descrizione della situazione di una persona posseduta dal demonio. Marco inserisce questo racconto nel momento in cui Gesù mette piede in territorio pagano. In confronto al racconto di esorcismo nella sinagoga di Cafarnao (1, 21-28) questo, in terra pagana, sembra descrivere la condizione molto più misera del mondo pagano. Entrambi tuttavia presentano Gesù come colui che libera la gente dal potere del male. La potenza di Gesù manifestata nel calmare la tempesta si rivela qui nel controllare il demonio, la personificazione del male. Il racconto si sofferma sulla situazione spaventosa dell’uomo in preda alla forza del maligno (vv 1-5) e sulla sua calma una volta liberato (v 15): tra i due momenti il dialogo drammatico tra Gesù e il maligno, la forza bruta della legione che si butta sui porci e li fa annegare, lo spavento creato tra gli abitanti del posto (vv 14-17).

Senza soffermarmi a tutti i dettagli del testo, mi limito ad alcune osservazioni che possono accompagnare la lettura e comprensione di questo racconto nella sua dimensione cristologica e missionaria. Anzitutto, sebbene arrivi in barca coi suoi discepoli, il racconto si gioca tutto tra Gesù e l’indemoniato, i discepoli sono scomparsi. In contrasto con la descrizione dello stato miserevole dell’indemonato, Gesù non parla se non per chiedere il nome del demonio (v.9) e per inviare l’indemoniato guarito ad annunciare ciò che Gesù aveva fatto per lui (v.19).

Dimensione missionaria: caratteristica di Marco è il segreto messianico. Spesso il racconto di un miracolo si conclude con il divieto di farlo conoscere (1,34.45: 5,43 …) perché solo con la risurrezione si rivelerà in pieno la messinicità di Gesù . Ma in nessun’altra parte del vangelo Gesù comanda alle persone interessate di diffondere la notizia di quanto lui ha fatto, come invece avviene qui (vv.19-20). Proprio a un pagano Gesù dà il mandato missionario, e questo indemoniato guarito diventa il precursore della missione tra i pagani.

L’indemoniato non solo è in potere dello spirito maligno ma è anche ostracizzato, alienato dalla sua gente. Egli vive tra i sepolcri, come se fosse già un uomo morto. Quest’uomo è in preda a forze drammaticamente distruttive. Ma il potere di Gesù, l’uomo forte, libera l’indemoniato e lo restituisce alla società, alla familia e lo fa missionario in mezzo ai suoi.

La donna inferma e la figlia di Giairo

Dopo il drammatico incontro con l’indemoniato di Gerasa, Gesù si sposta ancora all’altra riva, lascia il territorio dei pagani. Cambia la scena. Mentre nella scena precedente Gesù era solo con l’uomo indemoniato e i discepoli erano come scomparsi dalla scena, adesso vi è grande folla attorno a Gesù nei due racconti che seguono. Il caposinagoga si getta ai piedi di Gesù per presentargli la sua richiesta: la sua figlioletta è in fin di vita e solo Gesù può fare qualcosa per lei. Mentre Gesù accoglie l’invito di Giairo e si dirige a casa sua attorniato dalla folla, la donna anonima che soffriva perdite di sangue mette in atto il suo piano di azione, toccare anche solo il mantello del Maestro. La narrazione dei due eventi è curiosamente un intarsio. Quali le ragioni per questo intarsio narrativo? Il comune tema della fede? O il comune risultato di salvezza e di vita? Io credo che più semplicemente rifletta la situazione storica: i due eventi si sono svolti in contemporanea.

21Essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. 22E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi 23e lo supplicò con insistenza: “La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva”. 24Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.
25Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni 26e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, 27udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. 28Diceva infatti: “Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata”. 29E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male.
30E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: “Chi ha toccato le mie vesti?”. 31I suoi discepoli gli dissero: “Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?””. 32Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. 33E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. 34Ed egli le disse: “Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male”.

Questa donna anonima è un modello di semplicità, fede ed accortezza. La sua malattia, oltre al fatto di renderla legalmente impura, era terribilmente umiliante e le impediva una vita sessuale normale e la possibilità di avere figli. Invano aveva cercato l’aiuto dei medici, questi anzi avevano peggiorato la sua situazione (Luca che è medico nel narrare lo stesso evento, Lc 8,43, non usa questa critica ai medici). Avendo speso tutte le sue risorse -doveva trattarsi di una donna facoltosa- pensò che l’unica possibilità che le rimaneva era avvicinarsi a Gesù di cui aveva sentito parlare. Quanta intensa fiducia doveva avere in quest’uomo per pensare che la sola vicinanza a lui, senza dire una parola, potesse liberarla dalla sua sofferenza. E questo avviene e subito le si fermò il flusso del sangue e lei lo avvertì immediatamente. Ma anche Gesù lo avvertì perché si rivolse alla folla dicendo: chi ha toccato le mie vesti? Queste parole stupiscono i discepoli (in realtà servono a far crescere l’attenzione): con tutta la gente che ti tocca tu chiedi chi ti ha toccato? Ma Gesù, tra tutte le spinte della folla circostante ha percepito un “tocco” diverso dagli altri e si guarda attorno e scopre colei che lo ha toccato in quel modo unico. E la donna gli racconta tutta la verità (v. 33). Lungi dal rimproverarla, Gesù la chiama figlia, loda la sua fede e conferma la sua guarigione (v.34).

Risurrezione della figlia di Giairo

35Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: “Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?”. 36Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: “Non temere, soltanto abbi fede!”. 37E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. 38Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. 39Entrato, disse loro: “Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme”. 40E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. 41Prese la mano della bambina e le disse: “Talità kum”, che significa: “Fanciulla, io ti dico: àlzati!”. 42E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. 43E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.

L’incontro con la donna che aveva perdite di sangue è come un intermezzo mentre Gesù è in movimento verso la casa di Giairo. Il racconto prosegue ora con il messaggio che viene portato a Giairo: non è più necessario disturbare il Maestro perchè nel frattempo la bambina è morta. Altro elemento che fa crescere la tensione della narrazione. Gesù invita Giairo a continuare ad aver fede, si stacca dalla folla, prendendo con sé solo Pietro, Giacomo e Giovanni (gli stessi che saranno testimoni della Trasfigurazione 9,2 e della preghiera di Gesù nel Getsemani 14,33). Giunti alla casa di Giairo vedono che il lutto è già cominciato (v.29). Ancor più strane le parole che Gesù rivolge alla gente “la bambina non è morta ma dorme” parole che suscitano l’ironia verso di lui: “lo deridevano”. Gesù si comporta ora da padrone di casa: caccia fuori tutti e coi soli tre discepoli e i genitori della bambina entra nella stanza. Un semplice gesto: la prese per mano, un semplice comando: talita kum (uno dei rari passaggi ove ci viene tramandata la parlata aramaica di Gesù) e la bambina (adesso sappiamo che aveva dodici anni) si mette a camminare. Più che normale la reazione di stupore della gente, ma Gesù non perde il contatto dalla realtà e dice di darle da mangiare, segno indubbio che la bambina è viva.

Più misterioso l’ordine di non informarne nessuno: raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo (v.43). È un po’ difficile pensare che si potesse tener nascosto un evento così prodigioso. Ritorna il tema del segreto messianico: la pienezza del significato di questo evento, il ritorno in vita della bambina, si svelerà con la risurrezione di Gesù della quale questo prodigio è un’allusione.

di Mario Barbero

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Mario Barbero

Padre Mario Barbero, missionario della Consolata, nato nel 1939, è stato a Roma durante il Concilio, poi in Kenya, negli Usa, in Congo RD, in Sudafrica, in Italia, di nuovo in Sudafrica, e ora, dal 2021, nuovamente in Italia. Formatore di seminaristi, ha sempre amato lavorare con le famiglie tramite l’esperienza del Marriage Encounter (Incontro Matrimoniale).

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Padre Mario Barbero, missionario della Consolata, nato nel 1939, è stato a Roma durante il Concilio, poi in Kenya, negli Usa, in Congo RD, in Sudafrica, in Italia, di nuovo in Sudafrica, e ora, dal 2021, nuovamente in Italia. Formatore di seminaristi, ha sempre amato lavorare con le famiglie tramite l’esperienza del Marriage Encounter (Incontro Matrimoniale).