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Matteo 06. Le beatitudini. Il nuovo volto del mondo

Le Beatitudini di Matteo.

Uno dei doni più significativi di Papa Benedetto XVI alla Chiesa fu la pubblicazione, durante il suo pontificato, dell’opera ”Gesù di Nazaret” la quale pur non essendo un documento del magistero fu da lui considerata molto rilevante perché voleva concludere la ricerca di tutta la sua vita, nel presentare Gesù di Nazaret, il centro della fede cristiana.
E per questo che desidero attingere dal “Gesù di Nazaret” di Joseph Ratzinger/ Benedetto XVI il commento alle Beatitudini del vangelo di Matteo.

«Non sono venuto per abolire ma per dare compimento»

LE BEATITUDINI aprono in modo solenne il discorso della montagna (Mt 5,1-12):

1Vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. 2Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
3″Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
4Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
5Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
6Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
7Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
8Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
9Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
10Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
11Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. 12Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi.

Osservazione preliminare: Le beatitudini non sono l’antitesi al Decalogo come, per così dire, l’etica più elevata dei cristiani nei confronti dei comandamenti dell’Antico Testamento. Gesù ha sempre dato per scontato la validità del Decalogo. Il discorso della montagna riprende alcuni comandamenti, li approfondisce, non li abolisce “non sono venuto per abolire ma per dare compimento”.

La nuova immagine del mondo e dell’uomo

Ma cosa sono le Beatitudini? Esse si inseriscono in una lunga tradizione di messaggi veterotestamentari, come nel Sal 1: “Benedetto l’uomo che confida nel Signore”. Sono parole di promessa e diventano parole di guida. [ Le singole affermazioni delle Beatitudini nascono dallo sguardo verso i discepoli e descrivono per così dire lo stato effettivo dei discepoli di Gesù che sono poveri, affamati, piangenti, odiati e perseguitati. Sono da intendere come qualificazioni pratiche, ma anche teologiche, dei discepoli, di coloro che hanno seguito Gesù e sono diventati la sua famiglia.]
Riferite alla comunità dei discepoli di Gesù, le Beatitudini rappresentano dei paradossi: i criteri mondani vengono capovolti non appena la realtà è guardata nella giusta prospettiva, ovvero dal punto di vista della scala dei valori di Dio, che è diversa dalla scala dei valori del mondo. Proprio coloro che secondo criteri mondani vengono considerati poveri e perduti sono i veri fortunati, i benedetti e possono rallegrarsi nonostante tutte le loro sofferenze. Le Beatitudini sono promesse nelle quali risplende la nuova immagine del mondo e dell’uomo che Gesù inaugura, il rovesciamento dei valori.

Analisi delle beatitudini

BEATI I POVERI IN SPIRITO PERCHE’ DI ESSI E’ IL REGNO DEI CIELI. Non c’è alcuna contrapposizione tra Matteo che parla di poveri in spirito e Luca secondo il quale il Signore si rivolge semplicemente ai poveri. È stato detto che Matteo ha spiritualizzato il concetto di povertà inteso da Luca in senso esclusivamente[M1] materiale e reale, così privandolo della sua radicalità. Ma chi legge il Vangelo di Luca sa che proprio lui ci presenta i poveri in spirito che era il gruppo sociologico in mezzo al quale iniziò il cammino di Gesù e del suo messaggio. La povertà non è mai un fenomeno puramente materiale. La povertà puramente materiale non salva. Il cuore delle persone che non possiedono niente può essere indurito, avvelenato, dimentico di Dio e bramoso solo di beni materiali. D’altra parte la povertà di cui lì si parla non è neanche un atteggiamento puramente spirituale.

PERCHE’ DI ESSI E’ IL REGNO DEI CIELI. Il regno di Dio (“dei cieli” in Matteo) è la categoria fondamentale del messaggio di Gesù. Con l’espressione “regno dei cieli” non viene annunciata una cosa che sta solo nell’aldilà, ma si parla di Dio che è tanto quaggiù quanto lassù. Non si parla di un regno futuro o ancora da instaurare, bensì della sovranità di Dio sul mondo che, in modo nuovo, diventa realtà nella storia. Attraverso la presenza e l’attività di Gesù Dio è entrato nella storia in modo completamente nuovo. In Gesù ora Dio è colui che opera e regna in modo divino, cioè senza potere mondano, regna con l’amore che va sino alla fine. Il povero in spirito che, al contrario dei ricchi superbi che contano solo su sé stessi, non mette la propria fiducia in se stesso ma confida nella bontà e misericordia di Dio, vive già nel regno di Dio, sperimenta già questo mondo nuovo. Si tratta di persone che sanno di essere anche interiormente povere, e non fanno sfoggio delle loro prestazioni di fronte a Dio. [Questi poveri in spirito possono esser descritti nell’atteggiamento di a S. Teresa di Lisieux la quale disse che sarebbe un giorno comparsa davanti a Dio a mani vuote e le avrebbe protese aperte verso di Lui. Questi poveri giungono con le mani vuote, non con mani che afferrano e tengono stretto, ma con mani che si aprono e donano e così sono pronte per la bontà di Dio che dona.]

BEATI QUELLI CHE SONO NEL PIANTO (beati gli afflitti) PERCHE’ SARANNO CONSOLATI. È bene essere afflitti e chiamare beata l’afflizione? Ci sono due tipi di afflizione; una che ha perso la speranza, che non si fida più dell’amore e della verità e quindi insidia e distrugge l’uomo dall’interno; ma c’è pure l’afflizione che deriva dalla scossa provocata dalla verità e porta l’uomo alla conversione, alla resistenza di fronte al male. Un esempio del primo tipo di afflizione è Giuda che -colpito dallo sgomento della sua caduta- non osa più sperare e si impicca in preda alla disperazione. Al secondo genere appartiene l’afflizione di Pietro che, colpito dallo sguardo del Signore, scoppia in lacrime riparatrici, ricomincia da capo e diventa un uomo nuovo.

BEATI I MITI PERCHE’ AVRANNO IN EREDITA’ LA TERRA. Questa beatitudine è simile alla prima. Ed è la citazione di un Salmo “i miti invece possederanno la terra” (Sal 37,11). Il termine greco praeis (mite, mansueto) è la traduzione del vocabolo ebraico anawim, con il quale venivano definiti i poveri di Dio, ma è anche la caratteristica di Mosè (Nun 12,3) e soprattutto di Gesù mite ed umile di cuore (Mt 11,29). In lui si rende presente quella pura bontà che si addice proprio a Colui che è grande, che esercita il dominio. “Giubila figlia di Gerusalemme… Ecco viene il tuo re, umile, cavalca un asino, farà sparire i carri da guerra, annuncerà la pace alle genti, il suo dominio sarà da mare a mare” (Zac 9,9). La sua natura più intima è l’umiltà, la mansuetudine, cavalca un’asina, la cavalcatura dei poveri che contrasta con i carri da guerra dei potenti. Il suo regno è universale “da mare a mare”. Nell’ampio arco di questi testi (Numeri, Zaccaria e Matteo) diventa riconoscibile la figura di Gesù, re della pace che forza i confini che dividono i popoli e crea uno spazio di pace da mare a mare.
A questa Beatitudine è legata la promessa della terra. La speranza di una terra fa parte del nucleo originario della promessa ad Abramo, è il sogno di Israele durante la peregrinazione nel deserto ed è il sospiro durante l’esilio. La pace mira al superamento dei confini e a un mondo rinnovato mediante la pace proveniente da Dio.

BEATI QUELLI CHE HANNO FAME E SETE DELLA GIUSTIZIA, PERCHE SARANNO SAZIATI. Questa parola è intimamente affine a quella sugli afflitti che troveranno consolazione. Qui si tratta di persone che scrutano attorno a sé alla ricerca di ciò che è grande, della vera giustizia, del vero bene. Sono persone dotate di una sensibilità interiore, che le rende capaci di udire e vedere i deboli segnali che Dio manda nel mondo e che in questo modo rompono la dittatura della consuetudine. Come non pensare agli umili santi coi quali l’Antica Alleanza si dischiude alla Nuova? Zaccaria ed Elisabetta, Maria e Giuseppe, Simeone ed Anna i quali, ciascuno a suo modo, attendono con animo vigile la salvezza d’Israele e con la loro umile pietà “preparano le vie” al Signore?

BEATI I PURI DI CUORE PERCHE’ VEDRANNO DIO. L’organo con cui si può vedere Dio è il cuore: la mera ragione non basta perché possa arrivare a percepire Dio, le forze della sua esistenza devono agire insieme. Il cuore -la totalità dell’uomo- deve essere pura, intimamente aperta e libera perché l’uomo possa vedere Dio. Dio è visto da coloro che sono in grado di vederlo, se cioè hanno gli occhi dell’anima aperti.

BEATI GLI OPERATORI DI PACE PERCHE SARANNO CHIAMATI FIGLI DI DIO. In Israele, per i credenti, affiora il ricordo di Salomone, nel cui nome è contenuta la parola shalom, “pace”. Il Signore aveva promesso a Davide “nei suoi giorni io concederò pace e tranquillità a Israele, egli sarà figlio per me e io sarò padre per lui” (1 Cr 22,9). Si evidenzia così una connessione tra figliazione divina e regalità della pace: Gesù è il Figlio e lo è veramente. Per questo solo lui è il vero Salomone, colui che porta la pace. Questa Beatitudine invita dunque a essere e a fare quello che fa il Figlio per diventare noi stessi “figli di Dio”.

BEATI I PERSEGUITATI PER CAUSA DELLA GIUSTIZIA, PERCHE’ DI ESSI è IL REGNO DEI CIELI. L’afflizione di cui parla il Signore è il non-conformismo col male, è un modo di opporsi a quello che fanno tutti. Il mondo non sopporta questo tipo di resistenza, esige che si partecipi. Questa afflizione gli sembra una denuncia che si oppone allo stordimento delle coscienze. E lo è. Per questo gli afflitti diventano perseguitati a causa della giustizia. Agli afflitti viene promessa consolazione, ai perseguitati il regno di Dio; è la stessa promessa fatta ai poveri in spirito. Le due promesse sono molto vicine: il regno di Dio -stare nella protezione della potenza di Dio ed essere sicuri nel suo amore- questa è la vera consolazione.
Per Matteo e i suoi lettori la parola circa i “perseguitati a causa della giustizia” aveva un significato profetico. Per loro era l’allusione previa fatta dal Signore alla situazione della Chiesa che essi stavano vivendo. La Chiesa era divenuta Chiesa perseguitata, perseguitata per causa della giustizia.
La Beatitudine dei perseguitati nella frase conclusiva dei macarismi contiene una variante che ci lascia intravedere qualcosa di nuovo: Gesù promette gioia, giubilo e una grande ricompensa a coloro che “a causa mia saranno insultati, perseguitati e in ogni modo possibile calunniati” (Mt 5,11). Ora il suo IO, lo stare dalla sua parte, diviene criterio di giustizia e della salvezza. Gesù attribuisce al suo IO una normatività che nessun maestro d’Israele può pretendere per sé. Colui che parla in questo modo non è più un profeta in senso tradizionale, ambasciatore e fiduciario di un altro, è egli stesso punto di riferimento della retta via. Egli stesso è fine e centro.

CONCLUSIONE. In sintesi due parole/dimensioni possono esprimere cosa sono le Beatitudini: escatologia e cristologia.
a) Se l’uomo comincia a guardare e a vivere a partire da Dio, se cammina in compagnia di Gesù, allora vive già secondo nuovi criteri, vive già l’eschaton, ciò che deve venire è già presente adesso. A partire da Gesù entra gioia nella tribolazione.
b) Chi legge con attenzione il testo di Matteo si rende conto che le Beatitudini sono come un’interiore biografia di Gesù, un ritratto della sua figura. Egli che non ha dove posare il capo è il vero povero. Egli che può dire “venite a me che sono mite e umile di cuore” è il vero mite, il vero puro di cuore, è l’operatore di pace, è colui che soffre per amore di Dio.
Ma proprio per questo nascosto carattere cristologico le Beatitudini sono dei segnali che indicano la strada anche alla Chiesa, che in esse deve riconoscere il suo modello.

di Mario Barbero

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Mario Barbero

Padre Mario Barbero, missionario della Consolata, nato nel 1939, è stato a Roma durante il Concilio, poi in Kenya, negli Usa, in Congo RD, in Sudafrica, in Italia, di nuovo in Sudafrica, e ora, dal 2021, nuovamente in Italia. Formatore di seminaristi, ha sempre amato lavorare con le famiglie tramite l’esperienza del Marriage Encounter (Incontro Matrimoniale).

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Padre Mario Barbero, missionario della Consolata, nato nel 1939, è stato a Roma durante il Concilio, poi in Kenya, negli Usa, in Congo RD, in Sudafrica, in Italia, di nuovo in Sudafrica, e ora, dal 2021, nuovamente in Italia. Formatore di seminaristi, ha sempre amato lavorare con le famiglie tramite l’esperienza del Marriage Encounter (Incontro Matrimoniale).