Credere nella risurrezione di Cristo è impegnarsi per la risurrezione dell’uomo.
È Pasqua; Pasqua del Signore…
O tu, che sei veramente tutto in tutti!
Di ogni creatura gioia, onore, cibo, delizia;
per mezzo tuo sono state fugate
le tenebre della morte,
la vita è data a tutti,
le porte del cielo si sono spalancate.
Dio si è fatto uomo
e l’uomo è elevato a somiglianza di Dio.
O Pasqua divina!…
O Pasqua, luce del nuovo splendore…
(Ippolito, Omelia VI sulla Pasqua: Inno)
La Chiesa è nata dalla Pasqua. In principio, l’evento di Cristo morto e risorto, era il contenuto dell’annuncio, il fondamento della vera fede, la forma di vita che penetrava l’etica e lo stile del comportamento cristiano.
Tutta l’esistenza di coloro che si convertivano a Cristo era impregnata di esperienza pasquale.
Essa era lievito e dinamismo capace di trasformare ogni male e ogni morte in vita, lasciando nel cuore la convinzione profonda che tutto ciò che si faceva con amore non poteva cadere nel vuoto.
Era l’alba di un’epoca nuova, foriera di un futuro che ormai si dischiudeva all’orizzonte, il sorgere di una luce superiore che illuminava definitivamente le notti tenebrose della storia.
Da subito la Pasqua di Gesù fu interpretata come evento salvifico. Grande era la convinzione che “Cristo è morto per i nostri peccati, ed è risorto per la nostra giustificazione” (Rm 4, 25). Il male non era più invincibile e la vittoria di Cristo sulla morte era il seme del superamento di ogni schiavitù e limite umano. «La morte è stata inghiottita nella vittoria» (1 Cor, 15, 54).
“Noi siamo infatti il frutto della sua croce e della sua beata passione. Avete ferma fede inoltre che con la sua risurrezione ha innalzato nei secoli il suo vessillo per riunire i suoi santi e i suoi fedeli, sia Giudei che Gentili, nell’unico corpo della sua Chiesa.
Egli ha sofferto la sua passione per noi, perché fossimo salvi; e ha sofferto realmente, come realmente ha risuscitato se stesso” (Ignazio di Antiochia, Lettera ai cristiani di Smirne).
Anche il corpo, e non solo l’anima, era ormai risuscitato nel corpo di Gesù che lasciava la tomba umida e scura, rovesciando la grossa pietra che gli impediva di vedere il sole. Era il periodo dell’esultanza e della gioia dei poveri e degli umiliati che trovavano il giusto cammino della liberazione e la speranza di una giustizia duratura. Dio aveva fatto sua la causa degli abbandonati, mettendosi accanto alla vittima: “voi l’avete inchiodato sulla croce per mano di empi e l’avete ucciso, ma Dio lo ha risuscitato, sciogliendolo dalle angosce della morte” (Atti2, 23-24).
Proclamare la fede pasquale significava avere un compagno di strada sulla via della vita, come era avvenuto ai discepoli di Emmaus: “Il Signore è veramente risorto” (Lc 24, 34). Era risorto veramente, non apparentemente, non probabilmente, non simbolicamente. Karl Barth aveva definito la risurrezione come: “La tangente di Dio che sfiora il nostro mondo mortale”. Dio che sfiora il mondo, che si fa accanto ad ogni uomo, che cammina con lui.
“Io sono la risurrezione dentro l’esperienza della morte. Io sono Dio che sfiora il mondo mortale. Risurrezione è un’esperienza che interessa prima di tutto il nostro presente e non solo il nostro futuro. A risorgere sono chiamati i vivi, noi, prima che i morti: a svegliarci e rialzarci da tutte le vite spente e immobili, addormentate e inutili; a fare cose che rimangano per sempre: da morti che eravamo ci ha fatti rivivere con Cristo, con lui risuscitati (Efesini 2,5-6). La vita avanza di risurrezione in risurrezione, verso l’uomo nuovo, verso la statura di Cristo, verso la sua misura. “O uomo prendi coscienza della tua dignità regale, Dio in te” (Gregorio di Nissa), che ti trasforma, e fa la vita più salda, amorevole, generosa, sorridente, creativa, libera” (E. Ronchi).
Pasqua proclama che Gesù Cristo vive ancora oggi e l’identità cristiana si definisce come incontro attuale con questo evento che ci permette di “vivere da risorti”. La vita cristiana infatti è una Pasqua, un passaggio dal peccato alla grazia, dalla morte alla vita, dall’ingiustizia alla giustizia . Partecipare alla Pasqua significa prendere posizione per la causa del Regno, lavorare per la costruzione di quel mondo nuovo, che verrà in pienezza solo nell’ultimo giorno, ma che deve crescere quotidianamente nel corso del tempo che ancora ci separa dalla fine.
Dall’esperienza di vita nuova in Cristo nasce anche l’impegno missionario dell’annuncio e della condivisione. La missione universale a tutti i popoli nasce dalla Pasqua. Infatti, Gesù invia gli apostoli alle genti e al mondo intero nelle apparizioni dopo la risurrezione.
Dall’esperienza gioiosa di adesione al Risorto nasce il servizio gioioso ai fratelli; nasce e si rafforza l’impegno della Missione. Credere nella risurrezione di Cristo è impegnarsi per la risurrezione dell’uomo. Allora avremo le mani colme di doni fraterni per chi soffre sia della fame del corpo che di quella dell’anima.
Cristo Risorto, sostienici con il tuo Spirito nel
difficile, ma stupendo passaggio:
dall´incredulità alla fede;
dalla disperazione alla speranza;
dalla vendetta al perdono e alla riconciliazione;
dalla violenza alla pace;
dall´egoismo all´amore fraterno;
dalla dispersione all´unione dei cuori
dalla chiusura in sé alla comunione delle storie
umane, personali e dei popoli!
E allora sarà sempre Pasqua, di Cristo, ma
anche per ciascuno di noi!
Felice Pasqua a tutti!
Di Giuseppe Ronco – “da Casa Madre” 4/2012
Giuseppe Ronco
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