Slow page dei Missionari della consolata

Soffrire, voce del verbo sperare

Una preghiera per scorgere la divinitá nella sofferenza

Hope

Canto. Il canto dell’amore – Isaia 43.

Guida. Iniziamo questa preghiera ringraziando il Signore per averci riuniti e per averci donato questo momento di raccoglimento per vivere appieno la Quaresima. Ci disponiamo a riflettere e lasciarci toccare il cuore dalla Parola.

Lettore 1. Dal Vangelo secondo Luca (23, 33-43)

«Quando giunsero sul posto crocifissero lui e i due malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra. […] Uno dei malfattori che erano stati crocifissi lo insultava: “Non sei forse tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi!”. Ma l’altro lo rimproverava: “Non hai proprio nessun timore di Dio, tu che stai subendo la stessa condanna? Noi giustamente, perché riceviamo la giusta pena per le nostre azioni, lui invece non ha fatto nulla di male”. Poi aggiunse: “Gesù, ricordati di me, quando sarai nel tuo regno”. Gesù gli rispose: “In verità ti dico: oggi, sarai con me in paradiso”».

Migliaia di sfollati a causa delle inondazioni a Cap-Haïtien, Haiti. Photo Logan Abassi UN/MINUSTAH

Lettore 2. Siamo sempre stati abituati a lodare il buon ladrone e biasimare il cattivo, ma oggi vogliamo riflettere più a fondo sulle loro parole. Il Vangelo ci propone due persone distinte, ma a ben pensare i due condannati rispecchiano delle considerazioni alle quali tutti, dinanzi al dolore, ci abbandoniamo. Da una parte, riconosciamo la presenza di un Dio e di una vita oltre quella terrena. Dall’altra peró, come possiamo riporre le nostre speranze in un Dio disarmato e docile, mortale forse più degli uomini? Se anche Dio soffre, noi cosa possiamo sperare?
Se almeno lui si salvasse!

Lettore 3. Puó forse colpire come il ladrone chieda a Gesú di salvare prima se stesso, poi anche loro. Sembra che la fede in un Dio immortale e onnipotente sia quasi piú importante che la vita stessa. Per quest’uomo in punto di morte è più urgente credere in un dio-eroe a cui somigliare, che chiedere la salvezza immediata. D’altra parte, questo desiderio umano si riscontra in altri culti religiosi. Pensiamo ad esempio agli dèi greci: nessuno di loro ha mai conosciuto la vecchiaia, la sofferenza, il lutto, né tantomeno la morte. Ma Gesù non è come questi déi.

Lettore 2. Al contrario, una parte di noi – rappresentata dal buon ladrone – percepisce la maestosità di un progetto di salvezza che non esenta dalla negatività della vita, ma ci passa attraverso e la supera in grandezza e potenza. Questa è la promessa di Gesù. E a pensarci quasi vengono le vertigini, quasi ci si sente scossi da questo mistero da cui scaturisce la timorosa domanda: “Non è forse indegno, subire la sua stessa condanna?”. Gesù non ha mai promesso una vita semplice. A lui per primo non sono stati risparmiati i dolori piú comuni – il lutto, la tentazione, il tradimento, l’ingiustizia – ma anche la persecuzione, l’esilio, la condanna. Il regno dei cieli non è un parco giochi, è la certezza che al di là di tutto questo dolore, al di là della vita e della morte, il suo amore è infallibile ed eterno. Questo è ciò che il ladrone ha compreso e questo è ciò a cui aspira quando, in fin di vita, chiede al Signore di ricordarsi di lui.

Guida. Se riuscissimo ad accettare la sofferenza, anzi ad accoglierla e ad attraversarla, forse potremmo scorgervi il principio di qualcos’altro. Forse anche la radice della speranza.

Lettore 1.

«Tu soffri e pertanto il tuo dovere è di sperare. È tuo dovere di uomo. È per te che Cristo è disceso sulla terra. Per te più che per qualsiasi altro, perché soffri più di qualunque altro. L’angelo non spera, perché gioisce della sua gioia e Dio gli ha, in anticipo, dato tutto e il ciottolo non spera più, perché vive stupidamente di un presente perpetuo. Ma quando Dio ha plasmato la natura dell’uomo, ha creato insieme la speranza e la preoccupazione. Poiché l’uomo, vedi, è sempre molto di più di quel che è […]. La Speranza è il meglio [degli uomini]».

(J. P. Sartre, Bariona o il figlio del tuono, Marinotti, 2003).

Lettore 3. In questo brano Baldassarre, uno dei tre Re Magi in cerca di Gesù, si rivolge e Bariona, capo di un villaggio sanguinante sotto la dominazione romana. Ciò che colpisce è che la sofferenza viene presentata come caratteristica strutturale dell’umanità, a tratti distintiva. Infatti, ci distingue dagli angeli e dagli esseri inanimati, ma poiché Dio si è fatto partecipe del nostro soffrire, ci rende simili a Lui. Non esiste più la differenza tra dèi immortali e uomini mortali, perché Dio si è fatto uomo fino alla morte, ma ci ha resi divini con la speranza della resurrezione.

Segno: Ognuno scrive una sofferenza, sua o altrui, che vuole offrire al Signore. Il foglietto viene poi appeso ad una croce ed elevato attraverso di essa.

Canto. Nada te turbe.

Lettore 2. Se Gesù si fa partecipe della sofferenza umana e la condivide appieno, allora questa diventa luogo di incontro con Lui. Non più come la vecchia legge ebraica, che la considerava come punizione divina e quindi come assenza di Dio, la nuova alleanza di Cristo trasforma la sofferenza in presenza sua.

Lettore 1.

«La tenerezza di Dio si fa presente nella vita di tante persone che si trovano accanto ai malati e sanno coglierne i bisogni, anche quelli più impercettibili, perché guardano con occhi pieni di amore. Quante volte una mamma al capezzale di un figlio malato, o un figlio che si prende cura di un genitore anziano o un nipote che sta vicino al nonno o alla nonna, mette la sua invocazione nelle mani della Madonna! Per i nostri cari che soffrono a causa della malattia domandiamo in primo luogo la salute; Gesù stesso ha manifestato la presenza del Regno di Dio proprio attraverso le guarigioni. Ma l’amore animato dalla fede ci fa chiedere per loro qualcosa di più grande della salute fisica: chiediamo una pace, una serenità della vita che parte dal cuore e che è dono di Dio, frutto dello Spirito Santo che il Padre non nega mai a quanti glielo chiedono con fiducia».

(Papa Francesco, Messaggio per la XXIV Giornata Mondiale del Malato 2016)

Guida. Concludiamo con il Padre nostro, offrendo al Signore le sofferenze nostre, dei nostri familiari e amici e del mondo intero, fiduciosi che non ci farà mancare il pane quotidiano della sua presenza.

Canto. Servo per amore.

di Annarita Leserri

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