Slow page dei Missionari della consolata

Vera e Pelle. Una storia d’umanità

Ci sono storie che si ha l’obbligo di raccontare. Altre che non vorresti mai narrare.
Alcune storie sbocciano da sole. Altre nascono con fatica.
Le puoi raccontare con noia o vivacità, lentamente o velocemente. Le puoi mimare per far ridere.
Le puoi sussurrare per creare attesa.

Io ho il piacere ma anche la fantasia di raccontarvi la favolosa storia di un cambiamento, avvenuto molto tempo fa sulle colline ChièLà, in un paesino circondato da verde e sole, in apparenza normale, tranquillo e felice. Ma si sa, le apparenze spesso ingannano.

Sì, perché gli abitanti di questo paesino non erano né normali, né tranquilli, né felici.
Era tutta una bella facciata, era tutto apparenza appunto!
Ah, quasi dimenticavo: il nome del paesino era proprio Apparenza!

Ad Apparenza nessuno tollerava le stranezze o le diversità, nessuno ammetteva che ci poteva essere qualcosa che non andava: i problemi non piacciono a nessuno, perciò tutti facevano finta di nulla. In questa maniera era come se i problemi non ci fossero.
Tutti sorridevano sempre.
A.    Come stai?
B.    Bene!
A.    Tutto a posto?
B.    Certo!
A.    Sei felice?
B.    Naturalmente!
Tutti sorridevano ed erano super indaffarati, perciò le risposte che potevi sentire erano:
–    Non ho tempo!
–    Ci vuole troppo tempo!
–    Ad avere il tempo!
–    Ora proprio non posso… magari col bel tempo…
Di cosa si parlava quando si aveva questo famoso tempo?
Del tempo atmosferico, dei vestiti, delle vite degli altri, di quello e di quell’altro, mai di se stessi.
In questo modo la vita scorreva ad Apparenza, si andava avanti e ci si accontentava.

Nel paesino di Apparenza viveva Vera, una ragazzina vivace e diversa.

Nel paesino di Apparenza viveva Pelle, un ragazzino taciturno e diverso.

Vera e Pelle non si conoscevano.

A volte gli esseri simili, non si notano subito, hanno bisogno di tempo vero, concreto e reale.
O semplicemente di una bella manciata di eventi in cui il destino ci ficca lo zampino.

Insomma un giorno i due si incontrarono, anzi per meglio dire si scontrarono, o per essere più precisi, Vera finì addosso a Pelle.

Ma facciamo un passo indietro: non vi ho ancora raccontato come mai Vera e Pelle erano diversi.

Il paese di Apparenza era tutto di plastica. E quando dico tutto, voglio dire proprio tutto: oggetti, case, abiti, persino le persone. Sì, anche le persone erano di plastica.
E Vera e Pelle, vi chiederete voi?
Anche loro erano di plastica.
Ma loro due avevano una particolarità: avevano sul fianco un pezzetto di pelle vera, umana, leggermente pelosa, come io che scrivo e voi che leggete. Ecco il perché dei loro nomi.
Vera aveva il pezzetto di pelle sul fianco sinistro, Pelle sul fianco destro.
Quel pezzetto di pelle molliccia, chiara e leggermente pelosa, era stato motivo di vergogna all’inizio. Nessuno lo sapeva e lo doveva sapere, tranne i loro rispettivi genitori che maledivano il cielo per la sfortuna avuta.
Solo crescendo per i due giovani quello era un simbolo di unicità e di un ricordo antico di vita vera. Sì, perché Apparenza in passato era stato un paesino di esseri umani, ma col tempo corazze di plastica avevano circondato tutto. Ma questo sembrava non importare a nessuno, sempre pronti a giudicare ed allontanare il dolore e non sentire più nulla. Vera e Pelle avevano imparato che era meglio star zitti e per proprio conto, tra i propri pensieri.

Comunque vi dicevo che Vera andò a finire addosso a Pelle.

Lei sperimentava sempre molti hobby e in quel periodo si era convinta che doveva diventare una funambula. Sì perché in fondo vivere era come stare in equilibrio su di un filo e più si diventa bravi in ciò, più si vive bene. Vera era convinta di questo! Perciò attaccava fili da un albero all’altro e provava a camminare sulla fune, ma non era certo facile e faceva certe cadute!!! Nonostante questo non si arrendeva, non rinunciava. Era una questione troppo importante!

Pelle era un appassionato da sempre di una cosa soltanto: la fotografia. Amava cogliere i particolari insignificanti degli oggetti e ammirarli. Lui pensava che le cose importanti sono sotto gli occhi di tutti e che bastava saperle cogliere e osservarle un po’. Loro alla fine avrebbero raccontato qualcosa della vita.

Insomma quel giorno Pelle fissava attraverso l’obiettivo della sua macchina fotografica quello che gli sembrava il ricamo nuovo della corteccia di un albero, quando un grosso peso gli cascò sulla testa.
«Scusa scusa scusa». Lei.
«Ma che è stato?». Lui.
«Stai bene? Non volevo, è che io sto ancora imparando e che insomma sono all’inizio…».
«Frena frena! Ma di cosa stai parlando? Chi sei?» disse Pelle fissandola. Non l’aveva mai incontrata. Forse era di un altro paese ecco perché non l’aveva mai vista.
«Hai ragione. Ciao, sono Vera e vivo qui ad Apparenza» e gli tese la mano.
Che strano nome pensò lui. Fissò la sua mano di plastica luccicante e un po’ graffiata per la caduta.
«Io sono Pelle. Anch’io vivo ad Apparenza. Ma ora non ho tempo…» e si bloccò.
Mai aveva usato quell’espressione così comune nel suo paese, affermando che lui non era come gli altri. Vide subito il viso di quella ragazza farsi un po’ triste, come se fosse delusa dalla sua risposta, come se avesse per un attimo sperato che in lui ci potesse essere dell’altro.
«Ah, sì certo. Hai ragione ti sto facendo perdere tempo… scusa ancora per la caduta… spero vada tutto bene…». Vera si voltò e cercò di arrampicarsi di nuovo sul suo albero.

Che delusione quel Pelle! Il suo nome, i suoi modi sembravano così diversi, le avevano fatto sperare di aver trovato un amico, qualcuno con cui parlare un po’. Ma parlare davvero! Grazie al suo pezzetto di pelle molliccia, chiara e leggermente pelosa aveva sempre ricercato l’onestà e la verità delle cose. Ma ad Apparenza era difficile trovare veri amici. Lei da lassù l’aveva osservato per un po’, ecco perché aveva perso l’equilibrio e gli era caduta addosso. Pazienza, si era sbagliata…

Pelle si sentiva infastidito dal suo stesso comportamento, ma anche da quella ragazza che per la prima volta lo faceva sentire non al sicuro, indifeso, scoperto. Era come se quel pezzetto di pelle molliccia, chiara e pelosa nascosto sul suo fianco destro, con lei fosse in pericolo. La osservava mentre si arrampicava con difficoltà ed ostinazione. Decisamente non era come le altre ragazze: mai aveva visto tanto accanimento in un’impresa all’apparenza tanto assurda!

Ad un certo punto ebbe l’impressione di scorgere una cosa inaspettata: la maglietta di Vera si alzò un pochino e scorse per una frazione di secondo un pezzetto di pelle umana molliccia, chiara e leggermente pelosa!!!! Com’era possibile? Ma fu solo un attimo talmente breve che non sapeva se avesse immaginato o no quello che aveva visto.
«Aspetta Vera» le disse Pelle d’istinto. «Ti do una mano».
Vera si stupì dell’offerta. Ma non era nella posizione giusta (in bilico com’era) di fare osservazioni o di porre domande: l’albero che aveva scelto era davvero alto!
Pelle le si avvicinò e l’aiutò. Vera raggiunse di nuovo il ramo dal quale partiva la fune e iniziò la sua traversata, questa volta senza ruzzoloni. Pelle iniziò a fotografarla e ad ogni scatto gli sembrava che il suo obiettivo catturasse particolari inediti di quella ragazza. In fondo era interessante!

Cosa si dissero poi, come si salutarono, chi dei due si inventò qualcosa per rivedersi, non si sa.
Ma la cosa certa è che da quel giorno i due divennero inseparabili. Finalmente entrambi avevano qualcuno con cui commentare la vita, andando oltre le frasi scontate. Entrambi se non avevano nulla da dire restavano in silenzio.
Erano insieme sia nei fiumi di parole di Vera ma anche nei lunghi silenzi di Pelle.
Nessuno dei due però disse all’altro del proprio pezzetto di pelle umana molliccia, chiara e leggermente pelosa.
La paura porta ad essere mooooolto prudenti.

Naturalmente questa nuova relazione non passò inosservata agli occhi della gente desiderosa di chiacchiere. Si diceva che erano un po’ strani, che chi si somiglia si piglia, che parlavano in continuazione, cosa avevano sempre da dirsi poi?
Ed ancora: Che senso aveva perdere tempo nello stare in silenzio per ore o passeggiare lentamente, poveri genitori, non tutti hanno fortuna nella vita… e tante e tante parole parole parole!
I due giovani andavano oltre queste chiacchiere. Prima o poi loro non sarebbero più stati notizia per nessuno. Così fu, ma per tutti restarono comunque “quei due lì”.

Gli anni passarono e Vera e Pelle erano sempre più affiatati.
 
Un giorno Pelle fotografava concentrato degli insetti steso sull’erba. Vera leggeva al sole.
Ad un certo punto una lucertola entrò nella maglia di Pelle e cominciò a fargli il solletico. Pelle iniziò a contorcersi dalle risate sul prato, e a fare movimenti buffi come in una strana danza per togliersi quella lucertola birichina da dosso.
Vera lo osservava divertita. Anzi rideva di gusto anche lei: la risata è contagiosa!
E lì, tra mille risate e scatti bizzarri, Vera vide il pezzetto di pelle molliccia, chiara e leggermente pelosa. Anzi era più pelosa della sua! Non poteva sbagliarsi: era proprio simile alla sua. Smise di ridere e fissò Pelle, che nel frattempo era riuscito a far fuggire la lucertola e si asciugava le lacrime che il tanto ridere aveva procurato.
Quando Pelle si riprese del tutto, vide la faccia di Vera.
«Cosa c’è? Cos’hai?» le chiese.
Lei non parlò. Alzò solo la sua maglia sul fianco sinistro scoprendo il suo segreto.
Pelle la fissò e si alzò la maglia sul fianco destro.
I cuori battevano all’impazzata.
Si avvicinarono lentamente e ognuno toccò la pelle molliccia, chiara e leggermente pelosa dell’altro.
Fu Pelle, attento osservatore, che si accorse di una cosa particolare: i due pezzetti di pelle sembravano la metà di uno stesso disegno.
«Mettiti accanto a me Vera, facciamo combaciare i due pezzettini di pelle. Mi sembra che possa nascere un disegno…non so…».
Lei lo assecondò.
Pelle aveva ragione: insieme formavano un fiore.
I due si sorrisero sconcertati e un po’ impauriti da quella scoperta. Cosa voleva dire tutto ciò?
E lì in quel preciso istante, il fiore di pelle iniziò a brillare e bruciare. Vera e Pelle si strinsero forte: qualsiasi cosa stava succedendo in quel momento, loro ormai erano insieme.
La plastica che ricopriva i loro corpi iniziò a diventare sempre più fredda, terribilmente fredda e a staccarsi. Vera e Pelle urlarono dal dolore che sentivano, ma nonostante questo non si staccarono l’uno dall’altro. La plastica del loro corpo ad un certo punto si scalfì completamente e si ridusse in mille pezzi. Tutto di loro diventò di pelle vera ed umana.
Ansimando Vera osservò Pelle.
Ansimando Pelle osservò Vera.
I due si toccarono delicatamente viso e braccia, poi si abbracciarono forte e sentirono finalmente con tutto il corpo quello che prima sentivano solo nei loro pensieri e dentro il loro cuore.
Le emozioni ora erano a fior di pelle!
Sui loro fianchi c’era ancora quella metà di fiore, come un tatuaggio che ricordava quello che avevano passato ma anche che loro ce l’avevano fatta.
E ora che fare?

Loro già considerati diversi, ormai non potevano più passare inosservati.
Decisero di vivere insieme in una casetta al limite del paesino di Apparenza, un luogo tranquillo e tutto per loro. In questo modo scoprirono che uniti potevano restituire pelle umana a chi come loro voleva tornare umano. Non erano tantissime le persone con questo desiderio, perché essere umani significava tornare fragili, senza corazza seppur di plastica. Comunque c’era chi come loro voleva sentire con tutto il corpo, vivere pienamente, innamorarsi davvero, amare la vita ed accoglierla così come veniva.
Vera e Pelle decisero di rischiare ed aprirono un negozietto in cui sperimentare e accogliere umanità.

Dopo molti anni Vera e Pelle ebbero un figlio e fu il primo bambino nato interamente di pelle umana nel paese di Apparenza dopo molti anni. Con questa nascita tornò un po’ di speranza: in fondo c’era chi voleva un futuro diverso ad Apparenza, con un’energia nuova, più umana, com’era in origine.
Vera e Pelle chiamarono il bambino Salvo, perché per loro due era “salvo” da tutta quella plastica.

Ma fu realmente così? Il loro bambino era davvero salvo?
La plastica è un’insidia estremamente dura da eliminare, la verità difficile da mostrare.
Solo la vita ce lo racconterà. A noi non resta che lasciar vivere e vedere gli eventi.
Magari ne nascerà un’altra meravigliosa storia tutta da ascoltare ed immaginare!

di Antonella Colucci – racconto vincitore del premio speciale del direttore artistico del premio nazionale Raffaele Pellicciotta di Perano (Ch)

The following two tabs change content below.

Antonella Colucci

Ultimi post di Antonella Colucci (vedi tutti)

Be the first to comment

Leave a Reply

L'indirizzo email non sarà pubblicato.