Madre di Gesù. Donna. Presente a Cana, mediatrice tra il Signore e il suo popolo, come Mosè sul Sinai. Presente sotto la croce, come una nuova Eva, madre di tutti i viventi. Ecco la terza puntata su Maria.
Va subito notato che, nel quarto Vangelo, Maria viene sempre nominata con il titolo di «Madre di Gesù» (cfr. Gv 2,2; 6,42; 19,25-27) e non con il suo nome Maria. Ella è presente all’inizio dell’attività pubblica di Gesù, nel momento in cui egli manifesta la sua Gloria e nel momento supremo della sua vita.
La presenza di Maria nel Vangelo di Giovanni segna, in qualche modo, l’inizio e la fine del ministero del Signore.
Le nozze di Cana
La prima volta, la troviamo con Gesù e i discepoli di lui a una festa di nozze a Cana di Galilea.
Qui, con intuito tipicamente femminile, si accorge dell’imbarazzo che potrebbero provare gli sposi e i suoi familiari nel venire a sapere che il vino negli otri sta per esaurirsi. Senza indugio, Maria si rivolge al figlio e gli dice semplicemente: «Non hanno vino». È veramente sorprendente che lei non si curi per nulla della risposta del figlio: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora».
A prima vista, la risposta data da Gesù sembra sgarbata, ma, al suo tempo, era il modo comune di rivolgersi alle donne.
In ogni caso, anche se non deve essere ritenuta una risposta irrispettosa, tuttavia Gesù vuole mettere in chiaro che la madre deve tenersi fuori dal suo ministero pubblico, come si capisce da una traduzione letterale della frase: «Che cosa a me o a te?». È come se volesse dirle: «Che cosa abbiamo a che fare noi con loro? Che cosa c’entriamo noi se non hanno più vino?».
Per il momento, Maria non ha ruoli da giocare. A lei sarà affidato un compito preciso a tempo debito, ora deve rimanere ai margini.
Cana come il Sinai
Come se non avesse ascoltato le sue parole, Maria chiama i servitori e dice loro: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela» (2,5).
Il suo intervento induce il figlio ad agire nonostante la sua ora non sia ancora giunta. L’ora del figlio giungerà con la sua glorificazione sulla croce.
Il fatto che Gesù intervenga, sta a indicare che Maria, in qualche modo, gli fa anticipare l’ora della salvezza per l’umanità, il cui amore, simboleggiato dal vino, si sta esaurendo. Il mondo intero ha bisogno di un vino nuovo, di un amore rinnovato.
Va anche rilevato che le parole di Maria: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela», riecheggiano quelle che Israele proclama solennemente al momento della ratificazione dell’alleanza al Sinai: «Qualsiasi cosa Yahweh ci dice, noi la faremo» (Es 19,8; 24,3.7).
Non vi è dubbio che ci sia un certo parallelismo tra la scena del Sinai e quella di Cana. Al Sinai, Mosè si trova tra Yahweh e Israele, a Cana, Maria si trova tra Gesù e i servitori. Al Sinai, Israele si dice pronto a obbedire a quanto Dio comunica loro per mezzo di Mosè, a Cana, Maria esorta i servitori a fare quanto Gesù ordina loro di fare.
In forza di questo parallelismo, si potrebbe concludere che l’evangelista alluda a una indiretta identificazione tra il popolo di Israele e la madre di Gesù. Maria rappresenterebbe il nuovo Israele e preparerebbe i servitori, intesi come coloro che crederanno in Gesù, a compiere quanto egli insegnerà.
Anche Paolo VI è di questa opinione quando nella Marialis Cultus annota che le parole di Maria «che a prima vista sembrano porre rimedio all’imbarazzo nella festa di nozze, devono essere viste invece come l’eco delle parole usate dal popolo di Israele in approvazione dell’alleanza del Sinai».
Le doglie della croce
Nella teologia del quarto Vangelo, anche l’ora di Maria deve arrivare, e sarà il momento nel quale Gesù manifesterà il grande amore del Padre: la croce. Maria è una delle donne che stanno sotto la croce insieme a sua sorella, a Maria madre di Clèopa e a Maria di Màgdala (Gv 19,25-26).
La connessione di questo episodio con quello delle nozze di Cana è evidente. In ambedue gli episodi Maria è presente ed è menzionata come la madre di Gesù, e chiamata da Gesù stesso «donna».
A Cana l’ora di Gesù non era ancora venuta, mentre al Calvario si manifesta in tutta la sua completezza quando Gesù è ormai pronto per ritornare al Padre (13,1). A Cana Maria fu esortata a tenersi a distanza dal ministero pubblico del figlio, al Calvario è completamente coinvolta nella dimensione della salvezza.
A ben vedere, la scena del Calvario offre anche un parallelo con l’immagine della donna in procinto di dare al mondo un figlio, offerta da Gesù ai discepoli in 16,21. In quell’immagine Gesù usa i termini «donna» e «ora», e hanno in comune con 19,25 il tema della maternità. La donna per diventare madre deve passare attraverso il travaglio, così sarà per Maria sotto la croce per diventare madre dei viventi.
Madre della chiesa
Nel racconto della scena della croce si verifica una cosa a dir poco meravigliosa: un passaggio di «proprietà», che si capisce se si analizza bene il testo di 19,25-27: «Stavano presso la croce di Gesù la madre di lui, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e il discepolo che egli amava, disse alla madre: “Donna, ecco tuo figlio!”. Poi disse al discepolo: “Ecco tua madre”. E da quell’ora il discepolo la prese con sé».
Come si vede, il termine «madre» è usato quattro volte se si considera il pronome «la». In questo caso è interessante notare come Maria, dall’essere la madre di «lui», diventa la madre «tua», cioè del discepolo. Si verifica con evidenza un passaggio di appartenenza. D’ora in poi Maria appartiene al discepolo e quindi diventa la madre della Chiesa, in quanto quel discepolo sotto la croce è un personaggio rappresentativo di tutti coloro che nel corso dei secoli crederanno in Gesù.
Se questa analisi è solida, come a noi sembra, dobbiamo affermare che l’ultimo versetto non esprime solamente una pietà filiale da parte del discepolo amato da Gesù, ma rappresenta il fondamento della dottrina della maternità universale di Maria. Sotto la croce, Maria è insignita dal figlio della dignità di madre di tutti i credenti.
Ancora un’annotazione riguardante il termine «donna» usato per Maria sia a Cana che al Calvario. Il più adeguato riferimento si può trovare in Gen 3,20: «L’uomo chiamò la sua donna, Eva, perché lei era la madre di tutti i viventi». Chiamando sua madre «donna», Gesù la insignisce della funzione di una nuova Eva e la costituisce madre di un nuovo popolo nell’era messianica.
Come una nuova Eva ai piedi della croce, Maria è l’immagine della Chiesa che genera nuovi figli disposti a credere in Gesù e a seguirlo. Allo stesso modo il discepolo prediletto rappresenta simbolicamente tutti coloro che, nel fluire del tempo, diventano discepoli del Maestro.
L’ultima azione che Gesù compie dalla croce è costituire il nuovo popolo di Dio e affidare loro Maria come madre.
di Antonio Magnante
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Antonio Magnante
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