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Il decalogo del missionario comune

In famiglia, nella professione, nella comunità ecclesiale e civile, nell’impegno sociale e politico

Il missionario comune è il cristiano che vive pienamente la dimensione missionaria della propria fede dovunque si trovi e nella vita di ogni giorno: in famiglia, nella professione, nella comunità ecclesiale e civile, nell’impegno sociale e politico.

1. Il missionario comune fa proprio il grande ideale che ha unificato tutta la vita di Paolo: «Purché Cristo sia annunciato». Naturalmente le modalità di questo annuncio possono essere diverse, ma resta sempre la ragione che sollecita la propria testimonianza.

2. Il missionario comune annuncia un Vangelo che aggrega. Ama la sua Chiesa e invita gli uomini a farne parte. Tuttavia non annuncia anzitutto la sua Chiesa, ma il Signore Gesù.

3. Il missionario comune porta un annuncio che salva. Sa che il bisogno più profondo dell’uomo è l’incontro con Dio, e sa che Gesù Cristo è la piena risposta a questo bisogno.

4. Il missionario comune si impegna per la liberazione di tutto l’uomo: dal peccato, dalla fame e dall’oppressione, e anche da quel troppo benessere, ingiusto e sciupone, che distrae da Dio e rende ciechi di fronte ai poveri.

5. Il missionario comune è un uomo serio, e vuole una salvezza vera, non finta. Perciò non si accontenta di curare i sintomi, ma scende alle cause. Non si accontenta di offrire quegli aiuti che lasciano i poveri in una perenne situazione di dipendenza, ma fa di tutto per renderli protagonisti. Ed è convinto che anche per questo debba essere annunciata ai poveri la lieta notizia dell’amore di Dio: una notizia che aiuta gli umiliati della terra a ritrovare la loro insopprimibile dignità, condizione necessaria per alzarsi in piedi e rifiutare ogni soggezione.

6. Il missionario comune vive l’universalità evangelica, fatta insieme di stabilità e mobilità. Solidarizza senza risparmio con le situazioni in cui vive e con le persone che gli sono accanto. E nel contempo è insofferente verso ogni chiusura. Ha il gusto dell’incontro con il lontano e il diverso.

7. Il missionario comune si preoccupa di tutti. Se si trova in una casa, è attento a tutti i membri della famiglia. Così in parrocchia, nella scuola, nella fabbrica e in ogni altro ambiente. Il missionario comune sollecita in tutti i modi la sua comunità (diocesi, parrocchia, consiglio pastorale, gruppo) a valutare i problemi e a prendere le decisioni in un’ottica universalistica. Il missionario comune suscita, sostiene, collabora a tutte le iniziative volte ad intrecciare relazioni con le altre chiese e con gli altri popoli.

8. Il missionario comune ricorda che Gesù è partito dagli ultimi mostrando che la prima universalità è la solidarietà con gli ultimi. In una società spesso indifferente, il missionario comune si accorge prontamente degli ultimi, spesso nascosti.

9. Poiché annuncia una verità che non è ovvia, ma critica, il missionario comune – che intimamente è uomo di pace – suscita reazioni e contrasti. E questo lo addolora, ma non lo ferma. Trova il coraggio dell’incomprensione e della solitudine nella comunione con il Padre (Gv 16,32) e nella solidarietà dei fratelli.

10. Il missionario comune è consapevole del dovere della coerenza, ma non ha l’angoscia della coerenza, perché non pone nella propria coerenza il diritto di annunciare, ma nella fedeltà del Signore che a questo lo chiama. Del resto, egli non parla mai di se stesso, ma solo di quanto Dio ha fatto per tutti. E così può parlare anche se peccatore.

Stefano Camerlengo,
Superiore Generale dei Missionari della Consolata
«Da casa Madre», aprile 2016

di Stefano Camerlengo

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