Slow page dei Missionari della consolata

Se vuoi la Pace…

Il percorso di questo numero si articola in quattro parti, ciascuna dedicata a un tema legato alla pace.
Sarà utile avere a disposizione il Messaggio del
Santo Padre per la Giornata mondiale della Pace 2013
da utilizzare come punto di partenza per introdurre i temi o come spunto conclusivo, per sottolineare che le attività proposte trovano riscontro nei documenti della Chiesa e quindi riguardano la vita quotidiana di ogni cattolico.

Obiettivi:
•Aiutare i ragazzi a destrutturare le idee banalizzanti riguardo al tema della pace presenti nella nostra cultura;
• stimolare la riflessione sui quattro temi: nonviolenza e gestione dei conflitti, giustizia nei rapporti Nord/Sud del mondo, convivialità delle differenze (accoglienza dell’altro), disarmo;
•sviluppare uno spirito di amicizia e condivisione;
• far crescere la consapevolezza dei ragazzi sulle proprie capacità di condivisione e cooperative.
Destinatari: dai 10 anni in sù (adatto per gruppi tra le 10 e le 40 persone).
Durata dell’incontro: ciascuno dei quattro temi può essere affrontato in un incontro di 2 ore.
Spazi: una o due ampie sale (a seconda dei giochi che si decide di utilizzare).
Animatori: almeno due animatori.

Tutto il racconto dei Vangeli è un invito alla pace. La pace deve essere costruita con grande impegno, fondata sul riconoscimento della dignità dell’altro, del suo essere figlio e fratello. Non può esserci pace senza giustizia, senza pari opportunità per tutti, senza un’equa distribuzione di possibilità e risorse, senza la libertà di essere ciò che si è, senza il rispetto e senza un ambiente che permetta all’amore di esprimersi. Non può esistere la pace senza i diritti e senza i doveri.
Iniziare a lottare per la pace e la giustizia significa iniziare a prendere coscienza di quanto la nostra normalità, le nostre regole, la nostra economia, siano spesso ingiuste, violente, indifferenti.
Costruire la pace può significare conflitto, che però non vuole degenerare in violenza e aggressione: il Vangelo ci insegna ad amare i nostri nemici.
Un esempio ci è dato dal Vangelo di Giovanni, nell’episodio dell’interrogatorio di Gesù davanti al sommo sacerdote (Gv 18, 19-24). Gesù chiede alla guardia che lo schiaffeggia: «Se ho fatto male dimostrami dov’è il male, ma se ho detto bene, perché mi percuoti?». Gesù fa una scelta di nonviolenza, perché aiuta l’altro a prendere coscienza dell’inadeguatezza del gesto violento. All’amore per il nemico si affianca il perdono, che diventa una possibile meta di un itinerario che può spezzare la catena della violenza e della vendetta.

Pace è… gestione nonviolenta dei conflitti
«Pace non è assenza di guerra: pace è l’assenza o la riduzione della violenza di qualunque genere, è la trasformazione nonviolenta e creativa dei conflitti» (Johan Galtung).
Dobbiamo imparare a stare dentro il conflitto, a viverlo come momento di crescita e di confronto e non solo come fattore di paura o di minaccia da eliminare.
I conflitti fanno parte della vita, mettono in evidenza problemi e sofferenze, sono sintomi di crisi in cui le persone possono superare il risentimento e comprendersi meglio nelle rispettive differenze.
Il conflitto è uno stato delle relazioni in cui è presente un problema al quale è associato un disagio.
Per prima cosa dobbiamo riconoscere il conflitto e so-stare in esso.
«Perdonare e riconciliarsi non significa far finta che le cose siano diverse da quelle che sono. Non significa battersi reciprocamente la mano sulla spalla e chiudere gli occhi di  fronte a quello che non va. Una vera riconciliazione può avvenire soltanto mettendo allo scoperto i propri sentimenti: la meschinità, la violenza, il dolore, la degradazione… la verità» (Desmund Tutu).
Proponiamo su questo tema alcune attività per fare una riflessione attiva con i ragazzi tratte dal libro Educamondo. Percorso di formazione alla pace, cittadinanza, giustizia e solidarietà, editrice AVE, 2005. Scorri il testo fino al titoletto Link1.

Pace è… giustizia nei rapporti nord/sud del mondo
La pace non è solo assenza di guerra ma opera di giustizia, si costruisce anche con la denuncia e la modifica dei meccanismi iniqui che condannano alla fame milioni di abitanti del pianeta. La denutrizione, la mancanza di assistenza sanitaria e d’istruzione, non sono il frutto della malasorte, ma il risultato di scelte economiche di sfruttamento di quei paesi definiti «poveri», condannati alla miseria proprio dalla loro ricchezza di materie prime.
Contribuire alla pace significa allora creare un nuovo ordine economico che ponga al centro la persona umana, i suoi bisogni e il suo sviluppo integrale, e non gli interessi economici e finanziari di una cerchia ristretta di persone.
Sono molte le attività possibili per far toccare con mano ai ragazzi i meccanismi di sfruttamento dell’economia globale. Il gioco più conosciuto è quello del «banchetto mondiale», scaricabile dal sito internet http://www.volint.it/scuolevis/fame/strumenti.htm, ma altre interessanti proposte didattiche sono rintracciabili sui libri: M. Morozzi, A. Valer, L’economia giocata. Giochi di simulazione per percorsi educativi verso una società sostenibile, EMI 2001; E. Del Vecchio, S-cambiando il mondo, Vannini 2003.

Pace è… convivialità delle differenze
«Ci attende un lungo e faticoso cammino: in questa nuova stagione dobbiamo, infatti, diventare competenti nella complessità, esperti della diversità, capaci di incontrare e di comunicare con uomini e donne che vengono da altre esperienze e percorrono altre strade che non sono le nostre. Dobbiamo esercitarci all’ascolto, all’accoglienza dell’altro e, quindi, a imparare ad accettare il mistero e l’enigma di chi non conosciamo, di chi appare come l’estraneo e non lo straniero» (Enzo Bianchi).
Nell’immaginario collettivo la parola «straniero» immediatamente rimanda a qualcuno di un altro paese. Non siamo generalmente portati a pensare e a riconoscere noi stessi come stranieri per gli altri. In un incontro di persone non accade mai che ci sia un solo straniero, ce ne sono sempre almeno due, uno di fronte all’altro.
Di fronte allo straniero la domanda «chi è l’altro?» si sdoppia subito nell’interrogativo «chi sono io?»: siamo così condotti alla consapevolezza che la «stranierità» è in noi e non fuori di noi.
Occorre assumere davvero questa condizione di stranierità, affinché diventiamo capaci di ospitalità e accoglienza nei confronti degli altri. Saperci e sentirci tutti «stranieri» ci aiuterebbe a cogliere l’altro nell’interezza e nella complessità della sua persona senza ridurlo alla «funzione» che occupa e ai problemi che la sua presenza comporta. Oggi la sfida per tutti noi è quella di sentirsi in comunione, di ascoltare e incontrare, di non escludere, di non essere arroganti e di non credersi autosufficienti. In questa sfida è grande la tentazione di considerare se stessi come «norma» e unica «verità» (testo liberamente tratto da Enzo Bianchi, Con quella faccia da straniero, in «La Stampa», 8 febbraio 2003).
Anche per questo tema proponiamo più avanti, sotto la voce Link2, alcune attività d’immedesimazione nell’altro.

Pace è… disarmo
«Si convincano gli uomini che la corsa agli armamenti, alla quale si rivolgono molte nazioni, non è una via sicura per conservare saldamente la pace, né il cosiddetto equilibrio che ne risulta può essere considerato pace vera e stabile. Le cause di guerra, anziché venire eliminate da tale corsa, minacciano piuttosto di aggravarsi gradatamente. E mentre si spendono enormi ricchezze per la preparazione di armi sempre nuove, diventa poi impossibile arrecare sufficiente rimedio alle miserie così grandi del mondo presente» (Costituzione Pastorale Gaudium et Spes, 81).
Il disarmo è uno dei pilastri della nonviolenza, è una faccia della pace. Non è il semplice «non uso» degli armamenti, ma la loro «non costruzione», «non commercializzazione», il loro «non acquisto».
Considerando i costi altissimi dell’industria delle armi e degli interventi militari non ci dobbiamo stupire se mancano le risorse per le politiche di pace (sociosanitarie, di cooperazione internazionale, di assistenza…).
I credenti e gli uomini e donne di buona volontà che hanno a cuore la pace non possono prescindere da un serio impegno per il disarmo.
Molti sono i siti cattolici che trattano di questi argomenti, molte le campagne che possono essere presentate ai giovani: paxchristi.it; casaperlapace.it; controlarms.it; banchearmate.it; beati.eu.

LINK1

SPINGI TU CHE SPINGO IO
Obiettivi: misurare le forze, conoscere il proprio corpo, cooperare, conoscere le proprie azioni.
Svolgimento
Il gruppo si divide in coppie e si dispone in maniera sparsa. Le due persone si mettono (in piedi) fondoschiena contro fondoschiena e cominciano a spingere senza perdere l’equilibrio. Non si tratta di sopraffare il partner, ma di sentire e conoscere i propri limiti di forza e quelli dell’altro.
Dopogioco
Alcune domande per la rielaborazione del gruppo:
Come mi sento?
Cosa ho notato facendo l’esercizio?
Mi comporto così in situazioni di difficoltà e di ostacolo?
Ho provato disagio?
Come ho avvertito la presenza dell’altro?

“RICONOSCERE”
Obiettivi: riflettere su cosa facciamo per conoscere la realtà; mettere in relazione il tema del conflitto con l’esperienza quotidiana.
Tempo previsto: dipende dalle dimensioni del gruppo; come indicazione generale ogni partecipante deve disporre di almeno 5/7 minuti per poter riconoscere il proprio compagno/a.
Materiali necessari: sedie e bende per almeno metà dei partecipanti; ci si può attrezzare anche per un sottofondo musicale, occorrono opportuni supporti a seconda dell’ambiente in cui ci si trova; se si vuole ‘camuffare’ il gruppo ci si può procurare nasi da pagliacci, sciarpe, cappelli e… fantasia.
Svolgimento
Il gruppo forma delle coppie A e B. Ognuno dovrà memorizzare i lineamenti fisici del proprio compagno/a (viso, mani, corporatura).
Vengono bendati prima gli A che dovranno riconoscere il proprio compagno/a, toccando i B uno per volta in silenzio e potendo usare solamente le mani. Le persone non bendate verranno disposte in cerchio e dovranno avere meno caratterizzazioni possibili (ad esempio, se una ragazza ha i capelli ricci e lunghi, dovrà legarli; chi porta gli occhiali dovrà toglierli). Quando tutti gli A bendati avranno finito di cercare il proprio compagno/a si invertiranno i ruoli, con i B bendati, che a loro volta dovranno cercare il proprio compagno/a. Se si vuole vivacizzare l’atmosfera si può scegliere una musica allegra di sottofondo e ‘camuffare’ i giocatori.
Dopogioco
Alcune domande per la rielaborazione del gruppo:
Cosa avete fatto per riconoscere il vostro compagno?
Con questa  domanda si vogliono far emergere le diverse strategie che ognuno utilizza per memorizzare le caratteristiche personali. È da far rilevare al gruppo che nella quotidianità forse si utilizzano le stesse strategie per riconoscere i conflitti quotidiani (ad esempio mi fisso solo su un particolare?, oppure guardo alla globalità?).
Cosa vi ha ostacolato/facilitato nel riconoscere il vostro compagno?
Qui potrebbero venir fuori tutte quelle difficoltà nate nel memorizzare i lineamenti del proprio compagno/a, oppure le difficoltà sorte dal ‘camuffamento’, e perciò dal disorientamento, e dall’imbarazzo provato nel riconoscere l’altra persona toccandola.
Avendo incontrato difficoltà, cosa avete fatto per risolverle?
Con questa domanda si potrebbe discutere su come ognuno di noi, in momenti di difficoltà, cerca di uscire dalla situazione di disagio e di risolverla.

TIRO ALLA FUNE
Obiettivi: Riflettere sulla responsabilità personale dei risultati ottenuti nella gestione di un problema/conflitto; riflettere sui rapporti tra concezioni, percezioni, emozioni e azioni e come tutto ciò passi nella comunicazione.
Tempo previsto: Dipende dal numero dei partecipanti.
Svolgimento
Si invita il gruppo a dividersi a metà formando due righe contrapposte, alla distanza di circa un metro, dichiarando che nello spazio tra le due righe passa una linea retta che demarca due diversi territori. L’animatore  premette che darà poche essenziali istruzioni, assolutamente sufficienti per svolgere il gioco, per cui sarà inutile chiedere ulteriori spiegazioni.
Il gioco è a coppie (non a squadre) e consiste, per ciascuno dei partecipanti, nell’argomentare vari temi per convincere la persona che sta di fronte a condividere la propria opinione e quindi venire dalla propria parte. Per realizzare questo obiettivo si può usare qualunque mezzo. Per i temi si possono inventare varie situazioni contrapposte: per es. da una parte chi è convinto dell’importanza dei prodotti equi e solidali e dall’altra parte, invece, chi non lo è; perché utilizzare sostanze dopanti e perché è meglio evitare…
Il tempo a disposizione, dopo il via, è di circa 5 minuti e il termine viene dato dall’animatore.
Dopogioco
Questo gioco, che ha una struttura molto semplice, è straordinariamente ricco di spunti e merita senz’altro un dopogioco accurato. Per chi non conosce il gioco si può subito dire che è possibile raggiungere l’obiettivo (far venire dalla propria parte) semplicemente scambiandosi di posto. La soluzione è tanto semplice quanto sorprendente. Il gioco è solo apparentemente competitivo e il fatto che venga visto e giocato in modo competitivo è uno degli elementi di riflessione più importanti.
Al termine dell’esperienza, si può proporre uno scambio libero all’interno delle coppie o direttamente in gruppo, sia per scaricare le emozioni, sia per far emergere gli elementi su cui poi lavorare più approfonditamente. In proposito, l’animatore potrebbe aiutare il gruppo a esplorare le seguenti aree:
• Esplorazione delle relazioni e dei risultati raggiunti
Cosa è accaduto? Il problema è stato risolto, l’obiettivo è stato raggiunto? Che risultati avete ottenuto alla fine? Che sentimenti restano alla fine (frustrazione, irritazione, indifferenza, giudizio negativo dell’altro e/o di sé)? Avete mantenuto la stessa posizione? L’avete cambiata?
• Rapporti tra concezioni, percezioni, emozioni, azioni e comunicazioni
Perché non sei passato dall’altra parte? Cosa te lo ha impedito? Forse c’erano idee (concezioni di partenza) di vincita/perdita, successo/fallimento? Forse hai pensato che non fosse ammesso o non fosse giusto passare dall’altra parte? Quali idee, opinioni, convinzioni hanno influenzato la tua comunicazione e l’interazione con l’altro? Che sentimenti provavi all’inizio del gioco? Che rapporto c’era tra quei sentimenti e quello che pensavi della situazione in cui ti trovavi? Che ruolo hanno giocato quei sentimenti rispetto al modo in cui hai comunicato, agito, reagito? Se a un certo punto c’è stato un cambiamento significativo nel tuo modo di vedere le cose, cosa lo ha provocato? Perché sei passato dall’altra parte? Cosa te lo ha permesso?
• Forse a un certo punto uno dei due ha proposto all’altro la soluzione cooperativa del problema
Cosa è accaduto allora? Forse dopo quella proposta alcune coppie sono riuscite a realizzare l’obiettivo in modo cooperativo, altre forse no, nonostante quella proposta: perché? (Qui si può evidenziare come la soluzione cooperativa dipenda dalla relazione, dove la parola chiave è fiducia, che le parti hanno costruito proprio attraverso il processo della comunicazione: la fiducia non è una cosa data, ma si costruisce attraverso la relazione).
• Responsabilità e comunicazione
Da chi dipende il risultato finale del gioco?
(Forse è accaduto questo: l’esistenza di sentimenti più o meno spiacevoli – senso d’impotenza, fastidio, irritazione, preoccupazione, ansia, scoraggiamento, frustrazione – si doveva al fatto che le cose erano viste in un certo modo – diciamo negativo. Quei sentimenti vi portavano ad agire e a comunicare in un certo modo – teso, irritato, sfiduciato … – il che aveva poi degli effetti: da una parte tendeva a confermare quel modo negativo di vedere le cose, e dell’altra generava o rafforzava nel partner la percezione negativa di noi e della situazione, alimentando così un circolo vizioso che ha prodotto certi risultati. Allora, che risposta date alla domanda iniziale?).
• La forza del contesto
Cosa ha contribuito a farvi vedere le cose in un certo modo (per esempio interpretare il gioco come competitivo, pensare che ci fossero vincenti e perdenti)? Per es. il modo in cui è stato presentato e strutturato il gioco dall’animatore (il nome ‘tiro alla fune’ non è casuale) forse ve lo ha fatto associare al gioco in cui due squadre si tirano tramite una corda, dunque a una sorta di partita in cui c’è chi vince e chi perde. Forse c’è una predisposizione a vedere le cose in quel modo?
Un aspetto di grande importanza che qui va rilevato è che il vero problema non sta nel vedere e interpretare il gioco come competitivo, dove è naturale e a volte inevitabile che vi siano vincitori e perdenti, ma nell’attribuire un ‘valore’ particolare (che è interamente soggettivo) al vincere e al perdere. Cosa associamo al vincere e al perdere? Perché vincere è così importante e ‘non’ perdere a volte lo è ancor di più? Come cambia il gioco se cambiano i valori (per es. se perdere non significa essere un fallito, non significa valere poco o niente, ecc.)?

LINK2

ATTIVITÀ: IMMIGRATI, PROBLEMA O RISORSA?
Obiettivi: Stimolare la riflessione dei singoli e il confronto in gruppo circa il tema delle migrazioni, a partire dal commento della seguente frase "L’immigrazione è un problema solo quando non ci si prepara a vivere con essa, altrimenti è una grande opportunità" (di don Luigi Liegro, già presidente di Caritas Roma), attraverso un gioco classico come "dove mi colloco?", dando la possibilità ai partecipanti di esercitarsi a sostenere la propria opinione, a confrontarla con quella di altri ed eventualmente a modificarla, per scoprire così quale idea sostenere riguardo a questo tema.
Svolgimento
I partecipanti all’attività dispongono le sedie su una fila. Proporre loro l’affermazione: "L’immigrazione è un problema solo quando non ci si prepara a convivere con essa, altrimenti è una grande opportunità"; il tema in questione ammette diverse considerazioni. Quelli che hanno un’opinione così inequivocabile e chiara si siederanno sulle ultime due sedie all’inizio e alla fine della fila, a indicare, rispettivamente, l’essere d’accordo o meno con l’affermazione. Le altre sedie interposte indicano, invece, le posizioni più miti. Le sedie centrali simboleggiano invece la posizione indecisa che bilancia le posizioni estreme. Ognuno si siederà sulla sedia che maggiormente corrisponde alla propria opinione sull’immigrazione. Attraverso la discussione tra i partecipanti, i singoli cercheranno di capire se sono seduti sulla sedia giusta corrispondente alla loro idea, rispettando la posizione occupata dagli altri e dunque le altre idee. Se qualcuno nota che desidererebbe occupare un posto diverso, avrà la possibilità cambiare sedia contrattando lo scambio con gli altri. È ammessa la mobilità nel gioco, ma pur sempre preceduta da un ampio confronto tra i partecipanti. Il confronto e le trattative proseguono fino a quando tutti saranno soddisfatti della loro posizione.
Un ruolo importante nel gioco è quello dell’animatore, che svolgerà la funzione di moderatore del dibattito e al contempo stimolerà la partecipazione attiva dei singoli invitandoli a motivare la loro posizione di fronte all’intero gruppo e sarà sempre pronto a rilanciare il tema della riflessione .Nel gioco può esser prevista la figura di colui che, d’accordo con l’animatore, si muoverà come provocatore, occupando posizioni anche estreme.
Dopogioco
Inizia un secondo momento di confronto con tutti, facendosi guidare da alcune domande:
Cosa è accaduto? Hai trovato la tua “posizione”? Che sentimenti restano alla fine (frustrazione, irritazione, indifferenza, giudizio negativo dell’altro e/o di sé)? Avete mantenuto la stessa posizione? L’avete cambiata? Il confronto con le altre persone come si è svolto? È facile confrontarsi con chi la pensa diversamente da voi? Hai avuto paura di essere costretto a cambiare opinione per assecondare qualche amico? Il confronto con persone che hanno una diversa opinione dalla tua ti ha aiutato a chiarire meglio il tuo pensiero, a prendere coscienza di quello in cui credi e dei valori a cui non rinunceresti mai?

GIOCO DELLE MILLE LINGUE: KARIBU
Obiettivi: questo gioco vuole far vivere ai ragazzi la difficoltà di comunicare quando si arriva in un paese nuovo.
Destinatari: ragazzi dai 14 anni in su.
N° partecipanti da 12 a 40.
Durata: circa 45 minuti.
Svolgimento
I ragazzi vengono divisi in 4 gruppi. A ciascun gruppo vengono date delle istruzioni che spiegano il ruolo che avranno nel gioco e come si può vincere.
Ecco i ruoli:
I PORTATORI DI QUADRATI
Hai voglia di scoprire altri paesi e approfondire le tue conoscenze intellettuali. Per questo decidi di partire e ti rechi nel paese delle millelingue. Devi riuscire a passare la dogana e devi scoprire il maggior numero di informazioni che riguardano la storia di questo paese. Insieme a te viaggiano anche il/la tuo/a fidanzato/a e una amico. Per ogni notizia scoperta riceverete 1 punto.
I PORTATORI DI TRIANGOLI ARANCIONI
Le prospettive di lavoro sono minime nel vostro paese. Avete sentito molte cose positive sul paese delle millelingue. Tentate anche voi di ottenere un visto d’ingresso e le informazioni necessarie per trovare un lavoro. Con voi viaggia anche la vostra famiglia (coniuge più 3 bambini). Al termine del gioco dovrete spiegare cosa occorre per avere il permesso, riceverete 1 punto per ogni informazione corretta .
I PORTATORI DI TRIANGOLI VERDI
La vostra situazione economica è disastrosa. Non sapete come sfamare la vostra famiglia. Molti dei vostri parenti o amici sono già riusciti ad entrare ad andare a lavorare nel paese delle millelingue. Cercate di passare la dogana e dovete riuscire a rintracciare la famiglia di vostro cugino. Sapete solo che si trovano nei pressi della capitale, chiedete in dogana le informazioni necessarie per raggiungere la città. Riceverete 1 punto per ogni tratto di viaggio “fatta correttamente”.
I PORTATORI DI CERCHI
Fin da piccoli ci siete dedicati allo sport. Attraverso la televisione avete scoperto che nel paese delle millelingue ci sono dei professionisti dello sport, per voi potrebbe essere l’occasione di vivere grazie alla vostra bravura. Cercate di passare la dogana del paese delle millelingue e trovate una società sportiva che vi iscriva nelle sue liste. Con voi viaggiano anche un vostri compagno di squadra. Per ogni informazione che riceverete utile al vostro successo avrete 1 punto.
Note per gli animatori
Controllate il contrassegno che hanno le persone e comportatevi secondo le istruzioni. Voi non dovete aiutarli e quindi fate finta di non capire nulla se vi parlano in italiano. Dopo 5 minuti che stanno parlando con voi fategli capire che c’è altra gente in fila e che quindi devono mettersi da parte e tornare dopo.
Quadrati: gruppi da 3 persone. L’animatore deve rispondere alle loro domande, ma solo se si sforzano di dire 2 parole per lo meno in inglese o nella lingua parlata dall’animatore. I portatori di quadrato devono scoprire notizie generali circa il paese (storia e attualità).
Triangoli arancioni: gruppi da 5 persone, vogliono lavorare nel vostro paese, l’animatore deve spiegare con molta gentilezza tutti i documenti che la legge richiede per avere il permesso di soggiorno nel vostro paese (vedi nota n°1), cercate di fare loro delle domande per vedere se hanno capito bene quello che occorre.
Triangoli verdi: una persona da sola che cerca un lontano cugino, vi chiederà le indicazioni per arrivare nella capitale, spiegate come arrivare con i mezzi pubblici, dove si fanno i biglietti, i costi e le regole di viaggio nel vostro paese. Esempio: dovete prendere l’autobus n° 54 che vi porta dall’aeroporto di Malpensa alla stazione, il biglietto lo potete fare alle macchinette self service fuori dall’aeroporto, attenzione che le macchinette non danno il resto. Una volta arrivati in stazione prendete il treno regionale per Milano porta garibaldi. Potete fare il biglietto in stazione o alle biglietterie automatiche, ma ricordatevi di obliterarlo prima di salire in carrozza. Da Milano porta garibaldi prendete la metropolitana per Milano centrale (linea verde). A Milano centrale fate il biglietto per Roma, potrete viaggiare con la freccia rossa, ci mette solo 3 ore e 30 ma costa 90 euro, oppure potete prendere un intercity che ci mette 6 ore e 30 minuti ma costa solo 46 euro.
Cerchi: squadra da 2 persone, sono degli sportivi, vogliono trovare una squadra di calcio (o altro sport, chiedete loro cosa preferiscono) che permetta loro di guadagnarsi da vivere giocando. Date loro consigli su dove potrebbero andare (in quale città, in che serie gioca la squadra, come raggiungere la città….)
NOTA N°1
Ecco cosa dovete spiegare ai migranti: non dovete richiedere i documenti, dovete solo spigare con molta gentilezza ciò che occorre loro.
Chi arriva in Italia per la prima volta ha 8 giorni di tempo per chiedere il permesso di soggiorno.
Per ottenere il rilascio del permesso di soggiorno è necessario presentare:
• il modulo di richiesta;
• il passaporto, o equivalente, in corso di validità con il relativo visto di ingresso, se richiesto; il Visto, necessario per il permesso di soggiorno, è rilasciato dalle ambasciate e dai consolati italiani nello stato di origine o della stabile residenza dello straniero. Non è possibile il rilascio del visto (né la proroga) allo straniero che già si trovi in Italia;
• una fotocopia del documento stesso;
• 4 foto formato tessera, identiche e recenti;
• un contrassegno telematico da € 14,62;
• la documentazione necessaria al tipo di permesso di soggiorno richiesto;
• il versamento di un contributo compreso tra € 80 e € 200. Le modalità di pagamento saranno stabilite con decreto del Ministero delle Finanze di concerto con il Ministero dell’Interno;
La validità del permesso di soggiorno è la stessa del visto d’ingresso:
• fino a sei mesi per lavoro stagionale e fino a nove mesi per lavoro stagionale nei settori che richiedono tale estensione;
• fino ad un anno, per la frequenza di un corso per studio o formazione professionale ovviamente documentato;
• fino a due anni per lavoro autonomo, per lavoro subordinato a tempo indeterminato e per ricongiungimenti familiari.
Gli stranieri che vengono in Italia per visite, affari, turismo e studio per periodi non superiori ai tre mesi, non devono chiedere il permesso di soggiorno, ma devono
• dimostrare di avere mezzi finanziari per il loro sostentamento e di avere a disposizione la somma necessaria al rimpatrio, eventualmente dimostrabile con l’esibizione del biglietto di ritorno.
Da 1 a 5 giorni          270 euro in tot.
Da 6 a 10 giorni        45 euro al giorno
Da 11 a 20 giorni      51 euro al giorno
Oltre i 20 giorni        206 euro + 28 euro al giorno
Dall’8 agosto 2009 è introdotto il reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato italiano (l.94 del 15/7/2009). Pertanto, chi entra o soggiorna in maniera irregolare in Italia commette il reato di immigrazione clandestina, punito con un’ammenda da 5.000 a 10.000 euro. I cittadini stranieri che entrano o soggiornano in Italia illegalmente sono sottoposti a processo davanti al giudice di pace con espulsione per direttissima.
Dopogioco
Alcuni consigli e domande da fare:
• Come vi siete sentiti?
• Quali difficoltà avete incontrato?
• Le persone alla “frontiera” erano gentili con voi?
• Qual è la cosa che vi ha dato più fastidio?
• Avete trovato qualcuno che vi ha aiutato?
• Siete riusciti ad ottenere le informazioni richieste?
• Quante lingue conoscete?
• Secondo voi gli stranieri che vengono da noi quante lingue conoscono?
• Pensate che l’italiano sia una lingua molto parlata nel mondo?

GIOCO DEL BAFA BAFA
Come vivi l’incontro con chi è diverso da te? Nel Bafa – Bafa ognuno mette in gioco la propria capacità di adattamento in situazioni particolari. Nel contatto con l’altro “diverso” ci si trova a dover fare i conti con il disagio e la difficoltà nel capirsi, che, se pur fisiologici, sono spesso frutto di pregiudizi e stereotipi tramandati dalla nostra società. Invece comportamenti che molte volte ci sembrano strani, hanno un significato se inseriti in un preciso contesto culturale. Accogliere l’altro significa iniziare quel cammino, prima di tutto interiore, di apertura e di abbassamento delle difese che trincerano i rapporti con gli altri, iniziare quel cammino che a volte va contro gli atteggiamenti della cultura dominante.
Obiettivi
Sapere:
• Difficoltà e interesse nel penetrare una cultura diversa
• In ogni cultura ci sono aspetti positivi e negativi, nessuna cultura è perfetta
• Osservare come i sentimenti cambiano da una persona all’altra
• Superare i pregiudizi e gli stereotipi sociali
Saper fare:
• Superare le proprie credenze per incontrare l’altro
• Affrontare lo scambio come arricchimento
Saper essere:
• Riflettere su come ci si confronta con gli altri
Partecipanti: da 18 a 24, divisi in 2 gruppi.
Età: 10 ÷ 14 anni e oltre.
Tempo: Il gioco richiede circa 1 ora e altrettanto per la verifica successiva.
Il gioco
I partecipanti vengono divisi in due gruppi, che rappresentano due comunità con due culture diverse, ciascuna con regole di comportamento e ruoli ben definiti. I due gruppi sono disposti in stanze separate e, dopo aver imparato le proprie regole di condotta, iniziano la propria vita comunitaria. Ciascun giocatore ha la possibilità di andare nell’altra società per cercare di conoscerne le regole. Alla fine delle visite ciascun gruppo si riunisce per mettere in comune le proprie osservazioni. Nella fase finale, in plenaria, i relatori nominati dalle due comunità riferiscono cosa hanno capito dell’altra cultura e come hanno visto i visitatori.
Svolgimento
Dopo essersi divisi, i due gruppi, seguiti da due animatori, imparano le proprie regole di condotta. La vita delle due comunità è fatta di scambi, nei quali devono essere rispettate le norme di comportamento che ogni giocatore ha preso in consegna. A turno, e possibilmente a coppie, i giocatori fanno visita all’altra società per circa 5 minuti, cercando di interagire con la popolazione locale e capire quali sono le sue regole di comportamento. Alla fine dei turni di visita si termina l’attività e si inizia la discussione: prima a gruppi separati e poi a gruppi uniti.

di Chiara Vigano’

The following two tabs change content below.

Chiara Vigano

Ultimi post di Chiara Vigano (vedi tutti)

Be the first to comment

Leave a Reply

L'indirizzo email non sarà pubblicato.