Slow page dei Missionari della consolata

Fatima 100. Giovani in cammino

Meeting giovanile della Consolata a Fatima per i 100 anni delle apparizioni.

Foto di gruppo a Batalha.

Cinquanta giovani europei legati ai missionari della Consolata, si sono incontrati in Portogallo per i 100 anni delle apparizioni di Fatima, e per incontrare i molti volti di Cristo sulla via della missione.

In occasione del centenario delle apparizioni della Madonna, noi giovani della Consolata (da Portogallo, Spagna, Polonia e Italia) ci siamo incontrati a Fatima per vivere un’esperienza nuova, emozionante e formativa nella condivisione spirituale per sentirci tutti figli dell’unica madre Maria.
Questo cammino di condivisione fra paesi e culture diverse ha avuto luogo fra il 23 luglio, giorno del ritrovo nella parrocchia di Cacém, e il 30 luglio, data di congedo fra i vari gruppi.
I luoghi importanti, diventati in seguito dei capisaldi da cui fare partire il racconto della nostra esperienza sono stati due: Fatima, paese in cui cento anni fa la Vergine apparve ai tre pastorelli (Jacinta, Francisco e Lucia) e Lisbona.

Il programma

Accolti il 23 luglio da padre Ermanno Savarino nel seminario della Consolata di Cacém, siamo subito partiti per Monsanto-Alcanena, luogo dal quale, il giorno seguente, abbiamo intrapreso il cammino di 27 km a piedi verso Fatima. Il soggiorno nel paese delle apparizioni è durato solo due giorni. Il mercoledì 26 mattina ci siamo spostati a Batalha, per una visita al monastero edificato lì nel 1386, e a Nazaré, dove il gruppo polacco ha animato l’Eucaristia. Dopo un pomeriggio di svago nella vicina spiaggia siamo rientrati a Cacém. L’indomani ci siamo mossi alla volta di Zambujal, quartiere periferico di Lisbona: qui abbiamo svolto per due giorni attività di volontariato presso una casa di riposo. Il sabato è stato dedicato interamente alla visita della capitale e della statua di Cristo Rei. Infine la domenica è stato purtroppo il giorno degli addii.

Il gruppo
Foto di gruppo a Fatima.

Dalla «lontana» Polonia, quindici giovani guidati da padre Juan Carlos, argentino, oggi responsabile dell’Animazione Missionaria in Polonia. Dalla Spagna, cinque ragazzi accompagnati da padre Edwin Osaleh, kenyano, responsabile dell’Am in Spagna. Il gruppo italiano era a sua volta un incontro di gruppi: cinque ragazzi di Torino accompagnati da padre Nicholas Muthoka, kenyano, responsabile della pastorale giovanile in Italia e viceparroco di Maria Speranza nostra a Torino; due ragazzi di Bevera guidati da padre Nicholas Odhiambo Omondi, anche lui kenyano e animatore; otto da Nervesa della Battaglia seguiti da due animatori laici: Andrea e Cristina. L’ultimo gruppo, formato da diciotto portoghesi, giocava in casa: il loro accompagnatore era padre Geoffrey Menya, kenyano e responsabile della pastorale giovanile. Artefice di questa iniziativa e responsabile dell’intera esperienza era padre Simão Pedro. Ad aiutarlo nel suo compito, oltre agli accompagnatori dei vari gruppi, c’erano diversi seminaristi della Consolata: John Nkinga, Mathew Mwakapise, Bernard Obiero e Felix Felo, provenienti dall’Italia, e altri dal Portogallo come Francis Murimi Wa Wanjikũ, Rafael Adilson e Tony Malila, futuro sacerdote. In aggiunta c’erano padre João Batista Amâncio, missionario brasiliano e suor Anistalda di origine portoghese.

Fatima

L’esperienza di Fatima è stata per noi l’inizio di tutto, la miccia che ha acceso i nostri cuori. Lì abbiamo capito come siamo veramente tutti fratelli, nonostante la differenza di lingua, provenienza e cultura.
Due segni particolari ci hanno colpito a Fatima: accendere le candele passandoci la fiamma l’uno con l’altro così che la luce potesse passare da un cuore all’altro, è stato il primo. Donarci agli altri non significa perdere noi stessi. La recita del santo Rosario è stato il secondo: tutti sentivamo un forte vento sopra di noi che, congiunto al calore delle fiaccole, ci dava una sensazione nuova, di pace e comunione. Sembrava che lo Spirito di Dio ci legasse tra noi.
Un altro momento in cui Maria ci ha «consegnato» il mandato missionario «ad gentes» è stata la messa nella cappella delle apparizioni: durante la celebrazione, guardando il volto della Vergine, abbiamo udito la sua voce dolce e premurosa. Il suo cuore misericordioso è un posto accogliente in cui trovare riparo dal male, ma anche un luogo dove trovare la fonte del vero amore che è Gesù.
Carichi dell’amore ricevuto, siamo partiti l’indomani per Lisbona, e per la vera missione di ogni cristiano: annunciare Gesù e riconoscerLo sul volto di ogni persona che incontriamo.

Lisbona
Cristo Rei.

Memori dell’incontro di Fatima, per due giorni abbiamo fatto attività di volontariato con gli anziani. Riconoscere Gesù nel volto di chi soffre non è cosa di tutti i giorni, condividere le loro emozioni ha lasciato in noi un segno profondo. Osservare questi anziani che avevano bisogno di essere guidati, di sentirsi protetti come dei bambini, ci ha ricordato il passo del Vangelo in cui Gesù dice: «Chi accoglie uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me» (Mt 18,5). Vedere la volontà, la fiducia e la semplicità di queste persone nell’abbandonarsi nelle braccia di sconosciuti ci ha fatto capire come anche noi abbiamo bisogno di essere guidati e protetti nel cammino della vita e quindi di affidarci alla Madonna, vera ed unica guida verso Gesù.
Abbiamo trovato il volto di Cristo anche nel sobborgo di Zambujal, quartiere dove la vita dei giovani non è affatto tranquilla. Una volta arrivati, eravamo intimoriti: ci sembrava che Gesù non fosse presente in quei luoghi. E invece, vedere le persone che venivano alla messa ci ha fatto subito cambiare prospettiva. È proprio vero che «dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro» (Mt 18,20). Dopo la celebrazione, nel rivedere gli stessi volti intravisti poco prima, Lo abbiamo riconosciuto: il Signore risorto. Non esiste angolo sulla terra, persino un piccolo granello di sabbia, in cui non esista la presenza di Dio.

Congedo

Da questa esperienza usciamo vittoriosi, consapevoli di poter diventare portatori del Suo amore, strumenti di pace e testimoni della Verità per le persone che incontriamo.
Alla fine è venuto il momento dell’addio per portare nei nostri paesi, nelle nostre case, nelle nostre famiglie e nel nostro vivere quotidiano i germogli dell’amore e della condivisione fraterna che Maria ci ha insegnato a coltivare.

di Matteo Redaelli, Cam Bevera

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Matteo Redaelli

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