Slow page dei Missionari della consolata

Benedictus 2. Quello che Dio ha fatto

Luce per illuminare le genti


La prima parte del Benedictus è un inno alle grandi opere che il Signore ha compiuto nella storia.
L’alleanza con Abramo e la sua discendenza ha portato frutti di salvezza che ora vengono portati a compimento con Gesù.

Dopo i primi due versetti 68 e 69 di cui abbiamo scritto nella puntata precedente, il Benedictus (Lc 1,68-79) continua parlando della speranza della salvezza: «Come aveva parlato per bocca dei santi profeti di un tempo: / salvezza dai nostri nemici e dalle mani di tutti quelli che ci odiano» (cfr. vv 70-71).
Con queste parole Zaccaria testimonia il fatto che quanto era stato «parlato» dai profeti, si è finalmente realizzato. Il corno (simbolo di forza) della salvezza, che era stato profetizzato, trova la sua realizzazione.

Per bocca dei profeti

L’espressione «per bocca dei profeti» ricorre anche nella prima lettera di Pietro: «Carissimi, vi scrivo […] affinché teniate a mente le parole già dette dai santi profeti, e il precetto del Signore e salvatore, trasmessovi dagli apostoli» (3,1-2).
Questo dimostra che esiste una vera sintonia tra l’Antico e il Nuovo Testamento. I profeti di un tempo, assicura Pietro, sono «lampada che brilla in un luogo oscuro, finché non spunti il giorno e la stella del mattino si levi nei vostri cuori» (2Pt 1,19). «Stella» e «mattino» sono splendide metafore per il Messia.
Il compimento di quanto annunciato dai profeti di un tempo si concretizza «nella salvezza dai nostri nemici e da quanti ci odiano». Parole simili a queste di Luca si trovano nel Salmo 106,10: il Signore «li salvò dalla mano di quanti li odiavano, li riscattò dalla mano del nemico» (si veda anche il Sal 18,18 e 1Sam 10,1).
La dimensione dell’opera del Messia non è limitata da nessun confine geografico: egli, in quanto servo di Yahweh, porterà la salvezza fino ai confini della terra (cfr. Is 49,6) allo scopo di offrire ai nemici del popolo di Dio l’opportunità di convertirsi e, quindi, di partecipare alle benedizioni del Dio di Abramo.

Misericordia e alleanza

Il cantico continua nei vv. 72-75 con un appello alla misericordia di Dio e al servizio da realizzare in santità e giustizia: «Così egli ha concesso misericordia ai nostri padri / e si è ricordato della sua santa alleanza, / del giuramento fatto ad Abramo, nostro padre, / di concederci, liberati dalle mani dei nemici, / di servirlo senza timore, in santità e giustizia / al suo cospetto, per tutti i nostri giorni».
L’accento è posto sull’alleanza che Dio ha ratificato con Abramo e la sua discendenza, e anche sulla misericordia che Dio ha mostrato ai padri antichi.
Qui Dio mostra la grandezza della sua misericordia inviando il Messia, il quale, con la sua venuta, estende l’amore e la benevolenza di Dio.
La prima azione del Messia che viene è rivolta al passato. I tratti di infedeltà, di incoerenza, di deviazione delle generazioni passate vengono totalmente assorbiti dalla misericordia realizzata con la venuta del Messia.
Questi, inviato dal Padre, ricapitola tutto il passato, ne guarisce le ferite, ne elimina le trasgressioni e a tutti offre i benefici della salvezza.
L’Israele dell’antica alleanza potrà, qualora riconosca il Messia in Gesù, godere dell’amorosa misericordia di Dio.
Già il profeta Michea aveva annunciato: «Conserverai a Giacobbe la tua fedeltà, / ad Abramo il tuo amore, / come hai giurato ai nostri padri / fin dai tempi antichi» (7,20).
Con le sue parole Zaccaria attualizza questa profezia affermando con decisione che Dio offre la sua misericordia, la grazia della salvezza, direttamente ai padri, che ora, in qualche modo, possono tornare a vivere.
Dio non dimentica e fa visita al suo popolo attraverso il «memoriale» della sua alleanza giurata ad Abramo, Isacco e Giacobbe, di quella alleanza giurata agli stessi padri dell’Esodo.
In questo caso Luca sembra fare riferimento a un’espressione che si legge in Es 2,24: «Quando Dio vide il suo popolo gemere sotto il giogo della schiavitù in Egitto, allora si ricordò della sua alleanza con Abramo e Giacobbe» (si veda anche Lev 26,42; Sal 105,8-9; 111,5).
Il Salmo 105,45, recita: il Signore «si ricordò della sua alleanza, / e si mosse a pietà / per la grandezza della sua misericordia».
Con questo memoriale dell’alleanza, il Signore mostra la sua fedeltà alla sua parola, e anche quanto magnanima sia la sua misericordia.
Il benefico effetto dell’invio del Messia è che noi «liberati dalle mani dei nemici / lo serviamo in santità e giustizia / per tutti i nostri giorni» (vv. 74-75).

Liberi

Il cantico delinea in questi versetti la traiettoria che i credenti liberi dai loro nemici devono seguire. Da persone libere, essi possono elevare a Dio un inno di lode e di ringraziamento. La loro vita diventa, in questa maniera, un’offerta a Dio gradita, come Paolo scrive nella sua lettera ai Romani: «Vi esorto, fratelli, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio, è questo il vostro corpo spirituale» (12,1).
Ne consegue che la liberazione dai nemici di cui si parla nel cantico non consiste in una liberazione politica, economica e sociale, ma in una liberazione di ordine spirituale. Una volta che si è ottenuta questa definitiva liberazione, ci si trova nella situazione ideale per elevare a Dio un culto senza timore, celebrato nella santità e nella giustizia lungo il fluire della nostra vita.
Tale culto abbraccerà tutte le dimensioni della nostra vita ed esprimerà la totale obbedienza al Dio vero che non sarà confuso con gli idoli.
L’espressione «in santità e giustizia» richiama da vicino l’esortazione che Giosuè rivolse alle tribù di Israele appena entrate nella terra promessa dopo la lunga esperienza del deserto. Egli dice testualmente: «Temete il Signore e servitelo in rettitudine e giustizia; eliminate gli dei che i vostri padri servirono oltre il fiume e in Egitto e servite il Signore […]. Allora il popolo rispose: “Lungi da noi abbandonare il Signore per servire altri dei”» (Gs 24,14-15).
Un vero culto, dunque, impone una presa di posizione netta e una distanza da quanto ha sapore di idolatria.
Un simile culto, come suggerisce l’evangelista Giovanni, deve essere fatto «in spirito e verità», e quindi non potrà essere realizzato né in Gerusalemme né sul monte Garizim (cfr. Gv 4,24), ma dovrà assumere una dimensione cosmica per il semplice motivo che in ogni angolo del globo ci sono credenti pronti a una oblazione totale al Dio di Gesù Cristo.

Fiducia in Lui

Il Signore Gesù esorta i suoi discepoli ad aver fiducia in lui e a non farsi sopraffare dalle tribolazioni che incontreranno sul loro cammino perché, dice, «io ho vinto il mondo» (Gv 16,33). Nella sua accezione negativa, «mondo» si riferisce a tutte le tentazioni che possono allontanarci dal «suo cospetto», inclusi gli idoli attuali e diverse idee del pensiero moderno.
In questa grande confusione nella quale possiamo perdere la giusta direzione della vita eterna, Cristo continua a essere per noi la verità e l’energia che ci spingono verso il Padre.
Con i versetti 74-75 si conclude la prima parte del Benedictus che ci ha tratteggiato a grandi linee quanto il Signore Dio ha fatto nel passato in preparazione al grande evento della venuta del Messia quale sole che sorge dall’alto e luce per illuminare le genti.

di Antonio Magnante

Leggi, scarica, stampa da MC luglio 2023 sfogliabile

The following two tabs change content below.

Antonio Magnante

Ultimi post di Antonio Magnante (vedi tutti)