Ecco il secondo di tre schemi d’incontro per animare gruppi giovanili a partire dall’esortazione apostolica di papa Francesco, «Christus vivit».
Tema: la vocazione alla missione.
Obiettivo: partendo dal capitolo 8 della Christus vivit, stimolare la riflessione dei giovani sulla vocazione di ciascuno e su come riconoscerla nella propria vita.
Durata dell’incontro: 2h circa.
Destinatari: dai 17 anni in su.
Materiale: pc, proiettore, carta, penne, post it.
L’incontro inizia con la lettura del brano di Giovanni 21,1-19. L’animatore mette in evidenza il dialogo tra Gesù risorto e Pietro. Il legame d’amicizia tra i due è fondamentale. Gesù, infatti, chiede a Simone se gli vuole bene, se è suo amico.
Come è successo a Pietro, la prima chiamata che i giovani ricevono da Gesù è proprio quella all’amicizia con Lui.
Dopo queste brevi riflessioni introduttive, l’animatore chiede ai ragazzi che cos’è la vocazione. Ciascun ragazzo lo scrive su un post-it e poi lo condivide con gli altri. In alternativa, l’animatore può usare mentimeter (www.menti.com), uno strumento online per raccogliere le parole chiave e visualizzarle in tempo reale.
Dopo la condivisione delle risposte, l’animatore proietta il video di don Ravagnani, Come trovare la propria vocazione?
1. L’amicizia con Lui
La Christus vivit e, in modo particolare, il capitolo 8, offre spunti importanti per interrogare i giovani sulla vocazione e su come riconoscerla e risponderle.
La vocazione è innanzitutto una chiamata alla vita, all’amicizia con Gesù, alla santità, al dono di sé (tramite il matrimonio, la vita professionale, la consacrazione o il sacerdozio, ecc.). Accogliere questa chiamata significa intraprendere un cammino con il Signore che ha un progetto unico e stupendo per ciascuno.
Se la prima chiamata è quella alla vita che ci è donata gratuitamente, la seconda è quella a donarla a nostra volta ad altri, alla bellezza di essere dono.
Poi sta a ciascuno, piano piano, di trovare lo stile di vita adatto per raggiungere la felicità nella vita e metterla a frutto.
Storie dalla missione.
Maria è una giovane peruviana di 25 anni. Ha studiato educazione primaria all’università e lavora come maestra. Ha una storia molto difficile alle spalle, di grande precarietà ma ricca di speranza. Fin da piccola ha vissuto insieme alla mamma Gertrude a Villa Maria del Triunf, periferia molto povera di Lima.
La mamma è originaria delle Ande. Maria è frutto di una relazione con un uomo che poi l’ha abbandonata. Sola e giovanissima, Gertrude si è trasferita a Lima in cerca di lavoro, e da quel momento ha sempre fatto la domestica presso famiglie ricche portando con sé la bambina piccola: un lavoro molto duro.
A un certo punto si è ritrovata a fare due lavori e ad arrotondare lo stipendio riciclando immondizia da rivendere. Riusciva a stento a garantire un pasto al giorno alla bambina e per sé.
Poco a poco è riuscita a far costruire una casetta: una baracca di legno, sulla punta di una collinetta di sabbia, in una zona pericolosa per la delinquenza.
Gertrude non si è mai arresa e ha sempre lottato, anche grazie alla fede solida che l’accompagna. Grazie a lei, Maria è riuscita a studiare ciò che le piace, con successo e ottimi voti. La fede semplice della madre appartiene anche a Maria, che sente un ardore missionario molto grande nel cuore.
Del poco tempo libero che ha, Maria ne dedica sempre una buona parte agli altri. Fa volontariato verso i più poveri e mostra sempre attenzione per tutti anche solo con un sorriso, un gesto, un «chiedere scusa».
Almeno una volta all’anno, durante le vacanze, assieme ad altri giovani, raggiunge altre zone del Perù per condividere la «bella notizia» dell’Amore di Dio di cui è innamorata.
Come si legge nella Christus vivit al numero 252, «la vita che Gesù ci dona è una storia d’amore, una storia di vita che desidera mescolarsi con la nostra e mettere radici nella terra di ognuno. […] La salvezza che Dio ci dona è un invito a far parte di una storia d’amore che si intreccia con le nostre storie; che vive e vuole nascere tra noi perché possiamo dare frutto lì dove siamo, come siamo e con chi siamo. Lì viene il Signore a piantare e a piantarsi».
2. Essere per gli altri
Di fronte alla molteplicità delle scelte vocazionali possibili, l’importante è avere la certezza che c’è un posto per tutti: «Io sono una missione su questa terra, e per questo mi trovo in questo mondo» (CV 254).
Christus vivit, al n. 257 dice: «Per realizzare la propria vocazione è necessario sviluppare, far germogliare e coltivare tutto ciò che si è. […] La tua vocazione ti orienta a tirare fuori il meglio di te stesso per la gloria di Dio e per il bene degli altri. Non si tratta solo di fare delle cose, ma di farle con un significato, con un orientamento».
L’animatore presenta come sintesi e culmine dell’amicizia con Gesù la chiamata alla santità, che è rivolta a ciascuno e che si fa concreta nel quotidiano.
Si può parlare dell’esperienza del beato Carlo Acutis, un adolescente, morto a 15 anni, che ha vissuto da «santo». L’animatore mostra il video: «La storia di Carlo Acutis».
Al numero 258 della Christus vivit si legge che «l’essere per gli altri», nella vita di ogni giovane, è normalmente legato a due questioni fondamentali della sua vita: la formazione di una nuova famiglia e il lavoro.
I diversi sondaggi effettuati tra i giovani confermano ancora una volta che questi sono i due grandi temi per cui nutrono desideri e preoccupazioni.
3. L’amore e la famiglia
«I giovani sentono fortemente la chiamata all’amore e sognano di incontrare la persona giusta con cui formare una famiglia e costruire una vita insieme. Senza dubbio è una vocazione che Dio stesso propone attraverso i sentimenti, i desideri, i sogni» (CV 259). L’animatore presenta la video testimonianza di Massimiliano e Noemi: «Vocazione: rendere felice l’altro».
4. Il lavoro
«I vescovi degli Stati Uniti d’America hanno rilevato con chiarezza che la gioventù, una volta raggiunta la maggiore età, segna spesso l’ingresso di una persona nel mondo del lavoro. […] Il lavoro è una parte molto importante della loro vita. […] I giovani, uomini e donne, parlano del lavoro come adempimento di una funzione e come qualcosa che fornisce un significato. Permette ai giovani adulti di soddisfare le loro necessità pratiche, nonché – cosa ancora più importante – di cercare il senso e la realizzazione dei loro sogni e delle loro visioni. Anche se il lavoro potrebbe non aiutarli a realizzare i loro sogni, è importante per i giovani-adulti coltivare una visione, imparare a lavorare in un modo veramente personale e soddisfacente per la loro vita, e continuare a discernere la chiamata di Dio» (CV 268).
«Quando uno scopre che Dio lo chiama a qualcosa, che è fatto per questo – può essere l’infermieristica, la falegnameria, la comunicazione, l’ingegneria, l’insegnamento, l’arte o qualsiasi altro lavoro – allora sarà capace di far sbocciare le sue migliori capacità di sacrificio, generosità e dedizione. Sapere che non si fanno le cose tanto per farle, ma con un significato, come risposta a una chiamata che risuona nel più profondo del proprio essere per dare qualcosa agli altri, fa sì che queste attività offrano al proprio cuore un’esperienza speciale di pienezza» (CV 273).
L’animatore presenta la storia di Zuri, giovane insegnante peruviana tramite il video «Vocazione: fare ciò che ti rende felice».
5. Consacrazione
«Se partiamo dalla convinzione che lo Spirito continua a suscitare vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa, possiamo “gettare di nuovo le reti” nel nome del Signore, con piena fiducia. Possiamo – e dobbiamo – avere il coraggio di dire ad ogni giovane di interrogarsi sulla possibilità di seguire questa strada» (CV 274).
C’è un’altra chiamata speciale, oltre al matrimonio e alla vita professionale. È la consacrazione nella castità alla vita religiosa, o al sacerdozio, a favore della missione.
La si può vivere con tanti colori e sfumature, l’importante è mettersi in ascolto con la certezza che sempre il Signore vuole per noi una vita bella, felice e piena. L’animatore presenta l’esperienza di Sonia, giovane messicana missionaria consacrata: «Come posso essere felice?».
Conclusione
L’animatore propone una dinamica di condivisione a gruppetti di 3 o 4 ragazzi nei quali ciascuno dice che cosa l’ha colpito di più, se ha dubbi o domande su quanto ascoltato nelle testimonianze, con quale esperienza si è identificato di più, ecc. Favorisce poi la condivisione in plenaria della sintesi dei gruppetti in modo creativo (ad esempio con un canto, un piccolo sketch, una danza, ecc).
Successivamente lascia ai giovani un tempo personale e alcune domande per interiorizzare e fare propri gli spunti condivisi (con una musica di sottofondo, tempo di preghiera personale):
- Ti sei mai fermato a guardare la tua vita come se la vedessi da fuori?
- Prenditi del tempo e guarda la tua vita: ciò che ti circonda, la tua famiglia, gli amici, ciò che fai e che sei. Ti senti felice?
- Per che cosa desideri spendere la tua vita? Da quali spunti ti sei sentito più provocato?
- Quali sono i tuoi sogni? C’è spazio anche per gli altri nei tuoi sogni, nei tuoi orizzonti?
L’animatore invita i partecipanti a conservare le domande per riprenderle più avanti, nei prossimi giorni e pregarci su.
Invita i giovani anche a parlarne con qualcuno, a scegliere un accompagnatore personale che cammini al loro fianco.
L’incontro può terminare con il canto: «Chiamati per nome» dei Gen Verde.
di Elena Salvagnin (Comunità missionaria di Villaregia)
Leggi, scarica, stampa da MC luglio 2022 sfogliabile (dal 16 luglio).
Elena Salvagnin
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