Nel deserto, verso la Terra promessa, Dio si fa presente nella nube e nella tenda. A Gerusalemme la nube dice la presenza del Signore nel suo Tempio. A Nazareth la nube ombra copre Maria. La nuova Dimora, presenza vicina di Dio.
La grandezza di Maria si misura nella sua relazione intima con il figlio. Il suo stesso ruolo nell’economia della salvezza va visto di necessità in relazione a Cristo.
La sua figura giganteggia dal momento in cui si capisce la grandezza, la personalità e la funzione del figlio.
Nella teologia del Vangelo di Giovanni, deve essere sottolineata una dimensione discendente del Verbo verso l’umanità. Prima egli viene nel modo (Gv 1,9), successivamente arriva tra i suoi (Gv 1,11), e infine si attenda in mezzo a noi (Gv 1,14).
In questo atto di attendarsi, di sistemare la tenda in mezzo all’umanità, emerge un simbolismo che può in qualche modo collegarsi a Maria, come scopriremo.
Una tenda accessibile
Le tende erano l’ambiente vitale per le tribù di Israele durante il lungo cammino nel «deserto grande e terribile» (Dt 8,15) verso la Terra promessa. Esse erano scortate dal Signore di giorno con una colonna di nube e di notte con una colonna di fuoco (Es 13,21). Quando Israele decideva di fare delle soste prolungate, allora erigevano le loro tende. Nella persona di Mosè, Dio stesso si rendeva presente per sostenere Israele, «suo figlio primogenito» (cf. Es 4,22) che doveva essere spesso rincuorato e incoraggiato a continuare il cammino. È durante l’esperienza di Israele nel deserto che nasce la decisione di Dio di stabilirsi in una tenda per rendersi presente al suo popolo in modo costante e non saltuario. Per questo egli dice a Mosè: «Ordina agli israeliti di costruirmi un santuario e io abiterò in mezzo a loro. Seguirete ogni cosa secondo quanto ti mostrerò, secondo il modello della Dimora e il modello di tutti i suoi arredi» (Es 25,8-9).
Il Signore decide di piazzare la sua dimora in mezzo al suo popolo, non solo per essergli più vicino, ma soprattutto per dargli la possibilità di consultarlo quando ne abbia bisogno.
La Dimora del Signore nel deserto è il luogo dell’incontro di tutte le tribù, il luogo dove ognuno può recarsi per impetrare grazie dalla divinità, il luogo dell’espiazione delle colpe, il luogo, infine, della riconciliazione.
Dio decide di eliminare la distanza infinita che lo separava dal suo popolo, per diventare un Dio «a portata di mano».
La Dimora quindi è vista come il luogo dell’abitazione della divinità. I cieli si sono aperti: Dio si fa vicino, si rende accessibile.
La nube e la fiamma
L’immagine della tenda per indicare la presenza di Dio tra il popolo è adottata anche da alcuni profeti. In occasione della restaurazione di Israele come nazione, il profeta dice: «Voi conoscerete che io sono il Signore, vostro Dio, che si attenderà in Sion» (Gioele 2,10). Al termine dell’esilio babilonese, il ritorno di Dio tra il popolo è descritto come segue: «Canta e rallegrati, figlia di Sion, io verrò e metterò la tenda in mezzo a voi» (Zac 2,10). A sua volta il profeta Ezechiele descrive il Tempio come il luogo ideale di abitazione di Dio: «Il mio nome abiterà nella casa di Israele per sempre» (43,7).
Va anche notato che nell’Antico Testamento, Dio rende presente la sua Gloria attraverso il simbolo della nube. Quando Mosè sale sul monte Sinai per la ratifica dell’alleanza con Dio (Es 24,15-16), la nube copre il monte e la gloria di Dio si rende presente, e nel v. 17 leggiamo: «La Gloria del Signore appariva agli occhi degli Israeliti come fuoco divorante sulla cima della montagna». Le metafore della nube e della gloria appaiono insieme non appena Mosè finisce di costruire la Dimora per il Signore: «Allora la nube coprì la tenda del convegno e la gloria del Signore riempì la Dimora» (Es 40,34). In occasione della dedicazione del Tempio a Gerusalemme, ritroviamo il binomio nube-gloria: «Appena i sacerdoti furono usciti dal santuario, la nube riempì il Tempio del Signore, e i sacerdoti non poterono rimanervi per compiere il servizio a causa della nube, perché la gloria del Signore riempiva il Tempio del Signore» (2Re 8,34-35).
Maria, la tenda grembo
Alla luce di questo retroterra dell’Antico Testamento siamo autorizzati a leggere alcuni testi del Nuovo in una prospettiva simbolica del tutto nuova.
Il Vangelo di Giovanni, descrivendo il movimento discendente del Logos verso l’umanità, dice: «E il Verbo si fece carne e alzò la tenda in mezzo a noi» (Gv 1,14, il verbo skenoo descrive esattamente l’atto di alzare la tenda). Si comincia a intravvedere come la Dimora (o tenda del convegno), descritta ampiamente nei testi antichi, acquisti un diverso significato teologico. Dio non abita più e non si manifesta più nella tenda e nella nube, ma la sua gloria risplende nella tenda dove abita il Verbo, suo figlio prediletto.
Cosa c’entra tutto questo con Maria? Nell’episodio dell’annunciazione dell’angelo a Maria, raccontato dal Vangelo di Luca, ed esattamente nelle parole che l’angelo Gabriele usa per rassicurare Maria con le sue perplessità, Gabriele le dice: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra [nube]» (1,35).
Se ora mettiamo insieme la realtà del Verbo di Dio che si attenda in mezzo a noi, e colleghiamo le immagini antico testamentarie della nube e della gloria, si ha un’interpretazione simbolica straordinaria.
Il Verbo di Dio non va a piazzare la sua tenda nel deserto come avvenne nel peregrinare del popolo di Israele, piuttosto, nel suo movimento discendente verso l’umanità, finisce per attendarsi nel seno di Maria. Di conseguenza Maria diventa la Dimora della divinità nella nuova economia di salvezza.
La nube-ombra del Dio Altissimo non si posa più sul Tempio di Gerusalemme o nel deserto sulla tenda del convegno, ma «adombrerà» la donna di Nazareth con tutta la sua potenza e splendore.
Noi sappiamo che tutte le tribù di Israele solevano radunarsi attorno alla tenda del Convegno per entrare in relazione con la divinità. Ora, altre tribù, non solo quelle di Israele, ma quelle di tutto il mondo, devono radunarsi attorno alla nuova Dimora, Maria, per entrare in relazione con la divinità e ottenere la salvezza.
Il grembo di Maria che porta in sé la divinità è il luogo di raccolta, il luogo dove si potrà trovare il perdono e la salvezza, perché Maria, come nuova Dimora, ci garantisce l’incontro con suo Figlio, che è l’irradiazione della nube e della gloria del Padre.
Per accertarsi di questa nuova dimensione basterebbe recarsi in un qualsiasi santuario mariano internazionale, dove si possono incontrare, senza alcun dubbio, popoli, lingue e culture diverse. Lì le differenze etniche e linguistiche scompaiono come d’incanto, perché si ritrovano diluite dall’effluvio di amore che emana dalla nuova Dimora della divinità, Maria.
di Antonio Magnante
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Antonio Magnante
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