Il 21 maggio si celebra la Giornata mondiale della diversità culturale per il dialogo e lo sviluppo, proclamata dall’Onu nel 2001.
Proponiamo lo schema di un incontro per ragazzi sul tema.
- Durata dell’incontro: 2h circa.
- Destinatari: massimo 30 persone, dai 14 anni.
- Materiale: carta, cartelloni, pennarelli.
Secondo l’articolo 1 della Dichiarazione universale dell’Unesco sulla diversità culturale adottata nel 2001, «la cultura assume forme diverse nel tempo e nello spazio. La diversità si rivela attraverso gli aspetti originali e le diverse identità presenti nei gruppi e nelle società […]. Fonte di scambi, d’innovazione e di creatività, la diversità culturale è, per il genere umano, necessaria quanto la biodiversità per qualsiasi forma di vita. In tal senso, essa costituisce il patrimonio comune dell’umanità e deve essere riconosciuta e affermata a beneficio delle generazioni presenti e future».
Per far scoprire ai ragazzi l’esistenza e l’importanza della diversità culturale per la loro vita di singoli e di cittadini, l’animatore può proporre un incontro basato sull’analisi delle quattro parole chiave della giornata mondiale del 21 maggio.
Diversità
L’animatore offre al gruppo una breve riflessione sulla diversità come elemento cardine della vita.
L’uomo e la donna generano la vita in quanto diversi, e grazie alla loro diversità la vita germoglia e cresce. Anche in natura preservare la biodiversità significa preservare la vita.
Irina Bokova, direttore generale dell’Unesco dal 2009 al 2017, afferma che «così come la diversità naturale è essenziale per la sostenibilità degli ecosistemi, ugualmente la diversità culturale è linfa vitale di società dinamiche».
La diversità deve essere riconosciuta e accettata, ma anche preservata e coltivata.
L’animatore stimola un dibattito tra i ragazzi: «Ma quindi siamo tutti uguali o diversi?».
Cultura
La cultura è l’identità di un gruppo umano, di un popolo, di un paese, di un continente. È la sua lingua, la storia, il modo di mangiare, di comportarsi, l’arte, il credo religioso.
Esistono culture molto diverse le une dalle altre, tanto da sembrare a volte opposte. Pensiamo alle culture indigene in rapporto alla cultura cosiddetta occidentale, o al popolo Rom nel contesto europeo.
In una società multiculturale, le diverse culture convivono una accanto all’altra senza interazioni. Chi accoglie si limita ad accettare l’ospite e l’ospite non è integrato, se non per la pura sopravvivenza. Nella società interculturale le diverse culture s’intrecciano e si arricchiscono a vicenda mediante lo scambio di valori, usi, costumi, tradizioni.
L’animatore stimola un ulteriore momento di condivisione: «Che mentalità abbiamo, multiculturale o interculturale?».
Dialogo
Il dialogo implica la presenza di due (o più) interlocutori. Ciascuno deve poter parlare e ascoltare. Ogni parte ha lo stesso peso delle altre e lo stesso diritto di esprimersi, anche se ciò che esprime non è condiviso da tutti.
In un dialogo è importante stare in silenzio, accogliere ciò che viene dall’altro, ma anche far sentire la propria voce e farsi capire. È fondamentale tenere conto del contesto nel quale avviene il dialogo: a volte è favorevole a volte no.
L’animatore propone un gioco da fare al chiuso o all’aperto (vedi qui sotto).
Gioco
Si dividono i ragazzi in due squadre. Un ragazzo della squadra 1 si posizionerà all’estremità dell’area di gioco (un lato della stanza o del cortile o campetto), mentre gli altri si metteranno all’estremità opposta. La squadra 2 invece si sistemerà al centro dell’area tra il ragazzo e il resto della sua squadra. L’animatore comunicherà una frase al ragazzo senza farsi sentire da nessuno. A questo punto, mentre la squadra 2 inizia a fare confusione, il ragazzo della squadra 1 dovrà cercare di far capire ai propri compagni la frase ascoltata dall’animatore. Tempo: un minuto.
Una volta scaduto il minuto si ripete il gioco con una frase diversa, invertendo il ruolo delle due squadre.
Il gioco si può ripetere diverse volte in modo che le squadre affinino poco per volta le strategie di comunicazione e di disturbo.
Vince la squadra che è riuscita a capire il maggior numero di frasi.Alla fine del gioco l’animatore aiuta il gruppo a ragionare sulle dinamiche vissute.
Cosa rappresentano i tre elementi del gioco: il ragazzo che parla, le urla della squadra 2, i membri della squadra 1 che cercano di comprendere? Cosa si mette in mezzo tra due o più culture che vogliono comunicare? Cosa possiamo fare noi per rendere il rumore di fondo più «silenzioso» e avvicinare i due dialoganti?
Sviluppo
Il termine sviluppo implica una trasformazione, un progredire verso qualcosa. Ma dove vogliamo arrivare? E come?
Se ci diamo degli obiettivi, le nostre scelte andranno di conseguenza. L’umanità va dove vanno le singole persone, perciò dobbiamo prestare attenzione non solo alle grandi decisioni della vita ma anche alle piccole scelte di ogni giorno. Se ci muoviamo a piccoli passi possiamo meglio tenere conto delle tre parole chiave già analizzate e possiamo sperare di muoverci tutti insieme verso un obiettivo comune.
L’animatore invita i ragazzi a scrivere le parole chiave emerse nell’incontro su un cartellone che rappresenta l’obiettivo, lo «sviluppo» comune.
Ciascun ragazzo si prende un impegno concreto da mantenere fino all’incontro successivo per alimentare il dialogo e la diversità.
Il giovane gambero
L’animatore propone infine un ultimo contenuto tramite una favola di Gianni Rodari, Il giovane gambero: un invito alla diversità, a non aver paura di essere se stessi, anche se questo significa a volte andare contro l’opinione che la gente ha di noi, un invito ad avere coraggio e a credere nei propri sogni e ideali.
Dopo la lettura l’animatore chiede ai ragazzi se è mai capitato loro di sentirsi come il giovane gambero e, se sì, di raccontarne la vicenda.
Il giovane gambero
«Un giovane gambero pensò: “Perché nella mia famiglia tutti camminano all’indietro? Voglio imparare a camminare in avanti, come le rane, e mi caschi la coda se non ci riesco”.
Cominciò ad esercitarsi di nascosto, tra i sassi del ruscello natio, e i primi giorni l’impresa gli costava moltissima fatica. Urtava dappertutto, si ammaccava la corazza e si schiacciava una zampa con l’altra. Ma un po’ alla volta le cose andarono meglio, perché tutto si può imparare, se si vuole.
Quando fu ben sicuro di sé, si presentò alla sua famiglia e disse: “State a vedere”.
E fece una magnifica corsetta in avanti.
“Figlio mio”, scoppiò a piangere la madre, “ti ha dato di volta il cervello? Torna in te, cammina come tuo padre e tua madre ti hanno insegnato, cammina come i tuoi fratelli che ti vogliono tanto bene”.
I suoi fratelli però non facevano che sghignazzare.
Il padre lo stette a guardare severamente per un pezzo, poi disse: “Basta così. Se vuoi restare con noi, cammina come gli altri gamberi. Se vuoi fare di testa tua, il ruscello è grande: vattene e non tornare più indietro”.
Il bravo gamberetto voleva bene ai suoi, ma era troppo sicuro di essere nel giusto per avere dei dubbi: abbracciò la madre, salutò il padre e i fratelli e si avviò per il mondo. Il suo passaggio destò subito la sorpresa di un crocchio di rane che da brave comari si erano radunate a far quattro chiacchiere intorno a una foglia di ninfea. “Il mondo va a rovescio”, disse una rana, “guardate quel gambero e datemi torto, se potete”.
“Non c’è più rispetto”, disse un’altra rana.
“Ohibò, ohibò”, disse una terza.
Ma il gamberetto proseguì diritto, è proprio il caso di dirlo, per la sua strada. A un certo punto si sentì chiamare da un vecchio gamberone dall’espressione malinconica che se ne stava tutto solo accanto a un sasso.
“Buon giorno”, disse il giovane gambero.
Il vecchio lo osservò a lungo, poi disse: “Cosa credi di fare? Anch’io, quando ero giovane, pensavo di insegnare ai gamberi a camminare in avanti. Ed ecco che cosa ci ho guadagnato: vivo tutto solo, e la gente si mozzerebbe la lingua piuttosto che rivolgermi la parola. Fin che sei in tempo, dà retta a me: rassegnati a fare come gli altri e un giorno mi ringrazierai del consiglio”.
Il giovane gambero non sapeva cosa rispondere e stette zitto. Ma dentro di sé pensava: “Ho ragione io”.
E salutato gentilmente il vecchio riprese fieramente il suo cammino.
Andrà lontano? Farà fortuna? Raddrizzerà tutte le cose storte di questo mondo? Noi non lo sappiamo, perché egli sta ancora marciando con il coraggio e la decisione del primo giorno.
Possiamo solo augurargli, di tutto cuore: “Buon viaggio!”».
(Gianni Rodari)
di Paola Bassan
Leggi, scarica, stampa da MC maggio 2019 sfogliabile.
Paola Bassan
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