Una parte considerevole del discorso della montagna è dedicata, con accenti indimenticabili, al rapporto di Gesù con la Legge (Torah). Questa enfasi riflette le preoccupazioni e i dibattiti della comunità cristiana da cui ha origine il Vangelo di Matteo. Con l’aumento del numero di cristiani di origine pagana si poneva la questione se questi dovessero praticare la Legge di Mosè. Eco di questo dibattito vivace è anche la lettera di Paolo ai Galati.
Nel discorso della montagna il tema è presentato chiaramente nelle parole di Gesù: «Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento» (5,17). La posizione di Gesù di fronte alla Legge (espressa con la formula «la Legge e i Profeti», cioè tutta la Scrittura) è presentata col termine greco pleroo = dar compimento, attuarla sino in fondo. Gesù non è venuto per abolirla ma per realizzarla nel modo più completo. A questa affermazione di principio seguono sei esempi che mostrano come Gesù porti a compimento la Legge e i Profeti. Si tratta delle famose antitesi, ognuna incorniciata con questa frase: «Avete inteso che fu detto agli antichi… ma io vi dico». Gesù riconduce i comandamenti alla loro radice e al loro fine ultimo: servizio alla vita, alla giustizia, all’amore, alla verità. Alla legge antica non oppone una nuova legge, ma la trasforma e la porta a una radicalità senza precedenti. «Al centro di questa parte del discorso della montagna c’è il rispetto sacro per la persona e la denuncia contro tutto ciò che, sebbene camuffato da artificio legale, attenta contro la dignità dell’uomo e della donna” (La Biblia de nuestro pueblo).
Le antitesi
Nelle righe seguenti i commenti saranno brevi ed essenziali, lasciando spazio alla viva parola di Gesù che parla con stile efficace e spesso paradossale.
Non uccidere (5,21-26):
21Avete inteso che fu detto agli antichi: Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. 22Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna.
23Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, 24lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono.
Il comandamento del non uccidere viene interpretato nella sua realtà più profonda, individuata nella sua radice che è l’odio e il disprezzo delle persone e allora viene esteso a lasciarsi controllare dalla collera e dall’odio che si esprimono anche in abuso verbale. Matteo aggiunge anche una breve esortazione al perdono fraterno (vv23-24): l’offerta cultuale deve cedere il passo alla riconciliazione col fratello offeso.
Non commettere adulterio (5,27-30):
27Avete inteso che fu detto: Non commetterai adulterio. 28Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore.
29Se il tuo occhio destro ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geènna. 30E se la tua mano destra ti è motivo di scandalo, tagliala e gettala via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geènna.
La parola di Gesù non si limita ad accogliere il comandamento antico (Es 24,14) ma arriva a svelarne la radice più profonda. Non è solo l’atto dell’adulterio ma il desiderio sfrenato che è all’origine del fatto: lo sguardo cupido è l’adulterio del cuore.
A proposito del divorzio (5,31-32):
31Fu pure detto: “Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto del ripudio”. 32Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il caso di unione illegittima, la espone all’adulterio, e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio.
Il tema del matrimonio sarà trattato più ampiamente in 19,3-12 ma qui è già richiamata la posizione di Gesù contro il divorzio che separa ciò che Dio ha unito (19,6).
Il giuramento (5,33-37):
33Avete anche inteso che fu detto agli antichi: “Non giurerai il falso, ma adempirai verso il Signore i tuoi giuramenti”. 34Ma io vi dico: non giurate affatto, né per il cielo, perché è il trono di Dio, 35né per la terra, perché è lo sgabello dei suoi piedi, né per Gerusalemme, perché è la città del grande Re. 36Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. 37Sia invece il vostro parlare: “Sì, sì”, “No, no”; il di più viene dal Maligno.
Al comandamento di non giurare il falso (Es 26,26) e di adempiere i voti fatti (Sl 50,14) e alle varie formule di giuramento inventate per non nominare il nome di Dio («chiamo a testimone il cielo o la terra o Gerusalemme», «lo giuro sulla mia testa») Gesù propone la sincerità e la fiducia reciproca per cui il sì è sì e il no è no, senza bisogno di altre aggiunte. Il giuramento infatti suppone la sfiducia nelle parole dell’altro.
Amore del nemico (5,38.48):
38Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente. 39Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche l’altra, 40e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. 41E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. 42Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle.
43Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. 44Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, 45affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. 46Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? 47E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani?
Queste ultime due antitesi mostrano la novità rivoluzionaria del messaggio di Gesù con un no esplicito alla legge del taglione «occhio per occhio» e con l’universalizzazione del comandamento dell’amore del prossimo sino a raggiungere l’amore del nemico. La legge del taglione è esistita in tutte le culture come rimedio a che la società non cadesse in preda al caos o alla vendetta indiscriminata. Di per sé «occhio per occhio e dente per dente» pone già un limite alla vendetta senza misura, per assicurare una convivenza tra le persone. Ma Gesù propone un cambio radicale a questo principio indicando la forza creatrice dell’amore senza condizioni com’è l’amore del Padre: «Ma io vi dico amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano».
La legge del Levitico 19,18 «ama il prossimo tuo come te stesso», che era applicata in senso restrittivo solo al connazionale, prende qui nelle parole di Gesù un senso universale e illimitato, facendo riferimento al comportamento di Dio verso tutti gli uomini, buoni o cattivi.
Gesù invita i suoi seguaci a praticare l’utopia dell’amore evangelico che solo può cambiare il mondo. È impressionante leggere queste affermazioni ricordando che la chiesa di Matteo era una chiesa perseguitata. In tale contesto le parole di Gesù risuonano come esortazione a non rispondere con la vendetta e a pregare per i persecutori. Così ha fatto Stefano (At 7,58) che muore perdonando i suoi uccisori, così hanno fatto e fanno anche oggi, tanti cristiani perseguitati lungo la storia.
48Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste.
Questa frase conclude non solo l’ultima antitesi ma tutto il brano. Questa è l’interpretazione nuova della legge: imitare il Padre nella sua perfezione, incentrare la vita sull’amore disinteressato del Padre. Luca traduce in modo concreto cosa significa essere perfetto: essere misericordiosi come il Padre (Lc 6,36).
Conclusione
La forza, l’originalità, la novità di queste parole di Gesù che si rivela come Dio in queste antitesi è ben espresso nella vicenda del rabbino Neusner evocata da Ratzinger/Benedetto XVI in Gesù di Nazareth (pp. 129-32). Matteo parla particolarmente a giudeo-cristiani «non sono venuto ad abolire ma a dare compimento» e nelle antitesi, Gesù illustra il rapporto tra la Torah di Mosè e la Torah del Messia. L’io di Gesù risalta in un grado che nessun maestro della Legge può permettersi. La folla lo percepisce: Matteo dice espressamente che il popolo «si spaventò» per il suo modo di insegnare. Non insegnava come i rabbini ma come uno che ha autorità. Lo spavento è proprio quello provocato da un uomo che osa parlare con l’autorità di Dio.
Nel suo libro A Rabbi talks with Jesus (Un rabbino parla con Gesù) lo studioso ebreo Jacob Neusner, che nutre un profondo rispetto verso la fede cristiana, prende posto in mezzo alla schiera dei discepoli sulla montagna della Galilea. Ascolta Gesù, confronta la sua parola con le parole dell’Antico Testamento e con le tradizioni rabbiniche. Egli ascolta, confronta e parla con Gesù stesso. È toccato dalla grandezza e dalla purezza delle sue parole e tuttavia inquietato da quella finale inconciliabilità che trova nel nocciolo del Discorso della montagna. Accompagna Gesù nel suo cammino verso Gerusalemme. Ma alla fine decide di non seguire Gesù e rimane fedele a quello che chiama l’«Israele Eterno».
Il rabbino cita il Talmud babilonese: «Rabbi Simelai spiegò: seicentotredici (613) precetti furono dati a Mosè, trecentosessantacinque (365) negativi corrispondenti al numero dei giorni dell’anno solare e duecentoquarantotto (248) positivi che corrispondono alle parti del corpo umano. Venne Davide e li ridusse a undici (11). Venne Isaia e li ridusse a due (2). Venne Abacuc e li ridusse a uno solo, come sta scritto ‘il giusto vivrà per la sua fede’».
Che cosa ha tralasciato il saggio Gesù della Torah? «Nulla». Che cosa ha aggiunto il saggio Gesù alla Torah? «Se stesso». La perfezione, l’essere santi come Dio è santo richiesto dalla Torah adesso consiste nel seguire Gesù.
«“Ora mi rendo conto che solo Dio può esigere da me quanto Gesù richiede», il rabbino Neusner giunge al risultato, per lui inquietante, che Gesù lo voglia condurre a trasgredire i comandamenti della Torah e a seguire invece Lui. E questo il rabbino non lo può fare.
padre Mario Barbero
Mario Barbero
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