Il discorso della montagna è il primo dei cinque grandi discorsi che formano l’ossatura del vangelo di Matteo.
Matteo, dopo aver descritto l’arrivo di Gesù nella «Galilea delle genti» come la grande luce venuta per coloro che abitavano «in regione di morte» (4,15-16), e dopo aver mostrato Gesù che insegna e guarisce (4,23-25), presenta il grande discorso che illustra lo spirito del regno di Dio.
Gesù, il nuovo Mosè
Mentre Marco omette questo discorso, Matteo e Luca ne presentano redazioni differenti. Luca (6,20-49), che scrive per una comunità proveniente dal paganesimo, omette ciò che riguardava le leggi e le tradizioni giudaiche, Matteo invece inserisce qui anche parole che Gesù ha pronunciato in altre situazioni. Con la sua grande composizione Matteo ci presenta Gesù come il nuovo Mosè. Esso è la magna carta del nuovo popolo di Dio e va letto con sullo sfondo Es 19 (l’alleanza sul monte Sinai) per comprenderne le differenze e i contrasti.
Mosè salì verso Dio, e il Signore lo chiamò dal monte dicendo: “questo dirai alla casa di Giacobbe” (Es 19,3).
Vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si pose a sedere e insegnava loro dicendo (Mt 5,1).
Questo verso introduttivo di Matteo 5,1 esprimel’autorità del maestro, il quale “siede” quando insegna con autorità. Gesù siede sulla cattedra come maestro d’Israele e come maestro dell’umanità in generale. Matteo infatti con la parola “discepoli” non restringe la cerchia dei destinatari del discorso, ma la allarga. Chiunque ascolti e accolga la Parola può diventare un “discepolo” (J. Ratzinger).
La struttura del discorso
La struttura di base:
- introduzione (5,1-16),
- la nuova interpretazione della Legge biblica: il Decalogo, i grandi comandamenti dell’amore di Dio e del prossimo, i doveri della pietà (5,17-7,12)
- e conclusione (7,13-29).
Questa nuova interpretazione rappresenta un approfondimento e un’interiorizzazione della legge.
Più in dettaglio il grande discorso, secondo Jacques Dupont, si può articolare come segue.
ESORDIO
- frase introduttiva;
- le beatitudini (5,3-12);
- i cristiani sale e luce del mondo (5,13-16).
I – LA GIUSTIZIA NUOVA SUPERIORE A QUELLA ANTICA (5,17-48)
- Il principio: non abolire la Legge ma portarla a compimento (5,17);
- Cinque applicazioni concrete: “Vi è stato detto, ma io vi dico (5,21-48)…
+ “non uccidere” -> non adirarti contro il fratello, riconciliati (5,5,21-26);
++ “non commettere adulterio” -> non desiderare una donna col cuore (5,27-32);
+++ “non giurare il falso” -> non giurare affatto (5,33-37);
++++ “occhio per occhio…” -> porgi l’altra guancia (5,38-42);
+++++ “amerai il prossimo e odierai il nemico” -> amate i nemici (5,43-48).
II – CARATTERE INTERIORE DELLA NUOVA GIUSTIZIA (6,1-34)
- Il principio: fare le opere buone riferendosi solo al Padre (6,1);
- Le tre opere buone tradizionali:
+ elemosina in segreto (6,2-4);
++ pregare in segreto (6,5-7), il Padre nostro (6,7-15);
+++ digiunare in segreto (6,16-18). - Il vero tesoro (6,19-21);
- l’occhio lampada del corpo (6,22-23);
- Dio e la ricchezza (6,24);
- Abbandonarsi alla Provvidenza (6,25-34) “a ciascun giorno basta la sua pena”.
III – TRE AVVERTIMENTI (7,1-27)
- + non giudicare;
++ non profanare le cose sante;
+++ efficacia della preghiera “chiedete e vi sarà dato..”. - La regola d’oro (7,12): “Tutto quello che volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la legge e i profeti”;
- Le due vie: “Entrate per la porta stretta” (7,13-14);
- I falsi profeti, li si conosce dai frutti (7,15-20);
- I veri discepoli “non chi dice ‘Signore Signore’, ma chi fa la volontà del Padre” (7,21-23).
- La casa sulla roccia (7,24-27).
LO STUPORE DELLA FOLLA (7,28-29)
“Stupiti del suo insegnamento. Insegnava loro come uno che ha autorità e non come i loro scribi” (è lo stesso stupore che prende anche oggi ogni persona che legga integralmente e tutto d’un fiato questo discorso).
Fare la volontà del Padre
Non si tratta del programma esaustivo del Regno di Dio (vi manca l’Eucaristia, la Chiesa, lo Spirito). Non vuol essere un codice stradale che regola la vita dei discepoli in tutti i dettagli della loro esistenza. Esso è la rivelazione dell’amore del Padre celeste. La menzione del Padre appare al termine dell’esordio (5,16), “così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, poiché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro“, e nella conclusione della prima parte: “voi dunque siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste” (5,48). Anche la seconda parte è tutta pervasa dalla presenza del Padre “che vede nel segreto” (6,4) ed il vero discepolo è “colui che fa la volontà del Padre” (7,21).
Di Mario Barbero
Mario Barbero
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