Tempo di scelte nonviolente: restiamo umani.
«Rischiare la pace. Tempo di scelte nonviolente, “restiamo umani”», era il tema della cinque giorni tenutasi tra il 26 e il 30 agosto 2015 nel convento di Terzolas, paesino incastonato tra le montagne della Val di Sole (Tn). Una «scuola» di politica e democrazia organizzata dall’associazione «La rosa bianca» che si ispira all’esperienza di resistenza nonviolenta della storica «Weisse Rose», il gruppo di studenti cristiani tedeschi che si oppose alla dittatura nazista tra il 1942 e il 1943.
Proponiamo di seguito non una cronaca degli interventi, dei dibattiti e dei laboratori, ma alcune suggestioni che riteniamo utili a suscitare domande riguardo alla pace oggi.
«Ciò che ci minaccia oggi non è la guerra mondiale tra stati, ma il disordine mondiale tra popoli».
(Razi Mohebi, regista afghano, rifugiato politico in Italia)
Le guerre e la violenza, ereditate dal XX secolo, si sono inevitabilmente legate al fenomeno della globalizzazione. È quanto emerge dall’analisi di Guido Formigoni, docente di storia contemporanea e storia delle relazioni internazionali presso lo Iulm di Milano. La globalizzazione, certamente irreversibile, presenta sì degli aspetti positivi, come il superamento del sottosviluppo da parte di alcuni paesi, ma anche degli aspetti negativi, primo fra tutti le crisi finanziarie. Tuttavia, un fenomeno più sottile legato alla globalizzazione è la crescente frammentazione politica. Infatti, con la fine della guerra fredda, si è persa la capacità di Usa e Urss di includere altri paesi in un ordine bipolare. D’altra parte, anche la democrazia come mezzo di unificazione ha fallito. Il mondo è diventato più complesso.
Per questo è improprio parlare di «Terza guerra mondiale» contro l’Islam o, al contrario, contro l’Occidente. Sono in atto diversi conflitti, difficilmente riconducibili a un unico nemico. A ben guardare, le guerre tra stati sono poche, ma la violenza persiste, anzi si diffonde e si radica. Ma la frammentazione politica e l’entrata in campo di attori non statali la lasciano nella sua dimensione locale, la mantengono latente. Il risultato è una sempre maggiore assuefazione alla violenza che rende difficile combatterla.
«Le guerre si combattono per ordinare il mondo, per ottenere un ordine pacifico. Ecco perché occorre distinguere tra ordine e pace».
(Razi Mohebi)
Non è un mistero che oggi siamo dinanzi a una «sfida di disumanizzazione», secondo la definizione di Michele Nicoletti, presidente della delegazione parlamentare presso il Consiglio d’Europa. L’unica reazione possibile alle pratiche disumanizzanti in corso è l’affermazione dell’unità e dell’indivisibilità dei diritti umani, politici, civili e sociali. Questi diritti, derivati dall’idea di uguaglianza tra esseri umani e di dignità in virtù di un’unica origine, sono essenziali e non ideologici. Lo schema discriminatorio, che si ripete sempre uguale, agisce su questi diritti con l’obiettivo di ricostruire un ordine schiavista, che possa sfruttare esseri umani considerati in qualche modo un po’ meno umani di altri.
«La pace è un lavoro artigianale, nessuno può tirarsi indietro».
(Matteo Zuppi, vescovo ausiliare di Roma)
Cercare la pace significa avere il coraggio di cambiare. Non c’è pace senza giustizia sociale. Abbiamo bisogno di pace per i condannati a morte, per gli sfruttati sul posto di lavoro, per i disoccupati, per le vittime delle mafie, per i giovani defraudati del futuro, per i naufraghi che ancora lo cercano, il futuro. Nessuno manca nel cuore di don Luigi Ciotti, fondatore dell’associazione Libera, in prima linea nella lotta per la legalità. La speranza si chiama inclusione: uguali come cittadini, diversi come persone. I principali artefici dei percorsi di pace non sono i leader che si riuniscono nei summit, ma proprio i poveri e gli esclusi, che ci provocano e ci indicano il futuro. I piccoli. E ciascuno di noi, nel suo piccolo, è portatore di pace con il coraggio delle scelte e la coerenza dei comportamenti.
«Lo stato pacifico dell’Europa è un’eccezione».
(Lia Quartapelle, deputata PD, commissione Affari esteri e comunitari)
Una speranza c’è, e sta nell’unione. Basti pensare alla realtà dell’Unione europea, che – pur con tutti i suoi limiti – costituisce l’unico attore dotato di quella statalità perduta che caratterizzava gli stati moderni. Per di più, è portatrice di un modello di laicità, equità e integrazione delle minoranze sconosciuto ad altri attori dello scenario internazionale. In altri termini, è l’unico attore su cui si può ricostruire il mito positivo dell’Europa.
Eppure, l’analisi acuta della giornalista e scrittrice Giuseppina Paterniti evidenzia come l’Unione europea non abbia ancora elaborato risposte comuni, basate su valori fondanti condivisi, per fronteggiare i cambiamenti del nostro tempo – come gli imponenti flussi migratori – di cui si percepisce il carattere eccezionale ed epocale.
«Il male è esperienza soggettiva che si comprende quando viene conosciuta».
(Vittorio Nessi, procuratore aggiunto del tribunale di Torino)
Il male, purtroppo, esiste, e ha la capacità di riprodursi. Ma questa consapevolezza non deve impedire, come ricorda Pasquale Profiti, sostituto procuratore del tribunale di Trento, di considerare la persona e le opportunità che la società le ha offerto in precedenza.
Dobbiamo individuare quali siano oggi le divinità maligne a cui sacrifichiamo vite umane e cercare di opporci. «La guerra che si combatte oggi è diversa dalle precedenti, perché non si combatte solo con le armi da fuoco, ma con le armi di un’economia piegata alla legge del profitto. Armi che tolgono la dignità alle persone, che rendono i vivi dei morti vivi» afferma con forza don Ciotti.
«Non bisogna essere in tanti per resistere al male» scrive Paolo Ghezzi, la Weisse Rose ne è una prova. La missione che ci viene affidata è quella di sviluppare «un esprit dur, un coeur tendre» (uno spirito forte, un cuore tenero), per dirla con le parole del filosofo Jacques Maritain. La realtà e i suoi problemi non ci devono essere alieni, estranei. Anzi. Dobbiamo sentirli nostri, prenderli a cuore. E facendo ciò, mantenere un cuore puro e integro.
Annarita Leserri
di Annarita Leserri
Annarita Leserri
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