Per l’accoglienza, contro il rifiuto.
Sono giorni drammatici, si piangono morti – persone, non numeri -, si alzano muri, si aprono case e chiese, si cerca di far fronte in tutti i modi a questa «emergenza rifugiati». Spesso si usano slogan perché non si vuole guardare in faccia alla realtà e cercare di comprendere le cause di questi massicci arrivi. Spesso, invece, nel silenzio e lontani dai riflettori e dai talk show si lavora per l’accoglienza e l’accompagnamento nelle fasi iniziali di un percorso che per tanti non è l’inizio… l’inizio è stato molto più lontano nel tempo e nello spazio, è stato fatto di sofferenza, di perdita e di abbandono, spesso di morte e di disperazione.
C’è una società civile che da tanti anni lavora per l’accoglienza e che spesso è più avanti della politica. Essa inventa forme di aiuto e accompagnamento, soluzioni innovative, troppo spesso purtroppo legate a fondi per progetti, e quindi non riescono a diventare strutturali, superata la prima fase di sperimentazione.
Questa società civile, attiva e silenziosa, di fronte alla paralisi della politica ha scelto di farsi sentire, si è tolta le scarpe e si è messa a camminare, scalza, in tante città d’Italia, per dire forte e chiaro da che parte si vuole stare: dalla parte di chi ha lasciato tutto e, spesso scalzo, attraversa a piedi le frontiere della nostra Europa alla ricerca di un futuro migliore.
Le soluzioni non sono semplici e le questioni sono molto più complesse di «accoglienza sì o no», però c’è un’umanità e una dignità dell’essere umano per cui in Europa tanto si è lottato e che non si può perdere: l’accoglienza e l’inclusione non snatureranno le nostre società se avverranno nel rispetto della dignità di ogni persona.
È questo che la Marcia delle donne e degli uomini scalzi ha voluto dire: partita da un’idea di un gruppo di attivisti e associazioni dalla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia si è poi diffusa in più di 70 città di Italia. In orari e modalità diverse venerdì 11 settembre migliaia di persone hanno camminato, scalze, per chiedere che non si fermi o si respinga chi scappa dalla guerra o da minacce alla propria incolumità, e per proporre con forza i primi quattro necessari cambiamenti delle politiche migratorie europee e globali:
1. certezza di corridoi umanitari sicuri per vittime di guerre, catastrofi e dittature
. 2. accoglienza degna e rispettosa per tutti.
3. chiusura e smantellamento di tutti i luoghi di concentrazione e detenzione dei migranti
. 4. creare un vero sistema unico di asilo in Europa superando il regolamento di Dublino. Un segnale forte per un’Italia ancora segnata dalla crisi e dalla precarietà, un segnale bello di umanità.
di Viviana Premazzi
Viviana Premazzi
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