Come Nicodemo: rinascere di nuovo.
Una domanda ricorrente tra i cristiani che vivono in contesti multiculturali è la seguente: «Quanto “essere in Cristo”, cioè essere cristiani, influisce e condiziona la propria identità culturale»?
Cercheremo di rispondere presentando, in questo numero e nei prossimi, alcuni modelli che si trovano nel Vangelo di Giovanni.
Non vi è alcun dubbio che ogni persona appartiene alla sua cultura e tradizione e che, di conseguenza, è portata a difendere la propria identità etnica. Allorquando si accetta di «rivestirsi di Cristo», e «essere battezzati in Cristo» (Gal 3,27) tale identità può risultare compromessa?
Questa domanda ha una grande rilevanza soprattutto nel mondo contemporaneo che vive in un contesto di globalizzazione, in cui culture e tradizioni diverse sono costrette a confrontarsi.
Nicodemo, maestro d’Israele
Tutti conosciamo l’episodio che narra l’incontro tra Gesù e Nicodemo, uno dei maestri d’Israele. Egli appartiene al gruppo di quei molti Giudei che credono in Gesù sulla base dei segni che questi va operando. In quanto «fariseo» e «maestro», Nicodemo appartiene al rango delle persone importanti. Si reca, quindi, da Gesù di notte quale rappresentante del Giudaismo ufficiale. Il fatto di «venire» da Gesù manifesta in lui una propensione a credere a quanto il nuovo Maestro va insegnando. Molto probabilmente viene per confrontare la sua cultura e le sue tradizioni giudaiche con il nuovo insegnamento. Subito riconosce a Gesù il titolo di «Maestro» e anche la sua provenienza divina, perché, dice, «nessuno può fare i segni che fai tu, se Dio non è con lui» (Gv 3,2).
Gesù senza esitazione entra nel confronto di dottrina informando Nicodemo che «nessuno può vedere il regno di Dio senza rinascere di nuovo» (Gv 3,3), e subito aggiunge: «In verità ti dico nessuno può entrare nel regno di Dio senza rinascere dall’acqua e dallo Spirito» (Gv 3,5). Sembra che Nicodemo sia colto di sorpresa e fa fatica a seguire la logica di Gesù, la cui proposta non si colloca su un piano naturale, ma su quello spirituale. Si tratta di una nuova nascita effettuata per mezzo di acqua e Spirito Santo. Duro è questo linguaggio e Nicodemo non lo comprende, limitandosi a balbettare qualcosa che non ha senso: come tornare nel grembo della propria madre? Il Maestro sta insegnando una dottrina nuova che riguarda una nuova rigenerazione non prevista nella tradizione cui Nicodemo appartiene. Nicodemo esprime la sua perplessità: «Come può avvenire questo?» (Gv 3,9). Di fronte a tale incomprensione, Gesù commenta ironicamente: «Tu sei Maestro in Israele e non sai queste cose?» (Gv 3,10). Qui è in atto un vero e proprio confronto fra la dottrina antica e la nuova proposta da Gesù. Nicodemo deve frequentare la scuola del nuovo Maestro, che non insegna come i Farisei, ma come uno che ha autorità (Mc 1,27). In una parola, deve eleggere Gesù come suo maestro se vuole capire il significato di una radicale rigenerazione per mezzo di acqua e Spirito Santo. È necessario che si stabilisca un legame solido tra discepolo e maestro perché ci sia una sintonia spirituale. Questo è il motivo per cui gli apostoli sono chiamati da Gesù a stare con lui in maniera permanente: per ascoltare il suo insegnamento e gradualmente coglierne il significato profondo (Mc 3,13-19). Tale unione è sottolineata successivamente nell’insegnamento sul «pane di vita», che il credente deve mangiare (Gv 6,32-58) e sulla «vite», a cui il credente deve essere innestato (Gv 15,1-10). Nicodemo ha ancora molta strada da percorrere prima di decidersi a rivisitare la sua cultura e la sua tradizione e realizzare una perfetta sintonia con Gesù.
Per il momento Nicodemo torna nella notte da cui era venuto. Un solo incontro con Gesù non è sufficiente per mettere in discussione la secolare tradizione del suo popolo. Egli era un vero fariseo radicato nelle tradizioni dei Padri, e dover cambiare direzione alla sua dottrina per il momento gli riesce ostico. Dovrà aspettare una nuova occasione.
Di fronte al sinedrio
Ebbene, tale occasione è offerta dai suoi colleghi del Sinedrio in concomitanza con la Festa delle Capanne. Al principio sembra che Gesù non volesse parteciparvi, anzi si nega ai suoi familiari che lo esortano a mostrarsi al mondo (Gv 7,1-10). In un secondo tempo, egli decide di recarvisi, ma in segreto. Tuttavia, come sempre, la sua presenza non può rimanere nascosta, e subito viene notato tra la folla. Il riconoscimento genera tra i presenti reazioni diverse circa la sua opera, la sua identità e le sue origini. Durante queste celebrazioni per ben tre volte il Vangelo riporta che i Giudei intendono o arrestarlo o addirittura ucciderlo (Gv 7,1.25.30.44). I capi del popolo mandano le guardie del Tempio per arrestarlo, ma questi, ammaliati dalla forza della sua parola, si rifiutano di eseguire l’ordine (Gv 7,46). Sia il popolo sia il Sinedrio sono in subbuglio. Nella riunione del Sinedrio, Nicodemo prende le difese di Gesù e ricorda ai suoi colleghi che un uomo ha sempre il diritto, secondo la legge di Mosè, di essere «ascoltato» (Es 23,1; Dt 1,16; 17,4). Nicodemo questa volta non parla a favore di Gesù perché aveva visto i segni operati da lui, ma si muove in suo favore in ragione della parola. Non più i «segni», ma la «parola» diventa il mezzo che gli permetterà di cogliere la vera identità di Gesù e il significato delle sue azioni. Bisogna, dunque, ascoltare la sua parola. Nicodemo vuole ascoltarlo una seconda volta perché intuisce che Gesù nasconde un’altra identità e che insegna qualcosa di nuovo, che supera la tradizione dei Padri.
La sua richiesta è soffocata dalle voci dei membri del Sinedrio. È difficile per loro accettare che un vero profeta possa venire dalla Galilea (Gv 7,52). Nicodemo è riproiettato dai suoi colleghi all’interno della tradizione e invitato a scrutare le scritture antiche. Egli non si sente ancora pronto a operare un taglio con la dottrina del passato, tuttavia non si perde d’animo.
Ai piedi della croce
Infatti riappare alla fine ai piedi della croce per prendersi cura del corpo di Gesù. Si presenta con una abbondantissima mistura di mirra e aloe (circa 32 kilogrammi, Gv 19,39). Sia i Romani che i Giudei hanno rigettato Gesù, mentre Nicodemo insieme a Giuseppe d’Arimatea viene di nuovo da Gesù e si prende cura di lui per offrirgli una degna sepoltura. Con questo gesto Nicodemo rompe definitivamente con la sua tradizione che proibiva di contaminarsi con un corpo di un morto soprattutto nell’imminenza della Pasqua giudaica (Num 1,11-16). Insieme a Giuseppe, Nicodemo, dice il testo, riceve il corpo di Gesù (Gv 19,40). Accogliendo il corpo di Gesù accoglie finalmente la sua rivelazione. Nicodemo rimane in silenzio. Finalmente ha capito che la nuova nascita che il Maestro gli aveva proposto nel loro primo incontro, è possibile solo attraverso la morte. Infatti Gesù aveva insegnato che «se il chicco di grano, caduto in terra, non muore rimane solo» (Gv 12,24), ed aveva anche detto: «Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me» (Gv 12,32). Ebbene, attirato dal Signore, muore alla sua cultura e tradizione dei Padri, per rinascere di nuovo al mattino di Pasqua come nuova creatura.
Antonio Magnante
di Antonio Magnante
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