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08/ Gesù. Dalla Galilea a Gerusalemme

Arcabas, Emmaus, 1994

Come per tutto il popolo d’Israele, anche per Gesù il viaggio, o, piuttosto, il pellegrinaggio a Gerusalemme, è un punto fermo nel corso degli anni. 

I Vangeli sinottici (eccetto Luca che parla del viaggio di Gesù dodicenne al Tempio) parlano di un solo viaggio di Gesù a Gerusalemme, quello che lo condurrà alla morte cruenta. 

Dopo la confessione di fede di Pietro, Gesù annuncia più volte la sua passione a Gerusalemme (Mt 16,21; Mc 8,31; Lc 9,22). 

Giovanni al contrario parla di almeno tre o quattro pellegrinaggi di Gesù a Gerusalemme durante il suo ministero pubblico, e lo segue nei suoi viaggi annotando ricordi di avvenimenti e di incontri nella città santa, non tramandati da altri evangelisti. 

Giovanni introduce il tema del viaggio a Gerusalemme sin dall’inizio (Gv 2,13-25). Si tratta del pellegrinaggio per la Pasqua, e proprio in questa circostanza riporta il gesto pieno di stizza di Gesù che scaccia i cambiavalute e i mercanti dal Tempio, gesto che, invece, i Sinottici collocano nell’unico e ultimo pellegrinaggio alla capitale (Mc 11,15-17; Mt 21,12-13; Lc 19,45-46). È ancora in questa occasione che Gesù parla di se stesso come nuovo Tempio che i Giudei distruggeranno ma che egli ricostruirà in tre giorni (Gv 2,19-22). A questo i Giudei ribattono: «Questo tempio è stato costruito in 46 anni», frase che ci permette di stabilire una data per questo pellegrinaggio, primavera dell’anno 28 d.C. (la costruzione del tempio era iniziata nel 19 a.C.). Forse è in questo soggiorno pasquale a Gerusalemme che Gesù incontra Nicodemo di notte (Gv 3,1-21).

È nuovamente per un’occasione festiva, non precisata («una festa dei Giudei»), probabilmente nella tarda primavera o nell’estate del 29 d.C., che Gesù si trova per la seconda volta a Gerusalemme dopo una permanenza in Galilea. È il secondo dei viaggi nella città santa citati da Giovanni. 

È sabato, ma Gesù, come il Padre suo, continua a operare per il bene dell’uomo «il Padre mio opera sempre e anch’io opero» (Gv 5,1-67, il paralitico alla piscina). Si tratta, ancora una volta, di un intervento salvifico di Gesù, e l’episodio si colloca presso la piscina di Betesda, vicino alla porta delle pecore (localizzata vicino all’odierna chiesa di Sant’Anna).

Il terzo viaggio di Gesù a Gerusalemme avviene in occasione della festa delle Capanne o dei Tabernacoli, la principale festa di pellegrinaggio autunnale, celebrata in ricordo del tempo in cui il popolo di Israele, durante l’esodo, aveva abitato in capanne. 

Nel primo giorno della festa c’è una splendida luminaria notturna: si accendono quattro lampade d’oro a molte braccia che illuminano a giorno una parte del Tempio. Gesù, in questa festa della luce, si rivela luce nell’episodio della guarigione del cieco nato (Gv 9,1-38). Il racconto del miracolo è breve, tutto il seguito è un dibattito sull’identità di Gesù.

Una penultima volta, prima del viaggio definitivo, Gesù si trova a Gerusalemme nell’inverno del 29-30, nella festa della Dedicazione del Tempio (Gv 10,25-39), istituita ai tempi di Giuda Maccabeo nel 164 a.C. con la restaurazione del Tempio profanato dai Seleucidi (1 Mac 4,36-59).

Gesù è nel Tempio e passeggia sotto il portico di Salomone. I Giudei che lo circondano gli chiedono se è il Messia, e Gesù risponde «ve l’ho detto ma voi non ci credete». E conclude con l’affermazione: «Io e il Padre siamo una cosa sola», al che i Giudei lo accusano di bestemmia.

In Samaria

Nel viaggio dalla Galilea a Gerusalemme Gesù arriva ai confini con la Samaria dove gli abitanti di un villaggio rifiutano di accoglierlo (Lc 9,51-56). A questo rifiuto, i discepoli Giacomo e Giovanni dicono: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?», ma Gesù si volta e li rimprovera avviandosi verso un altro villaggio. L’ultimo viaggio verso Gerusalemme, quello che si concluderà con la condanna e la morte e la croce, inizia con un rifiuto.

L’ostilità tra samaritani ed ebrei è di antica data, dalla scissione dei due regni nel 931 a.C. (cf 2 R 17,24-28), poi aumentata dopo l’esilio, quando i samaritani costruirono un tempio sul monte Garizim. Erano divisi anche religiosamente: i samaritani riconoscevano solo il Pentateuco. Eppure Gesù è benevolo verso questi «eretici». 

Nella parabola del buon samaritano Lc 10,25-37, un uomo della Samaria viene contrapposto a un sacerdote e a un levita come modello di amore del prossimo, e in 17,11-19 un lebbroso samaritano guarito da Gesù diventa modello di riconoscenza.

Un altro episodio molto famoso che coinvolge un abitante della Samaria, una samaritana, è quello di Giovanni 4: Gesù rivolge la parola e si rivela a lei che è una donna, in un contesto in cui la donna non ha accesso alla vita pubblica ed è sottoposta a molte restrizioni, è una samaritana, in un tempo in cui le samaritane sono ritenute impure perché alla nascita non viene fatto loro il rito di purificazione, è una donna doppiamente impura, perché è una peccatrice che vive con un uomo che non è suo marito. Eppure Gesù le rivolge la parola, accetta, cerca, dialoga con lei. E a lei dichiara di essere il Messia. 

Questo episodio Giovanni lo colloca al termine della permanenza a Gerusalemme per la prima Pasqua della sua vita pubblica, dunque nel viaggio di ritorno in Galilea dal pellegrinaggio alla città santa (Gv 4,3-4). «Molti samaritani di quella città credettero in lui per le parole della donna» (v. 39). Chiamando gli uomini del villaggio a recarsi da Gesù, la samaritana è una delle prime missionarie.

A Gerico

Una tappa importante dell’ultimo viaggio di Gesù a Gerusalemme è rappresentata dalla città oasi di Gerico, il più antico insediamento conosciuto nel mondo. La città è situata in una posizione geografica chiave, crocevia per le carovane di mercanti e per i pellegrinaggi religiosi. 

Qui Gesù ridona la vista a un cieco che diviene discepolo (Mc 10,46-52) e guarisce nello spirito Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco (Lc 19,1-10), conducendolo all’amore e alla condivisione con i poveri.

Le parabole della misericordia e della vigilanza

Diciasette delle diciotto parabole riportate nel Vangelo di Luca sono inserite nel viaggio verso Gerusalemme (9,51-19,44). In particolare il capitolo 15,1-32 è composto completamente da parabole, le tre parabole della misericordia, che ci rivelano il cuore di Dio: la pecora smarrita, la moneta perduta, il figlio perduto (o il padre misericordioso). Tutte e tre le parabole si concludono con la stessa gioia incontenibile. In tutte Gesù insegna che Dio è Padre perché gioisce sempre del ravvedimento, del ritorno di ognuno.

Tuttavia, in questo cammino verso Gerusalemme, alle parabole della misericordia si affiancano le parabole della vigilanza, del discernimento (Lc 12,16-21, il ricco stolto; 12,33-48, i servi che vegliano; 16,1-8, l’amministratore disonesto; 16, 19-31, il ricco e il povero). 

Betania

La salita da Gerico a Gerusalemme comporta un dislivello di 1200 metri perché Gerusalemme si trova a 800 metri sul livello del mare, e il Mar Morto, da cui Gerico non è lontana, è a 400 metri sotto il livello del mare. Da Gerico a Betania, percorrendo la strada che attraversa il deserto di Giuda, vi sono circa 40 km per arrivare nei pressi di Betfage, sul versante orientale del monte degli Ulivi. Poco più sotto, sorge Betania, Bet’Ananyah, «casa di Anania». Qui, nella casa di Marta, Maria e Lazzaro, Gesù viene accolto con grande amicizia, probabilmente a ogni pellegrinaggio a Gerusalemme.

Anche nell’ultima settimana di vita, Gesù sosta nella casa degli amici, e proprio là, nella casa di Betania, Giovanni colloca un evento vertice, che chiude l’itinerario verso Gerusalemme e si pone come profezia e simbolo di quanto sta per accadere a Gesù: Lazzaro muore e Gesù lo richiama in vita (risurrezione di Lazzaro, Gv 11). 

Le sorelle di Lazzaro non chiedono a Gesù che egli restituisca la vita al morto. Questo non avviene mai in nessuno dei racconti di «risurrezione» dei Vangeli (figlia di Giairo, figlio della vedova di Naim): normalmente si chiede la guarigione del malato, ma di fronte alla morte, barriera insormontabile, non si chiede più nulla. 

Gesù «gridò a gran voce: “Lazzaro, vieni fuori”. Il morto uscì con i piedi e le mani avvolti in bende e il volto coperto da un sudario. Gesù disse loro: “scioglietelo e lasciatelo andare”». Siamo al vertice dell’annuncio: Gesù è la vita. Allo stesso tempo siamo al vertice dell’astio dei nemici di Gesù: è proprio in seguito alla risurrezione di Lazzaro che le autorità religiose, convinte che sia meglio che muoia un uomo solo per il popolo, decidono di ucciderlo (Gv 11,44-53).

A Gerusalemme

Gesù è giunto alla tappa suprema della sua vita: arriva a Gerusalemme, luogo nel quale si compirà la sua missione. 

di Mario Barbero

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Mario Barbero

Padre Mario Barbero, missionario della Consolata, nato nel 1939, è stato a Roma durante il Concilio, poi in Kenya, negli Usa, in Congo RD, in Sudafrica, in Italia, di nuovo in Sudafrica, e ora, dal 2021, nuovamente in Italia. Formatore di seminaristi, ha sempre amato lavorare con le famiglie tramite l’esperienza del Marriage Encounter (Incontro Matrimoniale).

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