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Acqua: bene comune o moneta sonante?

Foto in Creative Commons di Luke Romick - World Meteorological Organization / flickr.com Titolo foto: Give Water, Give Life. Foto vincitrice del Water Ways Photo Competition 2016.

Nel mondo l’acqua disponibile è sempre più scarsa. Per questo i conflitti per la sua gestione non diminuiscono e oggi si contano 3 persone su 10 prive di accesso all’acqua potabile. L’obiettivo Onu di sviluppo sostenibile numero 6 è quello di arrivare a garantire a tutti acqua potabile sicura ed economica entro il 2030. La giornata mondiale dell’acqua che si celebra oggi, ce lo ricorda.

L’acqua è vita. L’acqua è un bene comune. L’acqua è un diritto umano.
L’acqua ricopre il 70% della superficie terrestre, ma è quasi tutta inservibile. Solo il 3%, infatti, è dolce, e di questa solo un terzo si può usare. In più, non è disponibile ovunque: alcuni paesi ne hanno in abbondanza, altri poca, e il suo utilizzo da parte dell’uomo insieme ai cambiamenti climatici la rendono, a livello globale, sempre più scarsa.

L’acqua ha i suoi tempi

L’acqua è una risorsa rinnovabile. Ma si rinnova con i suoi tempi. Il prelievo di acqua da parte dell’uomo avviene, invece, con tempi sempre più rapidi.
Immaginiamo di avere 100 litri di acqua in una vasca. Immaginiamo di avere un rubinetto in grado di darci 5 litri al minuto e un tappo regolabile per farla defluire. Quei 100 litri d’acqua ci servono per lavarci, bere, cucinare, annaffiare le piante, dissetare il gatto. Se non vogliamo che si consumino tutti dobbiamo regolare il tappo in modo che non vadano nello scarico più di 5 litri al minuto. Ecco, il tappo del mondo è regolato male.

Il mondo è assetato

Per questo l’Onu sostiene che nel 2050 ci sarà quasi metà della popolazione mondiale che vivrà in zone a elevato stress idrico. Per questo oggi si contano circa 2,1 miliardi di persone nel mondo che vivono senza accesso diretto ad acqua potabile e 4,4 miliardi che non hanno accesso a servizi igienici adeguati (3 persone ogni 5).
«Ogni anno 361.000 bambini al di sotto dei 5 anni muoiono a causa della diarrea – scrive l’Unicef -. La carenza di servizi igienici e l’acqua impura sono collegate alla trasmissione di malattie quali colera, dissenteria, epatite A e tifo».
Mentre l’Onu indica in 40 litri la quantità minima di acqua quotidiana per soddisfare i bisogni basilari, nel mese di maggio Città del Capo, in Sudafrica, a causa della siccità, ne ridurrà la distribuzione a 25 litri per persona al giorno. E Cape Town è solo la prima di una lista di grandi città del mondo, tra cui San Paolo in Brasile, Bangalore in India, Londra in Europa, che si troveranno nei prossimi anni ad affrontare la sfida della carenza di acqua.

Conflitti e cooperazione

Da anni si parla delle «guerre dell’acqua», conflitti tra stati, tra popolazioni, tra gruppi, nati attorno alla gestione della risorsa idrica: tra Egitto ed Etiopia per le acque del Nilo, tra Laos, Cambogia e Cina per il Mekong, tra Iran, Iraq, Giordania, Arabia Saudita, Siria e Turchia per il bacino del Tigri e dell’Eufrate, e così via.
«L’acqua dolce è il nuovo oro alla pari delle criptovalute e come nell’antichità anche oggi il potere si concentra nelle mani di chi controlla acqua pulita e potabile», scrivono sul Sole 24 ore Jacopo Giliberto e Enrico Verga.
Ben vengano allora, in questo scenario, le molte iniziative, come quella del World water forum in corso in questi giorni, che a ogni livello, dal locale all’internazionale, cercano di riportare l’acqua alla sua natura di diritto indisponibile, di bene comune, di elemento vitale da gestire in modo sostenibile ed equo.

di Luca Lorusso

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Luca Lorusso

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