Ecco il terzo di tre schemi d’incontro per animare gruppi giovanili a partire dall’esortazione apostolica di papa Francesco, «Laudate Deum», sulla cura del creato.
Tema: cura del creato.
Obiettivo: sensibilizzare ai temi ecologici e alla ricerca in comune di soluzioni.
Durata incontro: 2 ore.
Destinatari: dai 16 anni.
Materiale: Pc, carta, penne, proiettore.
L’animatore inizia l’incontro proponendo di pregare il Salmo 8, che ci mette in contatto con l’opera splendida di Dio.
Siamo di terra e cielo
Dopo questo momento di preghiera, l’animatore offre ai giovani l’opportunità di accrescere la propria consapevolezza sulla chiamata a custodire madre terra.
Ancora in un clima di preghiera, stando all’aria aperta, nella natura, l’animatore chiede a ciascuno di raccogliere un po’ di terra, bagnarla, lavorarla, modellarla con le mani.
Invita poi a domandarsi davanti a questa esperienza: Cosa sento? Cosa provo? Cosa dice di me? Cosa dice a me?
Successivamente l’animatore invita a stendersi sul prato per contemplare il cielo in silenzio. Cosa sento? Cosa si muove dentro di me? Cosa dice a me oggi? Cosa dice di me?
L’animatore chieda ai ragazzi di provare a «prendere» tra le mani un pezzo di cielo. Il Cielo non si può afferrare, possedere. Ti avvolge, ti fa vivere ma non lo prendi! La terra sì!
Siamo fatti di terra e di cielo.
Commentare quest’idea e, poiché siamo fatti a immagine di Dio e parte del creato, riflettere sulla responsabilità di prenderci cura della madre terra.
La terra è di Dio
Nella Laudate Deum, al numero 62, leggiamo: «La Bibbia racconta che “Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona“ (Gen 1,31). Sua è “la terra e quanto essa contiene“ (Dt 10,14). Perciò Egli ci dice: “Le terre non si potranno vendere per sempre, perché la terra è mia e voi siete presso di me come forestieri e ospiti“ (Lv 25,23). Pertanto, “questa responsabilità di fronte ad una terra che è di Dio, implica che l’essere umano, dotato di intelligenza, rispetti le leggi della natura e i delicati equilibri tra gli esseri di questo mondo“».
In questo brano del capitolo conclusivo della Laudate Deum, il Papa invita tutti a riflettere sulle motivazioni spirituali del nostro impegno per il creato che scaturiscono dalla fede.
Noi, che siamo fatti a immagine e somiglianza di Dio, belli, buoni e giusti, e corresponsabili, siamo chiamati a prenderci cura della casa comune, consapevoli delle conseguenze di ciò che facciamo.
Da Porto Rico
Alcuni missionari presenti ad Arecibo, Porto Rico, raccontano: «Durante le settimane missionarie, visitando tutta l’isola, è facile vedere i contrasti della “Perla del Caribe”, Porto Rico. In una parrocchia abbiamo visto dall’esterno la zona residenziale, con controllo d’accesso, dove vivono alcuni politici. Poi, abbiamo visitato, a due passi dalla prima, una zona popolare, paradossalmente chiamata “Villa Alegría”.
Passando per la strada si vede una piccola discarica, entrando per la stradina di terra battuta vi si incontrano 250 famiglie organizzate in case semplici e povere che ricevono la luce perché allacciati abusivamente alla linea elettrica, senza la minima sicurezza. Fra tante persone, abbiamo conosciuto la signora Julia, che è ammalata di tumore e trascorre la sua giornata su un’amaca; ha una gamba amputata e non possiede nulla. Il pavimento della sua casetta è di legno vecchio e cadente, dovevamo far attenzione a dove mettere i piedi. La nostra presenza insieme al parroco l’ha riempita di gioia. In quella misera casa sembrava si ripetesse la scena di Betlemme dove nella povertà di una stalla nacque la Speranza degli ultimi».
Questa breve esperienza di incontro con una signora portoricana, povera ma ricca di fede e fiducia in Dio, ci fa cogliere innanzitutto la bellezza interiore di una persona, bellezza che viene dall’essere creati a immagine e somiglianza di Dio. Questa a volte stride purtroppo con la povertà circostante, della casa, del luogo, cosa che ci rimanda alla problematica delle disuguaglianze nel mondo e alle conseguenze dei cambiamenti climatici e delle ingiustizie. Ci mettiamo in atteggiamento di comunione, di ricerca di bellezza e di Gesù, ma anche di giustizia per tanti fratelli che soffrono a causa delle ingiustizie e dei cambiamenti climatici.
Il mondo canta l’Amore
«Gesù “poteva invitare gli altri ad essere attenti alla bellezza che c’è nel mondo, perché Egli stesso era in contatto continuo con la natura e le prestava un’attenzione piena di affetto e di stupore. Quando percorreva ogni angolo della sua terra, si fermava a contemplare la bellezza seminata dal Padre suo, e invitava i discepoli a cogliere nelle cose un messaggio divino“» (LD 64).
«Allo stesso tempo, “le creature di questo mondo non ci si presentano più come una realtà meramente naturale, perché il Risorto le avvolge misteriosamente e le orienta a un destino di pienezza. Gli stessi fiori del campo e gli uccelli che Egli contemplò ammirato con i suoi occhi umani, ora sono pieni della sua presenza luminosa“. Se “l’universo si sviluppa in Dio, che lo riempie tutto, quindi c’è un mistero da contemplare in una foglia, in un sentiero, nella rugiada, nel volto di un povero“. Il mondo canta un Amore infinito, come non averne cura?» (LD 65).
Conclusione
In sintesi, l’animatore sottolinea che in Laudate Deum troviamo l’invito a dare il nostro contributo per realizzare una cultura nuova, basata, per esempio, sulla riduzione degli sprechi e sull’attenzione a consumare in modo oculato, così da inquinare meno. Ci vuole un cambiamento di stile di vita, fatto di piccole grandi scelte, a partire dal modo di informarsi fino al riciclo degli oggetti, alla raccolta differenziata, ecc.
L’animatore, prima di concludere, fa una sintesi dei tre incontri fatti sul documento papale, ricordando gli impegni che i ragazzi stessi si erano presi durante il secondo incontro.
Poi riparte da questi temi per invitare i ragazzi, a gruppetti, a rielaborare il lavoro fatto e trasformarlo in proposte concrete da scrivere su cartelloni di azioni a favore del benessere del pianeta, del bene comune, di una auspicata transizione ecologica e culturale.
Concludere con il canto «Dolce sentire».
di Elena Salvagnin
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Elena Salvagnin
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