Padre Ditrick Julius Sanga, missionario della Consolata tanzaniano di 38 anni è animatore missionario in Polonia dal 2018. Prima a Łomianki, ora a Białystok, a pochi chilometri dal confine con la Bielorussia. Il suo sogno di annunciare Cristo si realizza nello stupore delle strade imprevedibili nelle quali lo pone il Signore.
Padre Ditrick Julius Sanga è nato il 26 gennaio 1986 in Tanzania, nel villaggio di Ifupa, regione di Mbeya. È cresciuto nel piccolo villaggio di Mwela dove suo padre lavorava come insegnante alla scuola primaria. «In questo villaggio ho fatto anche io la scuola primaria – dice -. Mentre la scuola media l’ho fatta all’Itamba secondary school. Per il liceo sono andato al Songea boys a circa 600 km a Sud. Alla fine di questi studi ho scritto la lettera vocazionale ai missionari della Consolata».
Perché hai deciso di diventare missionario della Consolata?
«All’inizio non conoscevo la differenza fra un prete diocesano e un missionario: quando qualcuno mi ha chiesto se volessi essere missionario o diocesano, non capivo, perché io avevo in mente semplicemente il prete nella Chiesa cattolica, punto e basta.
Come mi sono trovato a essere missionario della Consolata, allora? La storia è lunga, ma per farla breve, è successo che chi mi ha aiutato a capire la mia vocazione, mi ha dato l’indirizzo del direttore vocazionale dei missionari della Consolata. Là ho bussato e mi hanno aperto.
La cosa interessante è che, dopo un anno in seminario, quando sono ritornato in vacanza alla mia parrocchia di Matamba, mi sono reso conto che lì c’erano le immagini di Allamano e di Maria Consolata. Ho scoperto che la mia era stata una parrocchia della Consolata, oggi gestita dalla diocesi di Njombe.
Altra cosa interessante: mia mamma mi ha detto che il missionario che lavorava là le diceva che uno dei suoi figli sarebbe diventato prete».
Puoi raccontare brevemente la tua storia missionaria?
«Dopo essere stato accettato dai missionari della Consolata, ho iniziato il percorso formativo a Morogoro, in Tanzania. Lì sono stato quattro anni. Poi sono stato mandato in Mozambico dove ho fatto sei mesi per imparare la lingua portoghese e un anno di noviziato.
Dopo il noviziato sono stato a Roma per gli studi teologici, dal 2014 al 2017. Infine sono stato destinato in Polonia. Ho fatto i primi voti il 26 dicembre 2013 a Maputo, in Mozambico; i voti perpetui il 2 dicembre 2018 a Torino. Ho ricevuto l’ordinazione diaconale il 23 dicembre 2018 a Łomianki, in Polonia. Sono stato ordinato sacerdote il 13 settembre 2019 alla parrocchia di Matamba».
Dove hai lavorato?
«Dopo l’ordinazione sono arrivato in Polonia: i primi tre anni sono stato a Łomianki, vicino Varsavia. Poi sono stato mandato a Białystok, vicino alla frontiera con la Bielorussia.
Facciamo animazione missionaria e cerchiamo di condividere la nostra esperienza in diverse parrocchie del Paese.
Non solo dove viviamo, ma predichiamo ritiri in diverse parrocchie e teniamo incontri per i bambini nelle scuole».
Puoi dire due parole sulla Polonia? Quali sono le sue sfide missionarie principali?
«La Polonia è il Paese di san Giovani Paolo II. Si può trovare qualcuno che dice di non credere, ma la sua vita in un modo o nell’altro partecipa della tradizione cristiana che per lungo tempo ha affondato le radici nella cultura polacca. Qui i cattolici sono la maggioranza».
Che lavoro svolgi oggi?
«Quando mi trovo a Białystok, ogni domenica partecipiamo alle celebrazioni delle parrocchie nelle quali ci chiamano. In alcuni casi i parroci ci invitano per predicare giornate di ritiri. Altre volte facciamo animazione missionaria con i nostri giovani della fondazione “Dzieło na Misji” (Lavorare in missione).
Con i giovani di questo gruppo, poi, durante l’estate facciamo un’esperienza di missione nei Paesi dove si trovano i missionari della Consolata.
Quest’anno ci prepariamo per andare in Tanzania.
Negli anni passati, i gruppi giovanili formati da noi sono stati in Etiopia, Argentina, Mongolia e Tanzania. L’anno scorso sono ritornati in Etiopia, e quest’anno ritorniamo in Tanzania».
Qual è la soddisfazione più grande?
«Io sono contento soprattutto perché sono un sacerdote, amministro i sacramenti e svolgo altri incarichi come prete.
Per questo ringrazio Dio che mi conduce nelle sue vie».
Puoi raccontare un episodio significativo della tua vita missionaria?
«Quando ho finito gli studi a Roma, non sapevo quale sarebbe stata la mia destinazione. Non pensavo che sarei stato mandato in Polonia. Quando mi è stato detto, mi sono trovato in grande difficoltà.
Ma oggi ringrazio Dio che mi ha dato la grazia e l’occasione di essere qui. È qui che io posso realizzare la mia vocazione.
Sono contento e ringrazio Dio per la gente che incontro nella mia vita. Che Dio li benedica sempre».
Che cosa possiamo offrire al mondo come Missionari della Consolata? Quali sono le ricchezze che possiamo condividere con gli altri?
«Io credo che abbiamo tanto da offrire. A partire dalla nostra lunga esperienza di formazione che dura molti anni e viviamo in diversi luoghi nel mondo.
Passiamo attraverso diverse esperienze culturali, geografi-che, valoriali, linguistiche, e molto altro.
Questa è una ricchezza enorme.
Come si dice, “experience is a good teacher”, l’esperienza è una buona insegnante: a partire dalla condivisione della nostra vita, delle nostre gioie e sfide, e mettendo il cuore in tutto quello che facciamo, abbiamo tanto da offrire. Ciascuno di noi ha attraversato molte situazioni, e nella nostra storia abbiamo visto la presenza di Dio. Lui ci accompagna nella nostra strada, nelle discese e nelle salite. La nostra storia segnata dalla presenza di Dio è già un punto di partenza per offrire qualcosa agli altri. Ognuno di noi nel mondo è unico: la sua vita è un dono da offrire».
A partire dal tuo contesto, che cosa dovremmo fare, secondo te, per avere più impatto nel mondo giovanile?
«Per avere impatto nel mondo dei giovani dobbiamo interessarci a loro e a quello che fanno. Anch’essi, allora, si interesseranno a noi e a quello che proponiamo».
Che frase, slogan, citazione proporresti ai giovani dei nostri centri missionari, e perché?
«Abbiamo i nostri piani nella vita. Ma Dio ha il suo. Bisogna essere aperti ad accogliere il piano che Dio ha per noi. Perché Lui sa cosa è buono per noi. Anche se incontriamo delle difficoltà, Lui ci mostrerà la via d’uscita.
Il salmista dice: “Beato chi trova in Te la sua forza e decide nel suo cuore il santo viaggio”».
di Luca Lorusso
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Luca Lorusso
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