Slow page dei Missionari della consolata

Prendersi cura con un’Ape car

Unità di strada per le fragilità

I giovani del progetto Ape Care a Torino.

25 giovani di diverse nazionalità coinvolti in un presidio socio sanitario mobile in uno dei quartieri più difficili di Torino. Per incontrare e aiutare ad affrontare le tante fragilità di chi vive ai margini.

Chiama 25 giovani torinesi con origini africane, asiatiche, latinoamericane ed europee. Alcuni studenti, altri lavoratori. Prendi un’Ape car, scope e palette, delle pettorine da indossare con il logo del progetto socio sanitario mobile nel quale saranno coinvolti. Fornisci ai giovani le competenze per fare gli animatori di strada in un quartiere multietnico, attraversato da tensioni e povertà, come Aurora, zona Nord di Torino. Ed ecco il progetto «ApeCare», pensato dall’Ufficio per la pastorale dei migranti (Upm) della diocesi, da Camminare insieme Odv e da Mediterraneo Onlus per avvicinare le persone fragili e far conoscere loro i servizi presenti sul territorio per affrontare problemi di salute, difficoltà con i documenti, disagio abitativo e lavorativo, dipendenze, solitudine o la semplice paura di uscire per strada.

Il progetto «ApeCare»

«Il progetto prende il nome dal mezzo con cui ci spostiamo, un’Ape car. Tutti e 25 abbiamo tra i 21 e i 33 anni», ci racconta Chiara Barbonese, studentessa di scienze internazionali dello sviluppo e della cooperazione, tirocinante da novembre 2021 presso l’Upm e tuttofare nel progetto. «Noi ci consideriamo volontari. C’è un piccolo rimborso spese, previsto soprattutto per chi studia, chi lavora part time, chi deve pagare l’affitto. Abbiamo fatto 50 ore di formazione a fine 2021. Poi a gennaio abbiamo iniziato le uscite».
ApeCare è uno dei diciannove progetti vincitori del bando ToNite, finanziato, tra gli altri, dal programma Uia (Urban innovative actions) dell’Unione europea per migliorare la vivibilità degli spazi pubblici sulle sponde del fiume Dora. Si è concluso ufficialmente il 10 settembre, ma diversi giovani hanno deciso di proseguire l’esperienza, e in autunno torneranno, anche se a ranghi ridotti, lungo la Dora.
«Ci siamo divisi in tre gruppi per le tre giornate settimanali – racconta Chiara -: ogni martedì, dalle 18 alle 21, un gruppo di quattro affiancava fra Luca Minuto, cappuccino che già da anni va a trovare le persone per strada, approfondisce le loro problematiche e le aiuta ad affrontarle. Le uscite del mercoledì e del giovedì, tra le 17 e le 20, prevedevano ciascuna una decina di noi e la presenza dell’Ape car, il presidio socio sanitario mobile, di solito parcheggiata in corso Giulio Cesare angolo corso Emilia».
I gruppi del mercoledì e del giovedì utilizzavano scopa e palette per pulire le strade. «Funziona così: ci dividiamo in gruppi di due o tre ragazzi e ci sparpagliamo non troppo lontano. Pulendo la strada abbiamo iniziato ad agganciare commercianti e abitanti della zona per capire quali difficoltà ci sono nel quartiere, e abbiamo iniziato a dare volantini in diverse lingue sui vari servizi socio sanitari presenti sul territorio. Siamo stati stupiti dalla velocità con la quale abbiamo conosciuto molti frequentatori del posto.
Pensavamo che molti potessero sentirsi infastiditi dalla nostra presenza, e invece ci hanno accolti. Alcuni ci chiedevano la scopa e la paletta per pulire con noi. Un po’ per volta hanno iniziato ad avvicinarsi persone per diverse questioni: il lavoro, i documenti, la salute».

Unità di strada

I giovani raccoglievano i contatti delle persone, poi le richiamavano per prendere appuntamenti: chi con l’Upm, chi con Camminare insieme, chi con gli altri servizi della città. «Abbiamo attivato anche alcuni accompagnamenti portando le persone nei diversi uffici».
Chiara ci dice che da inizio anno ApeCare ha stabilito contatti con circa 500 persone, il 90% delle quali sono state richiamate. A parte un 10-15% che non ha risposto, molte altre si sono poi presentate a successivi appuntamenti, e per diverse persone sono state attivate delle azioni di aiuto. «Il servizio di ApeCare è un primo approccio, un’iniziale conoscenza che poi viene approfondita in seguito. È un’unità di strada dei nostri uffici. Normalmente, chi arriva, ad esempio, all’ufficio migranti, ci arriva perché ha una rete attorno a sé che l’ha indirizzato. Ma molti non hanno nessuna rete, e questo progetto ha permesso loro di conoscere le opportunità presenti in città».
Un esempio di attivazione di aiuto è quello che riguarda un uomo marocchino con problemi neurologici: «Aveva avuto un incidente qua a Torino. Era stato in coma. Però non aveva ancora il permesso di soggiorno. Noi siamo riusciti a prendere appuntamento con il neurologo di Camminare insieme, poi l’abbiamo accompagnato a fare una serie di visite e alla fine siamo riusciti a aiutarlo a ottenere il permesso di soggiorno per cure mediche a cui aveva diritto. Quell’uomo ha ottenuto il permesso di soggiorno e, in più, l’aiuto di cui aveva bisogno per essere curato».

Unificare il territorio

Il gruppo di 25 animatori di strada è composto da giovani di diverse provenienze: Marocco, Pakistan, Camerun, Senegal, Italia, Cina, Perù, Albania, Siria, Guinea Conakry. Questo gli ha permesso un inserimento più semplice nel quartiere: «Una persona che non parla l’italiano, o che non ha mai parlato con un italiano, si trova più a suo agio con un ragazzo di origini marocchine, o senegalesi o pachistane, che, però, ha una pettorina e sa dare informazioni – prosegue Chiara -. Una volta ho chiamato un ragazzo pachistano contattato da uno dei nostri giovani, anche lui di origine pachistana. Doveva rinnovare il permesso di soggiorno. Io gli ho parlato in inglese e gli ho preso un appuntamento, e lui ha ringraziato moltissimo perché diceva che altrimenti non avrebbe saputo a chi chiedere. La cosa era semplice, avrebbe potuto farla anche da solo, ma era bloccato, spaventato dal pensiero di non trovare qualcuno con cui parlare la sua lingua».
La maggior parte delle persone incontrate erano straniere di tutte le età, soprattutto uomini, ma molte erano anche italiane. «Una delle cose belle di ApeCare è che ha contribuito a unificare il territorio, creando conoscenza tra le diverse nazionalità. Un esempio è quello di una signora italiana settantenne, trasferitasi da poco in zona. Ci ha raccontato che all’inizio era spaventata dal quartiere. Poi ci ha visti e ha preso a scendere con il cane. Ci portava dei dolci, e intanto ha cominciato a pulire con noi. Un po’ per volta si è appassionata, e quindi il mercoledì ci raccontava che in settimana aveva incontrato quel ragazzo che aveva un problema e che lei gli aveva detto di venire a trovare noi per chiedere… è stato molto bello».

di Luca Lorusso

Leggi, scarica, stampa da MC ottobre 2022 sfogliabile

Per visualizzare alcune video biografie di abitanti del quartiere Aurora: https://tonite.eu/category/multimedia/

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Luca Lorusso

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