I doni spirituali (12,1-31)
L’immagine del corpo di Cristo viene ora usata da Paolo per affrontare un altro problema della comunità di Corinto: le rivalità, gelosie e litigi a causa dei diversi doni spirituali – carismi – che i cristiani hanno ricevuto e che usano tanto all’interno che all’esterno della comunità.
Questo problema di gelosie, competenze e discriminazioni non nasconde ma, al contrario, fa risaltare ciò che è veramente positivo in quella comunità. Sono cristiani entusiasti, pieni di Spirito, coscienti del loro protagonismo e della funzione maggiore o minore che ognuno poteva portare nel gruppo. Per questo, non ostante tutte le sue debolezze umane e gli abusi, la comunità di Corinto continua a essere un esempio per i credenti di tutti i tempi.
Che direbbe l’Apostolo di molte delle nostre comunità cristiane di oggi il cui vero problema è la passività e il disinteresse dei suoi membri?
1Riguardo ai doni dello Spirito, fratelli, non voglio lasciarvi nell’ignoranza. 2Voi sapete infatti che, quando eravate pagani, vi lasciavate trascinare senza alcun controllo verso gli idoli muti. 3Perciò io vi dichiaro: nessuno che parli sotto l’azione dello Spirito di Dio può dire: «Gesù è anàtema!»; e nessuno può dire: «Gesù è Signore!», se non sotto l’azione dello Spirito Santo.
1Cor 12,1-3
Paolo enumera una lista di questi doni o carismi tanto all’inizio (8-11) come alla fine di questa sezione della lettera (27s.). Non si tratta di liste complete, esaustive, ma illustrative della varietà e pluralità che caratterizza quella comunità che ha di tutto: gente con il dono della sapienza, del discernimento, della guarigione, del consiglio, della predicazione, di esprimere esperienze spirituali e di interpretarle – l’Apostolo chiama questi doni «parlare in lingue» e interpretarle -, della leadership – apostoli, profeti, maestri -, dell’assistenza ai bisognosi, etc. Cioè una comunità veramente plurale, viva, impegnata.
4Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; 5vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; 6vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. 7A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune: 8a uno infatti, per mezzo dello Spirito, viene dato il linguaggio di sapienza; a un altro invece, dallo stesso Spirito, il linguaggio di conoscenza; 9a uno, nello stesso Spirito, la fede; a un altro, nell’unico Spirito, il dono delle guarigioni; 10a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di discernere gli spiriti; a un altro la varietà delle lingue; a un altro l’interpretazione delle lingue. 11Ma tutte queste cose le opera l’unico e medesimo Spirito, distribuendole a ciascuno come vuole.
1Cor 12,4-11
Qual’è il problema allora?
Quello di sempre, vale a dire: le persone che esercitano le funzioni più umili sono sottovalutate, disprezzate e subordinate. In cambio, alcuni dirigenti e leaders si staccavano dal gruppo e finivano per dominare e ridurre al silenzio gli altri, certamente i più poveri e meno influenti. Paolo perciò vuole frenare questi abusi, discriminazioni e arroganze da parte di alcuni privilegiati, affermando che i ministeri, i carismi e le attività hanno come origine comune il Signore, il suo Spirito e Dio. Senza usare una terminologia trinitaria evoluta, è visibile il pensiero trinitario dell’Apostolo: Spirito Santo, Signore Gesù, Dio Padre.
12Come infatti il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo. 13Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito.
1Cor 12,12-26
14E infatti il corpo non è formato da un membro solo, ma da molte membra. 15Se il piede dicesse: «Poiché non sono mano, non appartengo al corpo», non per questo non farebbe parte del corpo. 16E se l’orecchio dicesse: «Poiché non sono occhio, non appartengo al corpo», non per questo non farebbe parte del corpo. 17Se tutto il corpo fosse occhio, dove sarebbe l’udito? Se tutto fosse udito, dove sarebbe l’odorato? 18Ora, invece, Dio ha disposto le membra del corpo in modo distinto, come egli ha voluto. 19Se poi tutto fosse un membro solo, dove sarebbe il corpo? 20Invece molte sono le membra, ma uno solo è il corpo. 21Non può l’occhio dire alla mano: «Non ho bisogno di te»; oppure la testa ai piedi: «Non ho bisogno di voi». 22Anzi proprio le membra del corpo che sembrano più deboli sono le più necessarie; 23e le parti del corpo che riteniamo meno onorevoli le circondiamo di maggiore rispetto, e quelle indecorose sono trattate con maggiore decenza, 24mentre quelle decenti non ne hanno bisogno. Ma Dio ha disposto il corpo conferendo maggiore onore a ciò che non ne ha, 25perché nel corpo non vi sia divisione, ma anzi le varie membra abbiano cura le une delle altre. 26Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui.
I doni e i carismi, perciò, non sono qualità naturali né frutto di sforzo umano, o merito, o privilegio, ma pura grazia e regalo delle tre persone divine. Ancor più: questi doni non sono per uso o usufrutto esclusivo di coloro che li hanno ricevuti, ma per il bene di tutta la comunità. Continuando il discorso, l’Apostolo ritorna a presentare la comunità come «corpo di Cristo» e la relazione che deve esistere tra i suoi membri. E viene da dire in primo luogo che le categorie discriminatorie di schiavo e libero, giudeo e greco, uomo e donna, e ricco e povero non esistono più perché sono state abolite dal Signore. In secondo luogo dice che tutti e tutte, senza eccezione, sono protagonisti nella costruzione del regno di Dio, compito di tutta la comunità cristiana. L’immagine della società come corpo organizzato era abbastanza comune nel pensiero etico della società greca. Si usava anzitutto per rinforzare lo status quo, cioè la superiorità e il dominio degli uni sugli altri. Nell’applicare questa immagine alla comunità cristiana, aolo vuole fare il contrario: smantellare qualsiasi struttura di dominio che emargini i membri più deboli e vulnerabili, o che li privi del protagonismo e li riducano a «ascoltino e tacciano» come sarebbe successo per tanti secoli per i pazienti laici il cui termine è arrivato ad essere sinonimo di «ignorante».
27Ora voi siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue membra. 28Alcuni perciò Dio li ha posti nella Chiesa in primo luogo come apostoli, in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come maestri; poi ci sono i miracoli, quindi il dono delle guarigioni, di assistere, di governare, di parlare varie lingue. 29Sono forse tutti apostoli? Tutti profeti? Tutti maestri? Tutti fanno miracoli? 30Tutti possiedono il dono delle guarigioni? Tutti parlano lingue? Tutti le interpretano? 31Desiderate invece intensamente i carismi più grandi. E allora, vi mostro la via più sublime.
1Cor 12,27-31
Il Concilio Vaticano II ha finalmente dato una svolta (un rovesciamento) a questa situazione affermando che «la Chiesa docente, santificante e governante» non è esclusivamente la gerarchia ecclesiastica e i ministeri non sono esclusivamente dei vescovi e dei sacerdoti, ma che i cristiani i quali costituiscono la «massa silenziosa», in virtù del battesimo ricevuto hanno anche il carisma dello Spirito per «insegnare, santificare e dirigere» dentro le relazioni di armonia con la gerarchia, costituendo quel «mistero di comunione» che è la Chiesa. Il sogno di Paolo di una Chiesa tutta carismatica e tutta ministeriale si va facendo a poco a poco realtà.
Inno all’amore cristiano (13,1-13)
31Desiderate invece intensamente i carismi più grandi. E allora, vi mostro la via più sublime (12,31). Ciò che nel corpo è realizzato e animato dalla funzionalità degli organi, nella Chiesa è attuato dal super carisma dell’amore. Arrivata a questo punto, la retorica di Paolo diventa lirica per cantare l’amore.
1Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita.
1Cor 13,1-3
2E se avessi il dono della profezia, se conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la conoscenza, se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla.
3E se anche dessi in cibo tutti i miei beni e consegnassi il mio corpo per averne vanto, ma non avessi la carità, a nulla mi servirebbe.
Questo testo si può paragonare con gli insegnamenti del discorso della cena – specialmente Gv 15,12-17 – e con la prima lettera di Giovanni. Ai vocaboli greci correnti «eros» e «philia», Paolo ne preferisce uno meno frequente, «agape», poiché canta l’amore che lo Spirito di Dio, di Cristo, infonde nel cuore del cristiano (cf. Rom 5,5). Sebbene in alcune sue manifestazioni coincida con quelle degli altri amori umani, l’origine e la finalità dell’agape li trascende e supera tutti. Il termine greco «agape» si è di solito tradotto con «carità».
4La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, 5non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, 6non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. 7Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.
1Cor 13,4-11
8La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno, il dono delle lingue cesserà e la conoscenza svanirà. 9Infatti, in modo imperfetto noi conosciamo e in modo imperfetto profetizziamo. 10Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà. 11Quand’ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Divenuto uomo, ho eliminato ciò che è da bambino.
Questa parola oggi è deprezzata, nelle nostre lingue odierne ha perso tutta la forza che aveva nell’esperienza e nella vita di Paolo. Per molta gente oggi «carità» e «fare la carità» significa fare l’elemosina o offrire un aiuto sporadico a un bisognoso, senza che necessariamente comprometta la persona nel più profondo del suo essere. Per l’Apostolo, invece, carità è tutto l’essere, e senza la carità tutta la vita cristiana si riduce a ipocrisia.
12Adesso noi vediamo in modo confuso, come in uno specchio; allora invece vedremo faccia a faccia. Adesso conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto. 13Ora dunque rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità. Ma la più grande di tutte è la carità!
1Cor 13,12-13
Come spiegare questo amore? Lasciando da parte ogni definizione, Paolo si lancia in una appassionata squalifica e relativizzazione di ogni dono o qualità umana, sforzo, rinuncia o sacrificio che non sia ispirato dall’amore-carità (1-3). Quindi scende al dettaglio e ci dice come si comporta una persona che ama (4-7), per concludere che, alla fine, quando ci incontreremo con Dio faccia a faccia, la fede e la speranza avranno compiuto il loro compito, e soltanto l’amore durerà per sempre.
Non dobbiamo dimenticare il contesto polemico della lettera in cui Paolo inserisce questo magnifico canto all’amore, cioè il contesto del «corpo di Cristo», formato da tutti i credenti della comunità di Corinto dove si è inserito il virus della divisione e della discriminazione. Soltanto l’amore di Cristo e del suo corpo, già inseparabile, può creare la comunità. Come diceva san Giovanni della Croce, «nell’ultimo giorno saremo esaminati sull’amore».
di Mario Barbero
Mario Barbero
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