Slow page dei Missionari della consolata

Missione è anche… punteggiatura

Missione, amicizia e... linguistica


Un gruppo di ragazzi missionari legati alla
Casa Milaico, affronta un’attività speciale: una prova di linguistica sulla puntaggiatura.
E la loro animatrice vi dedica la sua tesi di laurea.
Anche dalla linguistica passa la missione che porta amicizia, freschezza e bellezza.

Fare parte di un gruppo significa molte cose. Quando ho iniziato a fare l’animatrice a Milaico avevo 20 anni e i ragazzi che seguivo ne avevano 14.
Da quel giorno sono passati cinque anni, tanti incontri, tante esperienze, tanti volti nuovi, tante riflessioni e tante risate.
Nel nostro gruppo oggi ci sono quindici ragazzi, due animatori e un padre. Fanno tutti parte dello stesso gruppo, tutti contribuiscono e tutti sanno di avere tanto da dare e tanto da ricevere. Sebbene ognuno ricopra un ruolo diverso, ognuno sente di far parte in egual modo di questa piccola grande famiglia.

Punteggiatura

In questo gruppo siamo cresciuti insieme, tutti, e ora quei quattordicenni sono maggiorenni.
Tra le mille cose fatte insieme, ce n’è una recente, e un po’ particolare, che voglio condividere. La partecipazione del gruppo alla mia tesi di laurea.
Mi spiego: ho conseguito da poco la laurea in linguistica e, come tutti i laureati, ho concluso il mio percorso universitario con la stesura della tesi.
La mia tesi parla di punteggiatura e di prove Invalsi. Le Invalsi sono delle prove anonime che gli studenti italiani compilano ogni anno rispondendo a domande chiuse, indicando quella che per loro è la risposta corretta a un certo quesito.
Queste prove sono essenziali per il monitoraggio della situazione scolastica del nostro paese, ma peccano in qualcosa: manca la possibilità di registrare la voce degli studenti, le ragioni per le quali hanno scelto una risposta rispetto a un’altra, i loro ragionamenti sottostanti.
Nella mia tesi ho cercato di dar voce a tutto questo.
Inizialmente avrei dovuto svolgere la mia ricerca diretta in una classe scolastica, ma, a causa del Covid, non mi è stato possibile. Allora la mia relatrice mi ha rivolto una domanda che ora riporto ricordando il dialogo di quella videochiamata di marzo 2021.

Di che gruppo si tratta?

«Paola non è che conosci un gruppo di ragazzi a cui sottoporre le prove, dato che non è possibile entrare nelle scuole?».
«In effetti un gruppo ci sarebbe. Si tratta di quindici ragazzi, tra i diciassette e i diciannove anni. Frequentano le classi 4 e 5 superiore, ma di scuole diverse e indirizzi diversi».
«Bene. Ma credi che sarebbero disponibili a svolgere quest’attività?».
«Penso proprio di sì. Mi conoscono bene e io conosco loro, non è la prima volta che lavoriamo insieme. Sanno lavorare in squadra e mettersi in gioco».
«Di che gruppo si tratta? Sono ragazzi a cui fai ripetizioni?».
A quel punto non sapevo bene come spiegare a una docente universitaria, durante una video chiamata su zoom, utilizzando il minor tempo e numero di parole possibile cosa fosse il gruppo a cui mi riferivo. Ci ho provato.
«Io sono animatrice in una casa di animazione missionaria. Si chiama Milaico e si trova a Nervesa della Battaglia. Da cinque anni seguo questo gruppo di ragazzi organizzando attività di sensibilizzazione missionaria e avrei pensato proprio a loro».
Ho guardato la faccia della mia relatrice cercando di capire se avesse mai sentito parlare di una realtà di quel tipo.
«Ma dai – mi ha risposto -. Io conosco i Comboniani».
Perfetto. C’era un punto di incontro. Ho raccontato così dei
Missionari della Consolata e abbiamo concluso la chiamata.

L’amicizia che apre al nuovo

Quando ho proposto l’attività ai miei ragazzi con un messaggio nel gruppo WhatsApp, mi hanno risposto tutti molto entusiasti nel giro di un’ora. Benissimo allora, l’attività si poteva organizzare.
Io mi trovavo per l’Erasmus in Germania, quindi non era possibile incontrarsi di persona.
Ho diviso i ragazzi in quattro gruppi in base all’età e alla scuola frequentata e ho effettuato un incontro virtuale di due ore con ciascuno di essi.
Nell’incontro, loro hanno risposto ai quesiti delle prove, abbiamo discusso, ragionato molto sull’uso della punteggiatura, quei minuscoli segni a cui di solito nessuno fa caso e, forse, abbiamo anche imparato qualcosa.
I ragazzi si sono impegnati come mai avrei pensato, si sono dimostrati interessati e pronti a provare qualcosa di nuovo e diverso da quello a cui erano abituati: di certo, a Milaico, non si affrontano prove Invalsi.
Abbiamo discusso di come la punteggiatura viene insegnata a scuola e di come la insegnerebbero loro se fossero dall’altra parte della cattedra. Abbiamo ricordato gli anni delle scuole elementari e medie, rispolverando ricordi assopiti nella memoria. E abbiamo riso.
Ogni incontro iniziava e finiva con un po’ di chiacchiere. Come un gruppo di amici che non si vede da molto tempo, e in effetti noi lo siamo.

Cammino aperto

La mia tesi poi si è conclusa benissimo e la cosa più bella è stata che, dopo aver discusso i risultati in seduta di laurea, la mia relatrice si è complimentata con me sottolineando come «i risultati ottenuti da tale lavoro non sarebbero stati possibili senza un gruppo così affiatato, sia tra di loro, che nei confronti dell’intervistatrice (cioè io), perché per affrontare attività scolastiche in un ambiente extrascolastico c’è bisogno di una forte volontà da parte di entrambe le parti».
Mi piace lavorare con questi ragazzi perché sono diversi l’uno dall’altro, perché hanno vite diverse, caratteri diversi, sogni diversi, ma hanno in comune l’appartenenza a questo gruppo e la gioia che questa appartenenza provoca.
In ogni incontro che facciamo si respira amicizia, curiosità, freschezza e bellezza. Ciò che mi auguro è che il nostro cammino sia ancora lungo e aperto a nuove esperienze e possibilità. Fare parte di un gruppo significa molte cose.

di Paola Bassan

Leggi, scarica, stampa da MC marzo 2022 sfogliabile.

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