Una preghiera (da vivere anche a distanza) per il tempo di Quaresima e prepararci alla Pasqua.
Canto. Vocazione.
Guida. La Quaresima è un tempo liturgico dedicato alla conversione, cioè a un cambiamento di rotta nella direzione dello svuotamento, della predisposizione a lasciarci riempire dalla gioia della Pasqua.
Per far questo, è necessario riconoscere i fardelli che ci trasciniamo sulle spalle, ma soprattutto rafforzare la nostra disponibilità a lasciarci liberare del loro peso da Cristo, per seguirlo da risorti nell’allegria e per portare l’annuncio a tutto il mondo.
Lettore 1. Dal Vangelo secondo Giovanni (5,1-16).
Ricorreva una festa dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. A Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, vi è una piscina, chiamata in ebraico Betzatà, con cinque portici, sotto i quali giaceva un grande numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici. Si trovava lì un uomo che da trentotto anni era malato. Gesù, vedendolo giacere e sapendo che da molto tempo era così, gli disse: “Vuoi guarire?”. Gli rispose il malato: “Signore, non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l’acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, un altro scende prima di me”. Gesù gli disse: “Àlzati, prendi la tua barella e cammina”. E all’istante quell’uomo guarì: prese la sua barella e cominciò a camminare.
Gv 5,1-16
Lettore 2. Incuriosisce questo personaggio incontrato da Gesù, malato da 38 anni. Possibile che non abbia mai trovato qualcuno che lo aiutasse? Possibile che non sia mai riuscito in tanti anni a essere il primo?
Lettore 3. Anche Gesù stupisce con il suo modo di fare: non sembra infatti il Gesù tenero e comprensivo che accarezza e prende per mano, come fa in occasione di altre guarigioni. All’uomo immobile da 38 anni si rivolge in modo schietto, quasi brusco: «Vuoi guarire? Prendi la tua barella e cammina».
Sembra che l’uomo abbia bisogno di guarire prima di tutto dal suo vittimismo.
La malattia a volte si alimenta di un certo compiacimento che impedisce la guarigione. L’uomo del brano in realtà non vuole scendere nell’acqua. Cioè, non vuole prendere in mano la sua vita e le opportunità che gli si presentano per guarirla.
Lettore 2. Gesù lo richiama a far valere le sue risorse personali e a tirare fuori dignità e coraggio.
No, Gesù non spingerà quel lettino verso la piscina, ma gli dice: «Prendi la tua barella e cammina». Ed è in quel momento che l’uomo si scopre guarito, quando il Signore gli mostra che può desiderare la vita.
L’uomo è visitato dal vero Maestro che finalmente lo tira fuori dalla tana e gli dona stima per volere la guarigione.
(cfr. don Franco Mastrolonardo).
Segno. Su un cartoncino a forma di barella, ognuno scrive la propria risposta alle domande di Gesù: «Qual è la tua infermità?», «Vuoi guarire?». Poi ciascuno, dopo aver piegato il cartoncino e averci scritto il proprio nome, lo pone ai piedi dell’altare o del crocifisso come segno di affidamento al Signore.
Se l’incontro avviene a distanza, ciascuno solleva il cartoncino per mostrarlo agli altri.
Canto. Misericordias Domini.
Lettore 3. Ciascuno di noi ha, come minimo, due vocazioni. La seconda è quella al matrimonio o alla vita consacrata, alla missione, alla cura dei malati, ecc.
Può capitare che uno non scopra la seconda vocazione perché ha un problema con la prima: la chiamata a vivere.
La prima cosa che ha fatto Dio con ciascuno di noi è stata di chiamarci alla vita, e a una vita piena, felice.
Qualcuno fa fatica a fare pace con questo. La nostra generazione sembra attaccata alla tristezza, è accerchiata da una cultura di tristezza, di lamentela, di rivendicazione, di rabbia.
Il nostro tempo, dominato dal mercato, insiste sul vuoto e sulla carenza di senso della vita. Il cuore triste, se non trova la via della vita, rischia di diventare il cuore del consumatore perfetto: «Mangia, compra, gioca, esci, divertirti, consuma».
Ma il vuoto, riempito di ciò che non è vita, si allarga.
Lettore 2. «L’infelicità non è mai la verità. La verità è un’altra. Il male non è la verità, il peccato non è mai la verità di un uomo. I tuoi errori non sono la tua verità, per quanto grandi tu li possa aver fatti, non sono mai la tua verità. L’ultima frase che disse San Giovanni Paolo II nell’ultima omelia della sua ultima giornata mondiale della gioventù a Toronto nel 2002 fu questa: “Noi non siamo la somma dei nostri peccati e delle nostre debolezze. Noi siamo tutto l’amore di Dio per noi, più la nostra capacità reale di rispondergli”. Questa è la nostra verità».
(don Fabio Rosini).
Guida. Se ciascuno di noi è tutto l’amore di Dio, e se l’Amore, in quanto tale, è dono, allora siamo chiamati a una vita di donazione.
«Prendi la tua barella e cammina» in direzione dell’altro, di chi, come te, è ferito, infermo, fa fatica, aspetta giustizia.
Segno. Ciascuno si «alza, prende la propria barella», e aggiunge alle risposte precedenti, le risposte ad altre due domande di Gesù: «Quali sono le infermità del mondo?», «Vuoi essere mio strumento di guerigione?».
Questa volta ciascuno terrà la propria barella con sé.
Canto. Misericordias Domini.
Tutti insieme. Salmo 51.
Fin dalla nascita sono nella colpa,
peccatore mi ha concepito mia madre.
Ma tu vuoi trovare dentro di me verità,
nel profondo del cuore mi insegni la sapienza.
Purificami dal peccato e sarò puro,
lavami e sarò più bianco della neve.
Fa’ che io ritrovi la gioia della festa,
si rallegri quest’uomo che hai schiacciato.
Togli lo sguardo dai miei peccati,
cancella ogni mia colpa.
Crea in me, o Dio, un cuore puro;
dammi uno spirito rinnovato e saldo.
Non respingermi lontano da te,
non privarmi del tuo spirito santo.
Ridonami la gioia di chi è salvato,
mi sostenga il tuo spirito generoso.
Guida. Concludiamo con il Padre nostro, chiedendo al Signore di aiutarci a spezzare il nostro pane quotidiano insieme agli altri, ai poveri, a chi è in cerca di Lui.
Canto. Andate per le strade.
di Annarita Leserri
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Annarita Leserri
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