Da Kielpin, vicino Varsavia, i missionari della Consolata irradiano lo spirito missionario, declinandolo in polacco.
In un paese nel quale l’accento universale della Chiesa stenta a farsi sentire, la comunità di sette missionari provenienti da 3 continenti e 5 paesi diversi è una realtà che attrae molti giovani.
Il mondo giovanile in Polonia si presenta come una realtà molto ricca e variegata. La prima impressione per chi, come me, arriva da un altro paese, è che qui i giovani sono tanti. Si incontrano ovunque: impegnati a raggiungere l’università con i mezzi di trasporto pubblico, nei locali del centro alla moda, per strada mentre si scambiano messaggi con gli amici, o passeggiano nei centri commerciali.
Sono tanti anche i gruppi giovanili cristiani.
Insomma, posso dire che in Polonia non si fa fatica a incontrare i giovani.
Varsavia, poi, essendo la capitale, ne attira molti che vengono qui per studiare e per cercare lavoro.
Non a caso, secondo una classifica dell’Unione europea, Varsavia è stata indicata come la migliore città per fare l’Erasmus considerando una serie di fattori come la qualità dell’insegnamento, il costo della vita, i trasporti, ecc. Per cui: vi aspettiamo!
Figli della storia
I giovani polacchi, come tutti noi, sono figli della loro storia.
Pur non avendo vissuto le grandi guerre del Novecento, che qui hanno avuto esiti particolarmente drammatici, essi sono coscienti di quanto esse abbiamo influito nella storia del loro paese, e nella vita quotidiana, ancora oggi, di molti.
È sufficiente ascoltare in famiglia i racconti dei nonni per capire il male sofferto e le ingiustizie subite sia in tempo di guerra che dopo.
Poco tempo fa un ragazzo mi raccontava come il bisnonno visse il giorno del matrimonio: si sposò a Varsavia, il 1 settembre del 1939. Era un mattino. Dopo qualche ora dalla fine della cerimonia nuziale, la stessa chiesa dove era stato celebrato il matrimonio fu distrutta da un bombardamento aereo. Era il giorno del loro matrimonio. Era l’inizio della seconda guerra mondiale.
Un paese «in cammino»
La Polonia è un paese profondamente cattolico. Seppur provato dalle sfide della cultura attuale che tende a sostituire il discorso religioso con altri valori edonistici, posso affermare che una significativa base religiosa rimane tra la gente, anche tra i giovani.
I grandi incontri giovanili organizzati dalla Chiesa polacca, danno sempre nell’occhio. A parte durante questo ultimo anno segnato dal Covid, qui sono frequenti le occasioni di divertimento, preghiera, canto, rivolte ai giovani.
A questi incontri partecipano da tutta la Polonia.
Avrete forse sentito parlare del Santuario della Madonna Nera di Częstochowa. È il luogo più importante dove, da secoli, i fedeli vengono a pregare e a chiedere grazie. Ai piedi del quadro miracoloso, ogni estate giungono da ogni parte del paese decine di pellegrinaggi organizzati da tutte le diocesi.
Tra questi c’è anche quello organizzato dagli studenti universitari di Varsavia che ogni hanno raccoglie migliaia di giovani e famiglie per percorrere a piedi i 300 km che separano la capitale politica dalla capitale spirituale del paese.
Anche noi missionari, fin dal primo anno della nostra presenza in Polonia, partecipiamo al pellegrinaggio. Guidiamo un gruppo conferendogli una spiccata identità missionaria.
Per alcuni di questi giovani, il pellegrinaggio rappresenta una specie di vacanza alternativa vissuta in allegra compagnia. Per altri, invece, è una forte esperienza di fede e di riscoperta di Dio.
Molti pregano intensamente, chiedendo al Signore che guidi la loro vita. Così non è raro che qualcuno, durante il cammino, capisca di essere chiamato alla vita consacrata.
Altri, recitando il rosario quasi ogni giorno, chiedono la grazia di trovare una buona moglie o un buon marito, e diverse coppie, oggi sposate, raccontano di essersi conosciute camminando durante quei giorni.
La scelta dell’amore
Sono tante le coppie di sposi che si sono conosciute frequentando la nostra comunità: Magdalena e Wojciech, Agnieszka e Luca, Giulia e Rafał e altre.
È stata sempre una gioia partecipare alle loro nozze, e vedere con quale intensità hanno vissuto quel momento, e hanno ringraziato i loro genitori, sorelle e fratelli per averli accompagnati nel cammino della vita.
È bello vedere due giovani che scelgono un marito, una moglie da amare fedelmente nella buona e nella cattiva sorte.
La gratitudine
Per molti giovani, il pellegrinaggio è vissuto come una vera e propria offerta di se stessi a Dio, spesso per ringraziarlo per qualcosa che è avvenuto nella loro vita, come la riuscita di un esame o una guarigione da qualche malattia.
Per qualcuno il cammino è un modo per chiedere al Signore una grazia particolare: ricordo con ammirazione un giovane che mi ha raccontato che offriva le fatiche del pellegrinaggio per il papà che aveva problemi con l’alcol. La sua richiesta era che il genitore uscisse da quella schiavitù.
Una comunità interculturale
I ragazzi che incontriamo nel nostro lavoro missionario sono tanti e molto diversi.
Anzitutto ci sono quelli che frequentano fedelmente la nostra cappella. Credo che essi siano attratti molto la nostra provenienza internazionale.
La nostra comunità, infatti, è composta da sei missionari di tre continenti e ben cinque paesi diversi, se non contiamo lo studente polacco.
Qui in Polonia, dove gli stranieri sono pochi rispetto ad altri paesi europei, la nostra comunita sicuramente colpisce e desta curiosità e stupore in chi ci incontra.
Opera per la missione
Da qualche anno è sorta accanto alla nostra comunità, una fondazione di volontariato missionario: «Opera per la missione». È composta da studenti universitari e da laureati in diverse discipline provenineti da tutta la Polonia. Ci incontriamo un week end al mese presso la nostra casa (on line in questo tempo di Covid) per fare esperienza di fraternità, preghiera e formazione missionaria.
Ogni anno scegliamo di realizzare un campo in missione legato a un microprogetto indicato dai missionari del luogo: nel 2017 in Etiopia, nel 2018 in Argentina, nel 2019 in Mongolia.
Durante l’anno, prima della partenza missionaria, i volontari fanno testimonianze nelle parrocchie, invitando alla preghiera e raccogliendo fondi grazie ai quali poi realizzano il progetto estivo. Inoltre essendo studenti o laureati, spesso in missione possono mettere al servizio dei più poveri le loro capacità e conoscenze, come nel campo della medicina, della pedagogia e dell’insegnamento.
Personalmente ringrazio il Signore perché continua a farmi incontrare persone semplici e concrete che mi mostrano la bellezza del condividere un po’ della loro vita con e per gli altri.
Ricordando la Gmg
Indimenticabile è stata l’esperienza della Gmg 2016 celebrata a Cracovia e preceduta da una settimana diocesana presso la nostra comunità e presso famiglie di Lomianki, la cittadina in cui viciamo. La nostra comunità, fin dall’inizio, ha raccolto la sfida di accogliere i gruppi giovanili legati ai missionari della Consolata provenienti da tutto il mondo e desiderosi di partecipare all’evento e di conoscere la Polonia. Sono arrivati ben 136 giovani da sei paesi diversi: Colombia, Messico, Kenya, Italia, Spagna e Portogallo. Assieme a loro, chiaramente, c’erano i «nostri» giovani polacchi.
Significativa è stata anche la presenza dei sacerdoti accompagnatori, ben 18 (Imc e diocesani) e un vescovo: monsignor José Luis Ponce de León.
Durante l’incontro ci hanno visitati altri due vescovi missionari della Consolata: mons. Peter Kihara dal Kenya e mons. Inácio Saure dal Mozambico, anch’essi accompagnatori di altri gruppi.
L’idea che ci ha accompagnati e sostenuti, era quella di far fare ai ragazzi e a coloro che ci hanno ospitati, un’esperienza di «famiglia Imc» all’interno della Gmg, una famiglia ricca di diverse culture e provenienze, di storie e di lingue, insomma, fare esperienza, per qualche giorno, dell’universalità della chiesa.
La preparazione all’evento era iniziata molto tempo prima, e ha coinvolto non solo la nostra comunità, ma anche la parrocchia di S. Margherita a Łomianki e numerose famiglie che hanno accolto i nostri giovani, i sacerdoti e i seminaristi, ciascuna delle quali ha aperto le porte di casa propria.
In uno dei suoi messaggi di quei giorni, papa Francesco ha invitato a diffidare dal cercare la gioia nella pigrizia, nella chiusura in se stessi, nell’uso eccessivo dei social network. La vera gioia, ha detto, non si trova lì. La pienezza di vita si ha quando ci si mette in gioco, si rischia, e soprattutto ci si fida di Gesù, quando si scopre la propria vocazione e il proprio posto, nella chiesa e nel mondo. Da questo nasce la passione e la fratellanza, con questo costruiamo pace attorno a noi.
di Luca Bovio
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Luca Bovio
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