Intermezzo a Gerusalemme (At 15,1-35)
Il racconto dei tre viaggi missionari di Paolo è interrotto, o meglio, intramezzato da un evento accaduto a Gerusalemme, ma collegato all’esperienza dei viaggi missionari di Paolo, il cosidetto «concilio di Gerusalemme».
Luca lo colloca proprio a metà del libro degli Atti. Non si esagera a pensare che questo racconto è il vero cardine di tutta l’opera lucana. L’autore ci ha preparati nei racconti precedenti a questa assemblea di capitale importanza (non solo per le prime comunità, ma per tutta la storia della chiesa). Ci ha invitato a riconoscere il primato di Gerusalemme e il dinamismo di Antiochia. Ci ha indotto a simpatizzare col movimento di apertura iniziato dai cristiani ellenisti, a noi che siamo i discendenti di quell’impulso primitivo (Biblia de nuestro pueblo, p.1738).
Controversia ad Antiochia (15,1-4)
1 Ora alcuni, venuti dalla Giudea, insegnavano ai fratelli: “se non vi fate circoncidere, secondo l’usanza di Mosè non potete essere salvati”. 2 Poiché Paolo e Barnaba dissentivano e discutevano animatamente contro costoro, fu stabilito che Paolo e Barnaba e alcuni altri salissero a Gerusalemme dagli apostoli e dagli anziani per tale questione. 3 Essi dunque, provveduti del necessario dalla Chiesa, attraversarono la Fenicia e la Samaria, raccontando la conversione dei pagani e suscitando grande gioia in tutti i fratelli. 4 Giunti poi a Gerusalemme, furono ricevuti dalla Chiesa, dagli apostoli e dagli anziani, e riferirono quali grandi cose Dio avesse operato per mezzo loro.
At 15,1-4
Questa controversia mostra che l’apertura della prima comunità cristiana ai pagani fu una scoperta lenta e una prassi controversa. La conversione inaspettata di Paolo da persecutore a missionario cristiano, ma ancor più da orgoglioso maestro della Legge di Mosè ad apostolo dei pagani, la sorprendente nascita della comunità cristiana tra i Greci ad Antiochia, la missione di Paolo e Barnaba sempre più rivolta ai pagani, furono tutti passi fatti in mezzo a ostacoli e controversie, non per la cattiveria degli oppositori ma per la lentezza nel comprendere chi era Gesù e quale fosse la sua missione rivolta a tutti i popoli, e non solo ai Giudei.
Sia gli Atti di Luca che le lettere di Paolo sono testimonianza di questa fatica. Però anche qui, nella controversia di Antiochia, si fa strada un principio fondamentale (e non ancora del tutto attuato neppure ai nostri giorni) della vita della Chiesa: la sinodalità. Il camminare insieme, il percorrere la medesima strada (syn-odos), il discutere insieme i problemi, l’ascolto reciproco e il cercare l’approvazione “degli apostoli di Gerusalemme” in modo di trovare risposte con la collaborazione di tutti. Non è perciò esagerato denominare questa riunione di Gerusalemme come il primo (o la preistoria?) dei concili ecumenici nella Chiesa.
A Gerusalemme (15,6-20)
Questo incontro di Gerusalemme offre a Paolo e a Barnaba l’opportunità i narrare “quali grandi cose Dio avesse operato per mezzo loro” (4). Ma è anche l’occasione perché i cristiani di origine farisaica (alcuni della setta dei farisei che erano diventati cristiani) presentassero la loro reazione scandalizzata: “è necessario circonciderli e ordinare loro di osservare la legge di Mosè” (5).
6 Allora si riunirono gli apostoli e gli anziani per esaminare questo problema. 7 Sorta una grande discussione, Pietro si alzò e disse loro: “Fratelli, voi sapete che già da molto tempo, Dio in mezzo a voi ha scelto che per bocca mia le nazioni ascoltino la parola del Vangelo e vengano alla fede. 8 E Dio, che conosce i cuori, ha dato testimonianza in loro favore, concedendo anche a loro lo Spirito Santo, come a noi, 9 e non ha fatto alcuna discriminazione tra noi e loro, purificando i loro cuori con la fede. 10 Ora dunque, perché tentate Dio, imponendo sul collo dei discepoli un giogo che né i nostri padri né noi siamo stati in grado diportare? 11 Noi invece crediamo che per la grazia del Signore Gesù siamo salvati, sia noi che loro”.
At 15,6-20
L’intervento solenne di Pietro risponde direttamente alla posizione dei giudaizzanti con due argomenti:
- già da tempo, Dio ha scelto che per bocca mia i pagani ascoltino il vangelo (v. 7);
- la prova di questo è che i pagani hanno ricevuto lo Spirito Santo esattamente come noi, senza far discriminazione (v. 8).
- per arrivare alla conclusione teologica: noi crediamo che è per grazia che siamo salvati (e non per l’osservanza della legge) (v. 11).
Di fronte all’assemblea, Barnaba e Paolo raccontano la loro missione sempre più aperta ai pagani e la risposta entusiasta di questi (12).
Prende quindi la parola Giacomo, capo della chiesa di Gerusalemme, che conferma l’affermazione di Pietro circa i pagani e lo fa con una citazione dai profeti (vv. 14-18).
19 Per questo io ritengo che non si debbano importunare quelli che dalle nazioni si convertono a Dio, 20 ma solo che si ordini loro di astenersi dalla contaminazione con gli idoli, dalle unioni illegittime, dagli animali soffocati e dal sangue. 21 fin dai tempi antichi infatti, Mosè ha chi lo predica in ogni città, poiché viene letto ogni sabato nelle sinagoghe.
At 15, 19-21
Per evitare che si creino problemi non di dottrina ma di convivenza nelle comunità miste (di ex Ebrei e di ex pagani), Giacomo richiede alcuni comportamenti attenti alle sensibilità dei Giudeo-cristiani (v. 20).
Lettera degli Apostoli alla comunità di Antiochia (15,22-29)
Siccome il problema che aveva dato origine al concilio di Gerusalemme era iniziato ad Antiochia, la chiarificazione raggiunta a Gerusalemme viene ora comunicata alla comunità di Antiochia da una delegazione:
22 Agli apostoli e agli anziani, con tutta la Chiesa, parve bene allora di scegliere alcuni di loro e di inviarli ad Antiochia, insieme a Paolo e Barnaba: Giuda, chiamato Barsabba, e Sila, uomini di grande autorità tra i fratelli. 23 E inviarono tramite loro questo scritto: “gli apostoli e gli anziani vostri fratelli, ai fratelli di Antiochia, di Siria e di Cilicia che provengono dai pagani salute! 24 Abbiamo saputo che alcuni di noi, ai quali non avevamo dato nessun incarico sono venuti a turbarvi con discorsi che hanno sconvolti i vostri animi 25 ci è parso bene perciò, tutti d’accordo, di scegliere alcune persone e d’inviarle a voi insieme ai nostri carissimi Barnaba e Paolo, 26 uomini che hanno rischiato la vita per il nome di nostro Signore Gesù Cristo. 27 Abbiamo dunque mandato Giuda e Sila, che vi riferiranno anch’essi a voce queste stesse cose. 28 È parso bene, infatti, allo Spirito Santo e a noi, di non imporvi altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie.
At 15,22-29
La metodologia conciliare richiede che il risultato della riunione chiarificatrice sia comunicato alla comunità di partenza e per dare maggior autorità al “decreto” del concilio, a Paolo e Barnaba vengono affiancati due rappresentanti della comunità di Gerusalemme.
Nel messaggio inviato ad Antiochia vi sono due punti degni di rilievo:
- coloro che avevano messo subbuglio e obiettavano all’accoglienza dei pagani ad Antiochia avevano agito di iniziativa propria, non su mandato della comunità di Gerusalemme (v. 24)
- la frase iniziale del “decreto”: “È parso bene allo Spirito Santo e a noi di non imporre” (v.29). Essa esprime la coscienza che quanto è stato discusso e deliberato non è soltanto frutto della saggezza umana ma anche della presenza dello Spirito attivo nella comunità che riflette e cerca la via per conservare l’unità e svolgere e la sua missione.
I delegati ad Antiochia (15,30-33)
30 Quelli allora si congedarono e scesero ad Antiochia, riunita l’assemblea consegnarono la lettera. 31 Quando l’ebbero letta si rallegrarono per l’incoraggiamento che infondeva. 32 Giuda e Sila essendo anch’essi profeti, con un lungo discorso incoraggiarono i fratelli e li fortificarono.
At 15,30-33
Così si conclude la narrazione di quell’evento fondante per lo sviluppo della Chiesa nel mondo. Poco dopo Paolo e Barnaba ripartiranno da Antiochia (15,36) e Luca si concentrerà sulla missione di Paolo sempre più apertamente rivolta ai pagani (secondo viaggio, ad Atene e Corinto, 15,36-18,22),
I cristiani di oggi cadrebbero in grave errore se considerassero il concilio di Gerusalemme come un evento del passato, totalmente concluso. In realtà il concilio di Gerusalemme è ancora aperto perché il problema di fondo che lo occasionò continua a essere il problema di fondo di tutta la storia della chiesa anche oggi. Come il vangelo possa raggiungere tutti i popoli e tutte le situazioni di vita. Al concilio di Gerusalemme gli esclusi erano i pagani convertiti, oggi possono essere le donne in un mondo dominato dagli uomini, i bambini in un mondo di adulti, i malati in una società ossessionata dal benessere e dall’edonismo, i poveri, gli emigranti, gli indigeni, i lavoratori, in una parola gli emarginati della nostra società. Le parole di Pietro a Gerusalemme risuonano profeticamente anche oggi “Se Dio li ha scelti, chi siano noi per emarginarli?” (la Biblia de nuestro pueblo, 1740).
Con questo intervento al concilio di Gerusalemme, Pietro scompare dal libro di Atti che ormai concentrerà il suo interesse sulla missione di Paolo per essere testimone di Gesù sino ai confini della terra (1,8).
di Mario Barbero
Mario Barbero
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