I tre viaggi di Paolo
La seconda parte di Atti si concentra sull’attività di Paolo, e racconta tre viaggi dell’Apostolo. La sua base è la Chiesa di Antiochia dalla quale è inviato, e alla quale ritorna quasi a rendere conto dell’attività svolta.
Questi tre viaggi, o missioni, sono narrati con delle caratteristiche comuni, descrivendo l’area geografica percorsa e il contenuto del messaggio espresso in un discorso indirizzato a un uditorio ogni volta diverso: i Giudei di Tessalonica, i pagani di Atene, i presbiteri di Efeso.
Richiamo qui la struttura di questa sezione di Atti.
- Atti 13-14. Primo viaggio missionario di Paolo (circa 46-49 d.C., in Asia minore, odierna Turchia) con Barnaba e Giovanni Marco. Discorso ai Giudei (13,16-43).
- Atti 15,1-35. Il concilio di Gerusalemme.
- Atti 15,36-18,22. Secondo viaggio missionario di Paolo (circa 49-52 d.C.; in Grecia; scrive 1-2 Tess) con Silvano e Timoteo. Discorso ai pagani (areopago di Atene, At 17,22-34).
- Atti 18,23-21,15. Terzo viaggio missionario di Paolo (circa 53-57 d.C.; Efeso; scrive Gal, 1-2 Cor, Rom) con Timoteo e vari altri. Discorso di Mileto ai presbiteri (20,17-38).
Barnaba e Paolo a Cipro (13,6-12)
La prima tappa del primo viaggio è l’isola di Cipro, luogo di nascita di Barnaba che, in questo inizio, sembra il capo della comitiva, infatti viene nominato per primo e porta con sé Giovanni Marco come aiutante (5). A Cipro vi è l’incontro/scontro con la magia nella persona di un falso profeta giudeo al seguito del proconsole Sergio Paolo. Egli cercherà di contrastare l’opera degli apostoli e sarà proprio la vittoria di Saulo su di lui che porterà il proconsole alla fede in Gesù.
Essi dunque, inviati dallo Spirito Santo, scesero a Selèucia e di qui salparono per Cipro. Giunti a Salamina, cominciarono ad annunciare la parola di Dio nelle sinagoghe dei Giudei, avendo con sé anche Giovanni come aiutante. Attraversata tutta l’isola fino a Pafo, vi trovarono un tale, mago e falso profeta giudeo, di nome Bar-Iesus, al seguito del proconsole Sergio Paolo, uomo saggio, che aveva fatto chiamare a sé Bàrnaba e Saulo e desiderava ascoltare la parola di Dio. Ma Elimas, il mago – ciò infatti significa il suo nome –, faceva loro opposizione, cercando di distogliere il proconsole dalla fede. Allora Saulo, detto anche Paolo, colmato di Spirito Santo fissò lo sguardo su di lui e disse “uomo pieno di frode e di ogni malizia… la mano del Signore è sopra di te, sarai cieco per un certo tempo”… di colpo piombarono su di lui oscurità e tenebre e brancolando cercava chi lo guidasse. Quando vide l’accaduto il proconsole credette, colpito dall’insegnamento del Signore.
At 13,4-12
Allora Saulo, detto anche Paolo (9): È da questo evento di Cipro che per il resto di Atti Saulo sarà sempre chiamato Paolo, e sarà sempre nominato per primo (13) quale capo comitiva, come apparirà subito nella successiva missione ad Antiochia di Pisidia.
Antiochia di Pisidia, discorso nella sinagoga (13,13-43)
13Salpati da Pafo, Paolo e i suoi compagni giunsero a Perge, in Panfìlia. Ma Giovanni si separò da loro e ritornò a Gerusalemme. 14Essi invece, proseguendo da Perge, arrivarono ad Antiòchia in Pisìdia e, entrati nella sinagoga nel giorno di sabato, sedettero. 15Dopo la lettura della Legge e dei Profeti, i capi della sinagoga mandarono a dire loro: «Fratelli, se avete qualche parola di esortazione per il popolo, parlate!».
At 13,13-16
16Si alzò Paolo e, fatto cenno con la mano, disse: «Uomini d’Israele e voi timorati di Dio, ascoltate…
Lasciata l’isola di Cipro, la comitiva, ora diretta da Paolo («Paolo e i suoi compagni»), giunge in Panfilia (a Sud dell’odierna Turchia). Qui Giovanni Marco (forse giovane e spaventato dalle difficoltà della missione), si separa dal gruppo e torna a Gerusalemme (cf 12,12). Paolo non gradisce questo abbandono, e più tardi rifiuterà di averlo ancora per compagno (cf 15,37).
Paolo e Barnaba, quindi, arrivano ad Antiochia di Pisidia ove c’è una comunità giudaica. Quali giudei praticanti, i due vanno di sabato alla sinagoga, con l’intento di cominciare di lì il loro annuncio di Gesù.
Come in Lc 4,16-17, viene qui descritto il rito sinagogale e l’invito ai forestieri di passaggio a pronunciare qualche parola di consolazione all’assemblea. Paolo non aspettava altro, e allora, col tipico gesto di uno speaker pubblico fa cenno con la mano e si butta in un accorato discorso (vv. 17-41) seguendo le argomentazioni tipiche dei primi missionari cristiani per annunciare Gesù ai Giudei, cioè collegando l’evento Gesù alla storia del popolo d’Israele (vedi il lungo discorso di Stefano in 7,2-53).
«Uomini d’Israele e voi, timorati di Dio, ascoltate» (16). L’uditorio è composto di giudei e di pagani che avevano simpatia per il giudaismo e ai quali era permesso prendere parte al culto sinagogale. Questi due gruppi sembrano già anticipare la diversa accoglienza che sarà data alla testimonianza di Paolo.
«Il Dio di questo popolo d’Israele scelse i nostri padri e rialzò il popolo durante l’esilio in terra d’Egitto e con braccio potente li condusse via di là» (17). La rievocazione della storia d’Israele si sofferma soprattutto sul periodo della monarchia e sul re Davide: «Suscitò per loro Davide come re al quale rese questa testimonianza: “ho trovato Davide figlio di Iesse, uomo secondo il mio cuore, egli adempirà tutti i miei voleri”. Dalla discendenza di lui, secondo la promessa, Dio inviò, come salvatore, Gesù» (23). Il discorso si concentra ora sulla testimonianza resa a Gesù da Giovanni il Battista e soprattutto sul mancato riconoscimento di Gesù come Messia da parte delle autorità giudaiche le quali l’hanno fatto condannare a morte da Pilato. Il cuore del discorso è però l’annuncio della risurrezione di Gesù: «Ma Dio lo ha risuscitato dai morti ed egli è apparso per molti giorni a quelli che erano saliti con lui dalla Galilea a Gerusalemme, e questi ora sono testimoni di lui davanti al popolo. E noi vi annunciamo che la promessa fatta ai padri si è realizzata, perché Dio l’ha compiuta per noi, loro figli, risuscitando Gesù, come anche sta scritto nel salmo secondo: “mio figlio sei tu, io oggi ti ho generato”» (30-33). Paolo conclude con l’appello alla fede in Gesù: «Vi sia dunque noto, fratelli, che per opera sua viene annunciato a voi il perdono dei peccati… per mezzo di lui chiunque crede viene giustificato» (38-39).
Questo primo annuncio nella sinagoga viene accolto positivamente e Paolo e Barnaba vengono invitati a tornare il sabato seguente. «Sciolta l’assemblea molti Giudei e credenti in Dio seguirono Paolo e Barnaba ed essi, intrattenendosi con loro, cercavano di persuaderli a perseverare nella grazia di Dio» (43). Si può pensare che le parole di Paolo in sinagoga saranno l’evento della settimana e continueranno a circolare tra la gente di modo che il sabato seguente vi sarà una folla più numerosa ad ascoltare. Questo però susciterà la gelosia delle autorità religiose dei Giudei che assumeranno un atteggiamento ostile. Da qui deriva la decisione di Paolo e Barnaba di rivolgersi ai pagani: «Era necessario che fosse proclamata prima di tutto a voi la Parola di Dio, ma poiché la respingete, ecco, noi ci rivolgiamo ai pagani» (46). Seguirà un’attività più intensa di annuncio ai pagani e l’opposizione giudaica si trasformerà in persecuzione contro Paolo e Barnaba «e li cacciarono dal loro territorio» (50).
Missione a Iconio (14,1-7)
Anche questa volta, come durante la persecuzione seguita alla morte di Stefano (8,4), la persecuzione stessa diventa occasione per annunciare il vangelo in altro luogo. L’Apostolo va a Iconio: «Anche a Iconio entrarono nella sinagoga dei Giudei e parlarono in modo tale che un gran numero di Giudei e di Greci divennero credenti» (14,1). Ma anche qui, ancora una volta, la nascita della piccola comunità cristiana, proprio mentre sta crescendo di numero ed è confermata dalla parola e dai segni e prodigi operati da Paolo e Barnaba (3), viene osteggiata dai Giudei fino al punto di essere oggetto di un tentativo di aggressione e lapidazione. «Essi lo vennero a sapere e fuggirono nelle città della Licaonia, Listra e Derbe e nei dintorni, e le andavano evangelizzando» (6-7).
Paolo e Barnaba a Listra (14,8-20)
Costretti a fuggire da Iconio, i due missionari si trovano in una regione abitata prevalentemente da pagani. In questo breve racconto si trova un esempio di predicazione ai pagani di cultura popolare, diversa da quella che sarà la predicazione ai colti all’areopago di Atene (17,22 ss).
A Listra trovano uno storpio e lo guariscono:
Egli allora balzò in piedi e si mise a camminare. La gente allora, al vedere ciò che Paolo aveva fatto, si mise a gridare dicendo in dialetto licaonio, “gli dèi sono scesi tra noi in figura umana!” e chiamavano Barnaba Zeus e Paolo Hermes perché era lui a parlare (10-12). Mentre il sacerdote del tempio di Zeus si preparava ad offrire un sacrificio, gli apostoli si strappano le vesti e si gettano tra la folla gridando. “Uomini, perché fate questo? Anche noi siamo esseri umani, mortali come voi e vi annunciamo che dovete convertirvi da queste vanità al Dio vivente. E così dicendo riuscirono a fatica a far desistere la folla dall’offrire loro un sacrificio.
At 14,14-18
Questo breve e pittoresco racconto illustra il sempre più frequente coinvolgimento nel proporre il vangelo in ambiente pagano e la modalità di agganciare l’annuncio di Gesù nella cultura religiosa dell’uditorio. L’esperienza missionaria a Listra, tuttavia, non è ancora terminata, per essere feconda deve essere irrorata dalla «quasi morte» di Paolo
Missione a Derbe e ritorno alla base (14,19-20)
Ma giunsero da Antiochia e da Iconio alcuni Giudei i quali persuasero la folla. Essi lapidarono Paolo e lo trascinarono fuori dalla città credendolo morto. Allora gli si fecero attorno i discepoli ed egli si alzò ed entrò in città. Il giorno dopo partì con Barnaba alla volta di Derbe.
At 14,19-20
Al centro del primo viaggio missionario di Paolo c’è il discorso nella sinagoga di Antiochia di Pisidia, che vede l’iniziale interesse dei Giudei all’annuncio di Gesù trasformato presto in resistenza e infine in persecuzione. In seguito a esso, Paolo e Barnaba sempre più spesso rivolgono la loro predicazione ai pagani.
Il viaggio si conclude con un breve ritorno alle piccole comunità fondate lungo il tragitto, per esortarle a perseverare nella fede in Gesù, e per stabilire in ogni Chiesa un gruppo di anziani, la primitiva struttura organizzativa. Il viaggio si conclude col rientro alla chiesa base, Antiochia di Siria.
Dopo aver annunciato il vangelo a quella città (Derbe) e aver fatto un numero considerevole di discepoli, ritornarono a Listra, Iconio, Antiochia, confermando i discepoli ed esortandoli a essere saldi nella fede “perché, dicevano, dobbiamo entrare nel regno di Dio attraverso molte tribolazioni”. Designarono quindi per loro in ogni Chiesa alcuni anziani e dopo aver pregato e digiunato, li affidarono al Signore nel quale avevano creduto.
At 14,21-27
Attraversata poi la Pisidia, raggiunsero la Panfilia, e dopo aver proclamata la parola a Perge, scesero ad Attalia, di qui fecero vela per Antiochia, là dove erano stati affidati alla grazia di Dio per l’opera che avevano compiuta. Appena arrivati, riunirono la Chiesa e riferirono tutto quello che il Signore aveva operato per mezzo loro e come avesse aperto ai pagani la porta della fede. E si fermarono per non poco tempo insieme ai discepoli.
La prima missione di Paolo e Barnaba si conclude geograficamente nella chiesa di Antiochia di Siria da dove era iniziata: è segno di comunione ecclesiale che i due missionari sentano il bisogno di condividere con la comunità che li ha inviati le esperienze e le avventure di quel viaggio che è stato sempre più caratterizzato dall’apertura verso i pagani, opportunamente sintetizzato nell’espressione: “Riferirono… come il Signore avesse aperto ai pagani la porta della fede”.
di Mario Barbero
Mario Barbero
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