Il sacerdozio ministeriale e quello comune in relazione con l’unico vero sacerdote che è Cristo Gesù.
Per capire bene la relazione tra i due sacerdozi, il ministeriale e il comune, dobbiamo tener conto che Gesù Cristo è in grado di realizzare personalmente e in maniera perfetta il suo culto esistenziale (cf. Eb 9,14), al contrario dei battezzati che non hanno in sé questa possibilità.
Solo tramite Cristo
L’atto di culto dei battezzati, infatti, può ottenere frutti abbondanti solo attraverso una genuina relazione con il Cristo. Pietro, nella sua prima lettera, esorta i credenti ad andare da Lui, la pietra viva, e a costituire una comunità sacerdotale. Essi devono diventare il tempio in cui realizzare il culto vero (cf. 1Pt 2,5).
L’apostolo Paolo insegna la stessa cosa ai Romani: egli presenta se stesso come il «ministro» (leiturgos, liturgo) di Cristo Gesù a favore dei pagani nel servizio sacerdotale del Vangelo. Paolo esercita il ministero affinché l’offerta dei pagani possa essere gradita a Dio e santificata dallo Spirito santo. I cristiani devono diventare consapevoli della loro funzione sacerdotale. Dal momento che formano un corpo specificamente sacerdotale, il loro sacerdozio è definito «comune».
Essi realizzano quanto Dio diceva a Israele alle falde del Sinai: «Voi sarete per me un gruppo che esercita una funzione sacerdotale» (cf. Es 19,6). Nella nuova economia di salvezza la funzione sacerdotale dei fedeli si realizza solo attraverso il Cristo (cf. Rm 5,1; Ef 2,6.18; 3,12).
Tutti i cristiani partecipano del sacerdozio di Cristo in quanto sono abilitati ad avere accesso a Dio – cosa proibita nel sistema sacerdotale dell’Antico Testamento – per offrire sacrifici a Lui graditi. Nel realizzare il loro culto sacerdotale, i battezzati si mostrano aperti e
disposti a essere trasformati dall’amore del Padre.
Nella dinamica della salvezza, tuttavia, l’aspetto della mediazione tra Dio e l’umanità appartiene solo a Cristo (cf. 1Tim 2,5). I cristiani possono avere accesso a Dio, e dunque lodarlo, solo attraverso il Cristo. Come Verbo incarnato, Gesù è colui che ha eliminato la distanza infinita tra il mistero divino e trascendente e l’umanità peccatrice e limitata.
I ministri «ordinati»
In questo contesto si innesta il ruolo del sacerdozio ministeriale. I ministri «ordinati» (i preti) sono costituiti per essere il sacramento della mediazione di Cristo. Quando la Chiesa definisce il sacerdozio ministeriale «sacramento», intende dire che in nessun modo colui che viene ordinato compie funzioni o azioni per sua iniziativa. Al contrario colui che riceve il sacramento dell’ordine è inviato per agire nella persona di un altro, per esserne il suo sacramento. È evidente, dunque, che il ministro ordinato deve essere unicamente ed esclusivamente al servizio di Cristo. In questo caso il termine «sacramento» va inteso come «strumento di». Egli è solo il mezzo attraverso cui Gesù agisce ed opera la sua salvezza.
Il sacerdozio ministeriale non continua la funzione mediatrice di Cristo, ma esercita solo la funzione sacramentale di tale mediazione.
I ministri ordinati costituiscono lo strumento della relazione tra l’esistenza dei cristiani e l’azione salvifica di Cristo.
Nella dinamica del culto divino, essi hanno una funzione secondaria, in quanto è subordinata alla funzione sacerdotale di Cristo e all’offerta che i battezzati sono chiamati a realizzare.
Essendo il Cristo l’unico sacerdote, il sacerdozio ministeriale senza di Lui non avrebbe né contenuto né valore, e non rappresenterebbe nessuno. Senza relazionarsi con il sacerdozio comune dei fedeli non significherebbe nulla e sarebbe perfettamente inutile.
Ciò nonostante, il sacerdozio ministeriale è indispensabile perché offre una reale opportunità a tutti i credenti di offrire le loro esistenze a Cristo: coloro che la Chiesa ordina sacerdoti, hanno la funzione di aiutare i cristiani a diventare consapevoli del loro sacerdozio per viverlo in pienezza partecipando al sacerdozio di Cristo.
Sacramento e offerta
Il sacerdozio ministeriale, rispetto a quello comune, è più specificamente sacerdotale da un lato, e dall’altro meno realmente sacerdotale.
È più specificamente sacerdotale per il fatto di essere il sacramento (lo strumento) della mediazione salvifica di Cristo. Il sacerdote ordinato è solo l’autista di Cristo, sempre pronto, senza discutere, a guidarlo dovunque egli voglia essere portato. Egli deve portare Cristo e metterlo in condizione sempre e dovunque di agire e salvare. Dovunque il sacerdote vada e qualunque cosa faccia deve permettere al Cristo di diventare visibile al punto che i fedeli possano gioire della sua presenza e godere della rinnovata comunione con Lui.
Rubare la scena della salvezza a Cristo sarebbe idolatria.
D’altro canto il sacerdozio ministeriale è meno realmente sacerdotale del sacerdozio comune per il semplice fatto che è solo segno di un’altra realtà.
Al contrario il sacerdozio comune è più realmente sacerdotale perché è in grado di realizzare l’offerta dell’esistenza personale a Dio. Questo si capisce se si tiene presente che l’essenza del sacerdozio, per definizione, è costituita dall’offerta.
I battezzati sono chiamati a comprendere quanto sia preziosa agli occhi di Dio la loro esistenza: che sia un’esperienza di gioia o di sofferenze, la loro vita deve essere posta sull’altare del sacrificio.
È questo gesto di offrire la propria esistenza che costituisce i battezzati sacerdoti che, insieme al Cristo, rendono gloria e culto a Dio Padre.
Conclusione
Secondo la Lettera agli Ebrei noi abbiamo un solo Sacerdote: Gesù Cristo. Il sacerdozio ministeriale e il sacerdozio comune costituiscono due modi diversi di partecipazione al suo unico sacerdozio.
Dobbiamo rilevare che, nonostante il Vaticano II (Lumen Gentium, 10) abbia insistito sul valore del sacerdozio comune ed esortato i credenti a esercitarlo in maniera più cosciente e attiva, la dignità del sacerdozio ministeriale è stata storicamente più enfatizzata che non quella del sacerdozio comune.
Il ministro ordinato deve diventare sempre più cosciente della sua dignità, essendo il luogo, o meglio, lo strumento, attraverso cui Cristo stesso esercita la sua mediazione tra Dio e l’umanità. D’altra parte deve anche accettare il suo umile ruolo di semplice strumento.
Attraverso il sacerdozio comune i fedeli devono diventare sempre più consapevoli della loro grande dignità e ruolo. Tutti i credenti sono una reale offerta, un culto autentico a Dio, anche se hanno bisogno di un intermediario. Ciascuno dei due modi di partecipazione al sacerdozio di Cristo hanno grande dignità e funzione propria. Valorizzando i rispettivi ruoli essi rendono effettiva l’azione mediatrice di Cristo per la salvezza dell’umanità.
di Antonio Magnante
Le puntate precedenti sul «sacerdozio comune»:
Prima puntata: Siamo tutti sacerdoti
Seconda puntata: La libertà di accedere a Dio
Antonio Magnante
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