LA MISSIONE DI GESU’ (Matteo 2,1-23)
I quattro episodi che Matteo colloca nel capitolo 2 formano insieme un’unità inscindibile. L’arrivo dei Magi a Gerusalemme diviene lo spunto per precisare che il Messia doveva nascere a Betlemme e per narrare la fuga in Egitto e la strage degli innocenti. Il ritorno successivo della sacra famiglia dall’esilio è cosa naturale.
«Dopo aver presentato nel primo capitolo la persona di Gesù figlio di Davide e figlio di Dio, Matteo caratterizza nel secondo capitolo la sua missione di salvezza offerta ai pagani, attirando i sapienti alla sua luce, e la sua missione di sofferenza in mezzo al suo popolo di cui vive le esperienze dolorose: il primo esilio in Egitto (vv 13-15) il secondo esilio e il ritorno umiliato del piccolo resto. Questo racconto di natura haggadica insegna mediante episodi ciò che Lc 2,30-34 afferma con le parole specifiche di Simeone: “Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione”».
(Bibbia di Gerusalemme).
LA VISITA DEI MAGI (1-12)
«1 Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme 2e dicevano: “Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo”. 3All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. 4Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. 5Gli risposero: “A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta:??6 E tu, Betlemme, terra di Giuda, ?non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: ?da te infatti uscirà un capo? che sarà il pastore del mio popolo, Israele “. ??7Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella 8e li inviò a Betlemme dicendo: “Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo”. ?9Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. 10Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. 11Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. 12Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese».
Il termine “magi” designa degli astrologi sapienti che dall’osservazione della natura, soprattutto delle stelle, trovano delle direttive per la vita. Dalla notte dei tempi l’osservazione/contemplazione delle stelle ha affascinato gli uomini e le donne.
Su questo sfondo storico leggendario, la visita dei magi prende un significato profetico della vicenda di Gesù. L’incontro del Messia, figlio di Davide, con le nazioni pagane. Gesù è il compimento delle promesse d’Israele, ma anche la speranza di tutti i popoli della terra. Il Messia-Re e Figlio di Dio si rivela nell’umiltà e fragilità di un bambino, figlio di Maria. La sua presenza provoca il rigetto da parte del suo popolo e il riconoscimento/accettazione da parte degli stranieri. È l’avventura del vangelo: “venne tra i suoi e i suoi non l’accolsero” (Gv 1,11).
BETLEMME è la città dove è nato Davide. Matteo riporta alcune frasi di Michea 5,1 e 2 S 5,2 per affermare l’importanza che la nascita di Gesù dona a Betlemme. La piccola città, considerata di per sé insignificante, ora si rende riconoscibile nella sua vera grandezza: da essa uscirà il vero pastore d’Israele. “Il futuro principe viene qualificato come Pastore d’Israele. Così si fa un accenno alla sollecitudine amorevole e alla tenerezza, che contraddistinguono il vero sovrano in quanto rappresentante della regalità di Dio” (J. Ratzinger).
TURBAMENTO A GERUSALEMME
L’arrivo dei Magi a Gerusalemme per cercare “il re dei Giudei” porta turbamento a Erode e a tutta Gerusalemme (v.3), turbamento simile a quello si avrà al tempo dell’ingresso trionfale di Gesù in Gerusalemme (21,10). In queste due scene compare la regalità di Gesù, connessa col tema della Passione. I Magi vanno ad informarsi dalle autorità competenti, sacerdoti e scribi, ai quali chiedono del neonato “re dei Giudei”: espressione tipicamente non ebraica (nell’ambiente ebraico si sarebbe parlato del re d’Israele). Di fatto questa espressione “re dei Giudei” ritorna solo nel processo a Gesù e nell’iscrizione sulla Croce, ambedue le volte usate dal pagano Pilato (cf Mc 15,9; Gv 19,19-22). Così si può dire che qui – nel momento in cui i primi pagani chiedono di Gesù – “traspare già in qualche modo il mistero della Croce che è inscindibilmente legato alla regalità di Gesù” (J. Ratzinger). Le autorità di Gerusalemme danno loro l’informazione corretta anche se non muovono un dito per andare ad accertarsi di quanto sia accaduto.
«Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra».
All’indifferenza delle autorità di Gerusalemme si oppone il comportamento dei magi che adempiono gli oracoli messianici che annunciano l’omaggio delle nazioni al Dio d’Israele (Num 24,17; Is 49,23; 60,5).
I DONI
Davanti al bambino i Magi praticano la proskynesis, cioè si prostrano davanti a Lui. Questo è l’omaggio che si rende a un Re-Dio. A partire da ciò, si spiegano poi anche i doni che i Magi offrono. “Non sono regali pratici, che in quel momento forse sarebbero stati utili alla Santa Famiglia. I doni esprimono la stessa cosa della proskynesis: essi sono un riconoscimento della dignità regale di Colui al quale vengono offerti” (J. Ratzinger). L’oro e l’incenso erano tra gli omaggi che secondo le attese messianiche i popoli avrebbero portato a Israele (Is 60,6; Sal 72,10.15). La mirra era un profumo usato in particolare per imbalsamare i cadaveri e per profumare il letto di due giovani sposi.
Nei tre doni, la tradizione della Chiesa ha visto rappresentati – con alcune varianti – tre aspetti del mistero di Cristo: l’oro rimanderebbe alla regalità di Gesù, l’incenso al Figlio di Dio e la mirra al mistero della Passione.
FUGA IN EGITTO E STRAGE DEGLI INNOCENTI
«13Essi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: “Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo”.
14Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, 15dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Dall’Egitto ho chiamato mio figlio».
Rientra in scena Giuseppe (che non era stato menzionato nel racconto dei Magi) che agisce nuovamente su indicazione dall’Alto. Qui come altrove Matteo fa ripercorrere a Gesù le esperienze di Mosè e di Israele. Egli è il nuovo Mosè, ma anche il Messia che prende su di sé la storia e i pesi del suo popolo.
CRUDELTA’ DI ERODE
Quando Erode si accorse che i Magi si erano presi gioco di lui, si infuriò e mandò a uccidere tutti i bambini che stavano a Betlemme e in tutto il suo territorio e che avevano da due anni in giù, secondo il tempo che aveva appreso con esattezza dai Magi.
17Allora si compì ciò che era stato detto per mezzo del profeta Geremia:
18 Un grido è stato udito in Rama,
un pianto e un lamento grande:
Rachele piange i suoi figli
e non vuole essere consolata,
perché non sono più.
19Morto Erode, ecco, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto 20e gli disse: “Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’ nella terra d’Israele; sono morti infatti quelli che cercavano di uccidere il bambino”. 21Egli si alzò, prese il bambino e sua madre ed entrò nella terra d’Israele. 22Ma, quando venne a sapere che nella Giudea regnava Archelao al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nella regione della Galilea 23e andò ad abitare in una città chiamata Nazareth, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo dei profeti: “Sarà chiamato Nazareno”.
La crudeltà sanguinaria di Erode è un fatto storico accertato: nell’anno 7 a.C. aveva fatto giustiziare i suoi figli Alessandro e Aristobulo perché si sentiva minacciato nel suo potere e nell’anno 4 a. C. aveva eliminato per lo stesso motivo anche suo figlio Antipatro. Matteo vede nella crudeltà di questo tiranno la violenza del Faraone che aveva minacciato la sopravvivenza del popolo d’Israele e aveva ordinato l’eliminazione dei neonati maschi (Es 2).
La strage degli innocenti è un evento che si ripete in una varietà di forme lungo i secoli e anche oggi, si pensi alle vittime dell’aborto, allo sfruttamento del lavoro minorile, al traffico sessuale dei bambini, ai bambini soldato.
Il racconto dell’infanzia di Gesù in Matteo si conclude con una nuova citazione della Scrittura ed è ancora a Giuseppe che spetta il compito di guidare il rientro nella terra d’Israele (v. 21) e poi, avvertito in sogno, di stabilirsi a Nazareth, nella regione della Galilea (v.22). “Il fatto che Giuseppe, dopo essersi accorto dei problemi in Giuda, non abbia continuato semplicemente per iniziativa propria il suo viaggiò fin nella Galilea, ma sia stato mandato lì dall’angelo, ha lo scopo di mostrare che la provenienza di Gesù dalla Galilea concorda con la guida divina della storia” (J. Ratzinger). Proprio dalla Galilea delle genti, la regione più paganizzata della Palestina, Gesù inizierà la sua vita pubblica (4,14) per portare la salvezza non solo al popolo d’Israele ma a tutti i popoli della terra.
APPENDICE: L’ODIERNA STRAGE DEGLI INNOCENTI
(dalla lettera di Papa Francesco ai Vescovi, 28 dicembre 2016)
«Il Natale viene accompagnato dal pianto. Citando il profeta Geremia, l’evangelista Matteo lo presenta con grande crudezza: «Un grido è stato udito in Rama, un pianto e un lamento grande: Rachele piange i suoi figli» (2,18). È il gemito di dolore delle madri che piangono la morte dei loro figli innocenti di fronte alla tirannia e alla sfrenata brama di potere di Erode.
Un gemito che anche oggi possiamo continuare ad ascoltare, che ci tocca l’anima e che non possiamo e non vogliamo ignorare né far tacere. Oggi tra la nostra gente, purtroppo – e lo scrivo con profondo dolore –, si continua ad ascoltare il lamento e il pianto di tante madri, di tante famiglie, per la morte dei loro figli, dei loro figli innocenti. Il coraggio di proteggerla dai nuovi Erode dei nostri giorni, che fagocitano l’innocenza dei nostri bambini. Un’innocenza spezzata sotto il peso del lavoro clandestino e schiavo, sotto il peso della prostituzione e dello sfruttamento. Innocenza distrutta dalle guerre e dall’emigrazione forzata con la perdita di tutto ciò che questo comporta. Migliaia di nostri bambini sono caduti nelle mani di banditi, di mafie, di mercanti di morte che l’unica cosa che fanno è fagocitare e sfruttare i loro bisogni.
Viviamo in un mondo dove quasi la metà dei bambini che muoiono sotto i 5 anni muore per malnutrizione. Nell’anno 2016 si calcola che 150 milioni di bambini hanno compiuto un lavoro minorile, molti di loro vivendo in condizioni di schiavitù. Secondo l’ultimo rapporto elaborato dall’UNICEF, se la situazione mondiale non muta, nel 2030 saranno 167 milioni i bambini che vivranno in estrema povertà, 69 milioni di bambini sotto i 5 anni moriranno tra il 2016 e il 2030 e 60 milioni di bambini non frequenteranno la scuola primaria di base.
Ascoltiamo il pianto e il lamento di questi bambini; ascoltiamo anche il pianto e il lamento della nostra madre Chiesa, che piange non solo davanti al dolore procurato nei suoi figli più piccoli, ma anche perché conosce il peccato di alcuni dei suoi membri: la sofferenza, la storia e il dolore dei minori che furono abusati sessualmente da sacerdoti. Peccato che ci fa vergognare. Persone che avevano la responsabilità della cura di questi bambini hanno distrutto la loro dignità. Deploriamo questo profondamente e chiediamo perdono. Ci uniamo al dolore delle vittime e, al tempo stesso, piangiamo il peccato. Il peccato per quanto è successo, il peccato di omissione di assistenza, il peccato di nascondere e negare, il peccato di abuso di potere. Anche la Chiesa piange con amarezza questo peccato dei suoi figli e chiede perdono. Oggi, ricordando il giorno dei Santi Innocenti, voglio che rinnoviamo tutto il nostro impegno affinché queste atrocità non accadano più tra di noi. Troviamo il coraggio necessario per promuovere tutti i mezzi necessari e proteggere in tutto la vita dei nostri bambini perché tali crimini non si ripetano più. Facciamo nostra chiaramente e lealmente la consegna “tolleranza zero” in questo ambito».
di Mario Barbero
Mario Barbero
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