«Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura» (Mc 16,15).
Da questa esortazione uscita direttamente dalla bocca del Signore risorto Gesù Cristo, si può far derivare il mandato missionario affidato agli apostoli e ai discepoli. Una connotazione di universalità (tutto il mondo) riveste l’imperativo di Cristo a diffondere il messaggio salvifico di conversione e perdono dei peccati da parte di quella che sarà la Chiesa. Di qui l’urgenza del compito missionario, della missione allo scopo di evangelizzare, predicare, proclamare la Parola di Dio e testimoniarne i contenuti e le promesse di salvezza, di redenzione, di vita eterna.
Un Mandato affidato da Gesù agli Apostoli
Con la parola «missione» (non esistente e non ancora in uso nei primi secoli dell’era cristiana, in cui si usavano altri termini quali, per esempio, apostolato, predicazione, testimonianza, evangelizzazione, ecc.) nel linguaggio secolare moderno si definiscono in generale attività di tipo diplomatico, politico, militare, economico o scientifico. Si parla, per esempio, di «missioni» di pace dei Caschi Blu dell’Onu, o di progetti spaziali come la «missione» su Marte. Il fatto che anche la religione cristiana abbia adottato il termine «missione», nel senso di un mandato specifico e ben definito di diffusione e radicamento della fede e delle verità del Vangelo nel mondo attraverso la predicazione e la testimonianza, la distingue da tutte le altre religioni. È un fenomeno storico iniziato con il mandato affidato da Gesù agli apostoli, subito prima della sua ascensione (Mt 28, 19; Mc 16, 20; Lc 24, 47-48). L’espressione «missione» fu coniata dai gesuiti e fu ufficialmente adottata dalla Chiesa di Roma nel 1622. Da allora questo termine indica un’attività di evangelizzazione articolata, programmatica e organica. Si deve sottolineare un aspetto distintivo dell’esperienza missionaria della Chiesa: grazie alla dimensione missionaria, infatti, il cristianesimo è diventato nel corso dei secoli una religione mondiale, alla quale oggi aderiscono due miliardi di persone, venendo a costituire la più numerosa comunità religiosa del mondo. La trasmissione missionaria del cristianesimo ha dato origine, nel mondo, a diverse chiese e confessioni. La Chiesa cattolica, in particolare, che comprende oltre un miliardo di fedeli, si è radicata in quasi tutte le nazioni e trasfusa in tantissime culture. Oggi cresce in modo molto dinamico in Africa e in Asia, è in calo, per varie ragioni, in Occidente e in America Latina. La fede cristiana risponde, per la natura stessa del messaggio evangelico, in modo profondo e radicale a quelle prospettive e a quelle dinamiche di dialogo interreligioso e interculturale che caratterizzano oggi, nel Terzo Millennio, i rapporti globalizzati fra i popoli nel rispetto reciproco e nell’incontro pacifico delle tante religioni e delle varie culture.
Le prime regioni del mondo dove s’intraprese la Missione
Nel parlare di missione a partire dalle origini del cristianesimo, la storia della Chiesa individua come prima area di diffusione del messaggio evangelico quella che allora era la provincia della Siria, oggi localizzata nella Turchia meridionale, in particolare la città di Antiochia: una regione sotto il dominio dell’impero romano. Antiochia era una metropoli in cui circolavano genti di diversa provenienza, cultura, lingua e religione, dotata di un porto molto frequentato che si affacciava sul Mediterraneo. È in questo luogo che i discepoli di Gesù vennero chiamati per la prima volta «cristiani» (Atti degli apostoli 11,26). Questa originaria denominazione non era nata all’interno del gruppo dei discepoli, ma fu il frutto di una percezione esterna. Tacito, per esempio, fa a loro riferimento negli Annali citandoli come «crestiani», gruppo religioso che si richiamava a Gesù di Nazaret, accusati da Nerone di aver provocato l’incendio di Roma nel 64.
I cristiani in quel tempo storico si riunirono in piccole comunità religiose, la cosiddetta Chiesa primitiva, anche in altre città dell’impero: ad Atene e a Roma, per esempio. Queste comunità presero vita grazie all’iniziativa di singoli, che, portatori entusiasti del messaggio di Cristo, decisero che il Vangelo non doveva essere tramandato solo al popolo d’Israele, ma anche ad altre popolazioni in quell’epoca caratterizzate principalmente dalla cultura ellenistico-romanapur nella diversità di lingue e civiltà. A svolgere un ruolo decisivo nella prima diffusione del cristianesimo fuori da Gerusalemme, furono i diretti testimoni di Gesù, ossia gli apostoli, in primis Pietro, e Paolo di Tarso, l’«apostolo delle genti» (i cui viaggi ebbero un’incisiva impronta missionaria), coadiuvati da loro discepoli fidati.
Missione verso i pagani
All’inizio della sua predicazione, Gesù rivolse il suo messaggio innanzitutto agli abitanti di Gerusalemme, alla Galilea, al solo popolo d’Israele, trascurando, se non addirittura omettendo i pagani, come si evidenzia nel Vangelo di Matteo (Mt 10,5). L’estensione dell’annuncio della Parola ai pagani, agli altri popoli, era considerato all’inizio da Gesù stesso un fatto eccezionale, che avveniva nel contesto della sua attività missionaria, fatta di guarigioni, miracoli, prodigi, segni e conversioni, andando di villaggio in villaggio, frequentando case e sinagoghe, luoghi all’aperto e piazze cittadine.
L’afflato missionario, tuttavia, verso i popoli non ebrei si arguisce nel racconto di Matteo fin dall’episodio iniziale dei re magi provenienti dall’Oriente (Mt 2,1). Che i destinatari del messaggio evangelico debbano essere anche i pagani, e che quindi l’attività missionaria debba avere un respiro molto vasto e non limitato al popolo d’Israele, si educa anche dal fatto che a manifestare una fede autentica ci fu, tra gli altri, anche un centurione romano che chiese al Messia di salvare un suo servo gravemente ammalato. La cosa sconvolse (positivamente) Gesù, al punto che Egli profetizzò: «Molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli» (Mt 8,11).
A due a due
Un primo indizio dell’operato missionario dei discepoli di Gesù si trova nel Vangelo di Marco: essi vennero inviati ad annunciare la Bella Notizia agli uomini e alle donne del tempo a due a due, come predicatori itineranti che portavano con sé ben poche cose (Mc 6, 1-6; vedi anche Lc 10, 1-16). Inoltre, come recita sempre il Vangelo di Marco, Gesù definisce in modo specifico i suoi discepoli con l’espressione «pescatori di uomini» (Mc 1,17). L’esigenza missionaria è proclamata da Gesù in questi termini: «Ma prima è necessario che il Vangelo sia proclamato a tutte le nazioni» (Mc 13,10). Si evince dunque la connotazione espressamente universale dell’evangelizzazione (tale connotazione è il motivo costante, la cifra di lettura, il filo rosso che permea tutto lo scritto degli Atti degli Apostoli). Si valicano tutti i confini temporali e spaziali: la missione che il Cristo delinea e affida e vuole far realizzare e portare avanti dai suoi discepoli ha un orizzonte manifestamente universale, tutti i popoli, tutto il mondo sono designati da Gesù come i destinatari della sua salvezza. Dai quattro Vangeli si desume che Gesù non avesse un debole solo per i malati, i poveri, gli umili, i peccatori, ma anche per gli stranieri e i lontani. L’invio dei discepoli di Gesù in tutto il mondo consta di un’ulteriore connotazione, che nel Vangelo di Giovanni è chiaramente espressa: la missione di Gesù mandato da Dio Padre sulla Terra, viene a sua volta riproposta a coloro che Gesù ha avvicinato e fatto suoi seguaci e amici: «Come tu hai mandato me nel mondo, anch’io ho mandato loro nel mondo» (Gv 17,18).
Universalità della Missione
L’universalità della missione cristiana viene marcatamente esplicitata dall’esperienza della Pentecoste, come è esposto negli Atti degli apostoli: i confini del popolo d’Israele sono nettamente superati, da Gerusalemme si va verso la Giudea e la Samaria e più oltre, sino all’intero mondo allora conosciuto sotto il dominio di Roma. Dal punto di vista geografico i paesi e le regioni toccati dal messaggio evangelico della neonata Chiesa, furono per esempio, la Mesopotamia, Cipro, la regione dei Parti, la Libia, l’Egitto, la Cappadocia, la Frigia, la Cilicia, ecc. Un passo importante verso l’affermazione definitiva dell’universalità del Vangelo fu il Concilio di Gerusalemme, tenutosi negli anni 48 e 49 dC. Esso stabilì che tutti, indiscriminatamente, potevano diventare cristiani. I pagani potevano accedere alla religione cristiana direttamente, senza dover passare attraverso la religione ebraica, senza più essere necessariamente succubi della legge mosaica. I giudeo-cristiani non dovevano più sentirsi dei privilegiati. Cristiani provenienti dall’ebraismo e cristiani provenienti dal paganesimo, in base alle decisioni del Concilio di Gerusalemme, iniziarono a essere considerati alla stessa stregua.
Modalità di trasmissione della fede
Nei primi tempi del cristianesimo la sua diffusione avviene in famiglia, fra i congiunti e i loro servi, amici, all’interno delle mura domestiche, del recinto di casa, nel contesto dei rapporti più stretti e fra vicini di casa o nell’ambiente di lavoro. A poco a poco si estende al di là dei legami familiari, assume una connotazione urbana, tanto da essere definita una religione di città. Fu infatti nelle città che il cristianesimo si diffuse e si affermò. Esistevano condizioni favorevoli perché in città come Antiochia, Gerusalemme, Roma, Atene, il cristianesimo producesse comunità religiose allargate e solide. Nel cuore dell’impero, a Roma, il messaggio cristiano si diffuse e si radicò grazie alla predicazione e alla presenza attiva di Pietro e Paolo, pur essendosi verificato lì il loro martirio di sangue. La presenza a Roma di ebrei che andavano in pellegrinaggio a Gerusalemme, e venivano in contatto con i cristiani, aveva già in qualche modo fatto circolare nella capitale dell’impero il messaggio cristiano. Anche alcuni mercanti divenuti cristiani portavano la novità del loro credo a Roma. Inoltre la diffusione della lingua latina e di quella greca, una rete stradale efficiente e la circolazione marittima nel Mediterraneo furono tutti elementi che contribuirono alla diffusione del cristianesimo.
Il ruolo delle donne
Furono le donne a svolgere un ruolo da protagoniste nella prima diffusione del cristianesimo nell’allora mondo conosciuto. Quando Gesù predicava, le donne erano le sue seguaci preferite. Lo accompagnavano e lo sostenevano. E furono vicine a lui fino all’ultimo. E, ancora, proprio una donna fu testimone della sua risurrezione (vedi Mc 15, 40s; Lc 23,49; 24,1). Nelle lettere di Paolo e negli Atti sono riportati nomi di donne che fondarono e diressero le prime comunità cristiane svolgendo una vera e propria opera missionaria.
Paolo di Tarso
Un missionario zelante, di prim’ordine, dinamico e instancabile fu, agli inizi dell’era cristiana, Paolo di Tarso. Nel Nuovo Testamento le sue lettere e gli Atti degli apostoli documentano per filo e per segno i suoi viaggi, la sua attività pastorale e la sua teologia. Prima che venisse arrestato Paolo svolse un’intensa, puntuale e capillare attività missionaria, a partire dal 35 d.C. subito dopo la sua conversione (avvenuta a Damasco). Si diresse nel bacino orientale del Mediterraneo, in Asia Minore, in Grecia, ecc. Come egli stesso scrisse nella Lettera ai Romani: «Così da Gerusalemme e in tutte le direzioni, fino all’Illiria, ho portato a termine la predicazione del Vangelo di Cristo» (Rm 15,19). La regione dell’Illiria corrispondeva alla Dalmazia. Egli raggiunse l’Arabia, la Siria, la Cilicia. Poi fu il turno di Cipro e dell’Asia Minore. La seconda parte della sua esperienza missionaria incluse la Grecia e l’Europa. L’ultima sua tappa fu Efeso. La sua opera missionaria durò più di venti anni. Sarebbe dovuto andare a predicare in Spagna, ma gli ebrei ostili alla sua evangelizzazione glielo impedirono, procedendo al suo arresto. Fu condannato a morte a Roma nel 60, e decapitato con la spada.
Diffusione della fede
La religione cristiana, proposta attraverso l’attività missionaria dalla Chiesa antica si propagò in diversi modi e in diversi luoghi oltre i confini dell’impero romano (i cui funzionari e imperatori – tra questi: Nerone, Decio, Valeriano e Diocleziano -, considerando il cristianesimo come una «deleteria superstizione», come specificò in una lettera a Traiano Plinio il Giovane, attuarono una sistematica persecuzione che comportò un drammatico stillicidio di martiri). Furono raggiunti i Celti, i Germani e gli Slavi in Europa, le genti dell’Asia e dell’Africa settentrionale.
Fu nel IV secolo che la situazione drammatica del cristianesimo si stabilizzò, quando divenne e si affermò come la nuova religione dell’impero. I Germani, frattanto, entrando con incursioni sempre più massicce nelle regioni dell’impero allo scopo di sostituirsi politicamente ai Romani, adottarono la fede cristiana nella sua forma ariana. La strategia missionaria, in questa prima fase, ebbe successo in particolare con le opere caritative di assistenza materiale a bisognosi e ammalati. In definitiva il primo cristianesimo si era affermato da Nord a Sud e da Ovest a Est: dalle Isole Britanniche alle coste dell’Africa settentrionale e dalla Penisola Iberica alla Mesopotamia. In base a recenti calcoli il numero dei battezzati nel III-IV secolo raggiunse il 10% della popolazione totale dell’impero, ossia circa 6 milioni. L’opera di persuasione fu agevolata, oltre che dalla svolta politica che la fece diventare religione di Stato e dalle sue caratteristiche solidaristiche, dal fatto che stava prendendo piede fra la gente di ogni ceto e di ogni lingua una certa propensione al monoteismo. Alla diffusione del cristianesimo contribuì anche la spiccata caratterizzazione simbolica dello spazio cittadino mediante l’edificazione e di numerosi edifici sacri.
Quando si verificò la caduta e lo sgretolamento dell’impero di Roma in Occidente, la svolta dei regni germanici, che subentrarono al dominio romano, provocò un marcato mutamento anche nell’assetto religioso: celti, germanici e slavi conobbero un cristianesimo in grado di contemplare le differenze etnico-culturali-linguistiche che fondarono una sorta di unità complessa del mondo cristiano nell’Europa occidentale. I popoli germanici adottarono il cristianesimo cosiddetto «tribale» nella sua versione ariana. Questo convisse a lungo con quello di matrice romanizzata o cattolica, fino a che la fede ariana non venne considerata eretica e fu infine soppressa nel VII secolo.
Cristianizzazione dell’Europa
La cristianizzazione del continente europeo lungo i secoli del medioevo conobbe una fase di accentuata promozione quando l’attività missionaria fu intrapresa in modo forte dai cristiani d’Irlanda e Inghilterra. Il papato romano approvò e incoraggiò quest’iniziativa missionaria che vide i suoi iniziatori nelle figure di san Patrizio, san Brendano, san Colombano il vecchio e il suo omonimo giovane. Questi santi inaugurarono un’ascesi monastica d’impronta marcatamente peregrinante che spinse molti monaci irlandesi a raggiungere anche terre distanti come l’Islanda e, forse, l’America del Nord. I monaci irlandesi dunque portarono un cristianesimo rinnovato e vivificato nella terra dei Franchi, in Gallia e in Baviera, con la conseguenza di porre termine al tribalismo religioso a cui erano assuefatti sino ad allora i popoli germanici. In Inghilterra a ripristinare un cristianesimo purificato fu sant’Agostino mandato lì da papa Gregorio, insieme ad altri quaranta missionari. Ecco che il papato con quest’operazione sul territorio anglosassone intraprese apertamente una sua propria vocazione missionaria (i monaci irlandesi ricevettero dai papi romani veri e propri mandati missionari), che realizzò in Inghilterra una felice ricomposizione del cristianesimo a livello ecclesiastico, monastico, politico e sociale. In tale maniera il cristianesimo di quelle terre consolidò un fertile rapporto con la Chiesa di Roma e i cristiani inglesi erano pronti a loro volta per partire in direzione del continente per evangelizzare o rievangelizzare i popoli franchi e i popoli latini.
Una nota stonata si fece sentire in questo contesto: la presenza, accanto al metodo missionario irlandese, di una costrizione ad abbracciare la fede cristiana tramite la minaccia delle armi. Sotto Carlo Magno, re dei Franchi, questa prassi violenta nei confronti dei popoli germanici pagani recalcitranti (in particolare i Sassoni) fu una costante dell’impegno dell’impero franco a diffondere la religione di stato, l’ortodossia dominante: il cristianesimo di Roma.
Altri monaci si distinsero nella propagazione del cristianesimo in Europa. San Bonifacio, ad esempio, autorizzato da papa Gregorio II a convertire i germani sotto la protezione militare e politica dei Franchi. La Chiesa di Roma, attraverso l’attività missionaria del monaco benedettino Ansgario, nel IX secolo, penetrò anche in Danimarca, ma in queste terre del Nord Europa la cristianizzazione fu resa più difficile dal profondo radicamento del politeismo vichingo, per cui la fede cristiana fu a lungo considerata come una religione straniera. Nelle regioni scandinave, solo due secoli dopo la penetrazione cristiana si riscontrò qualche successo. Il processo di cristianizzazione dei popoli del Nord Europa fu reso possibile partendo dall’alto: furono dapprima i sovrani danesi che si convertirono al cristianesimo, poi i loro sudditi. In Svezia il processo di cristianizzazione maturò grazie alla fede profonda della regina Brigida. In Norvegia le conversioni avvennero lungo le coste grazie all’attività missionaria dei monaci anglosassoni e tedeschi, ma il processo di cristianizzazione ebbe la sua svolta anche qui con il battesimo dei sovrani.
L’attività missionaria della Chiesa di Roma raggiunse anche le terre slave, quelle regioni dell’Europa bagnate dal Mar Baltico, dal Mar Adriatico e dal Mar Nero. Si verificò qui però una contesa con la Chiesa d’Oriente, così, mentre la Bulgaria acconsentì a farsi convertire dal papato romano, la Moravia respinse i monaci occidentali e preferì la Chiesa di Bisanzio. Ma furono soprattutto i santi Cirillo e Metodio a diffondere e a radicare la fede cristiana nelle terre slave. A prendere contatto con il cristianesimo sia occidentale che orientale furono anche i Varieghi, popoli vichinghi che commerciavano con le genti slave. Sotto gli Ottoni, l’invio di missionari cattolici in Polonia favorì la cristianizzazione di quelle terre nell’XI secolo. Anche gli ungheresi, popolo non slavo, ma ugro-finnico, sotto gli Ottoni e la guida di papa Silvestro II, accolsero la proposta religiosa dei missionari cristiani. Nelle terre a Est dell’Elba la cristianizzazione fu più difficile: alcuni missionari furono uccisi dai popoli slavi pagani di quelle regioni. In Estonia, Lituania e Prussia la fede cristiana prese piede grazie alle operazioni commerciali e all’invio di alcuni missionari. Ma il processo di cristianizzazione in queste terre conobbe nel XII e XIII secolo anche una fase d’imposizione con la spada, si mossero infatti i cavalieri dell’Ordine Teutonico in una vera e propria crociata.
Nella seconda e ultima parte di questa breve storia della missione (on line da novembre):
– Il cristianesimo fuori d’Europa
– La missione a partire dall’età moderna
– Propaganda Fide
– La missione nel Nuovo Mondo
– Missione in Asia
– Slancio missionario
di Nicola Di Mauro
Nicola Di Mauro
Ultimi post di Nicola Di Mauro (vedi tutti)
- La missione secondo san Paolo VI - 5 Ottobre 2018
- Il pianeta Terra visto da una prospettiva geopolitica - 12 Luglio 2018
- Suor Leonella, missionaria martire in Somalia, presto beata - 18 Maggio 2018
Leave a Reply