In Congo RD, i missionari della Consolata lavorano con il popolo pigmeo, minoritario, discriminato ed emarginato. Come strumento di emancipazione da qualche tempo hanno iniziato una scuola itinerante che va incontro ai bambini e alle loro comunità sparsi nella foresta.
Eccomi a Bayenga. Banangiso con i suoi fratellini arrivano alla mia finestra totalmente bagnati dalla pioggia e raggianti di gioia: «Ciao!». Prima che possa dire altro mi abbracciano in quattro facendomi perdere l’equilibrio. È da una settimana che non ci vediamo. L’intero accampamento è in foresta per la caccia con la rete e per approfittare degli ultimi giorni della stagione secca per pescare nei fiumiciattoli.
Il Pigmeo che cercava la dignità
Quando chiedo se ci sono novità, mi spiegano che sono venuti al villaggio perché Akpangeso è morto. Akpangeso era uno dei Pigmei più anziani e più rispettati a Bayenga, perché per anni aveva incoraggiato i suoi a fare studiare i bambini, a costruire case più solide, a fare un po’ di agricoltura. Akpangeso rispettava i capi bantu, ma non ne aveva paura, dialogava con loro, di-scuteva in tante occasioni, anche se poi bisognava accettare le loro decisioni perché i Bantu sono più numerosi e hanno più forza, sono più organizzati, più istruiti.
Akpangeso era un punto di riferimento. Rimangono pochi anziani come lui tra i Pigmei dei dintorni.
Pensiamo che vogliamo seguire la scia di Akpangeso, cercare cammini di vita, di dignità, di libertà con i Pigmei. È così che nasce la scuola itinerante: strumento per svegliare le coscienze e la dignità di un popolo che non sa ancora raccontare la sua storia e che si vergogna delle sue tradizioni quando si sente scernito dai Bantu.
«Quando tornate?»
Così ci salutano i bambini quando vengono a darci un bacio e un abbraccio alla fine della lezione. A noi sa di bacio della buona notte perché spesso capita sotto la luce della luna mentre le mamme finiscono di preparare la cena e le ragazzine incominciano a chiamare i fratellini per lavarli dopo tutta una giornata di giochi e sogni.
Ecco, di questo si tratta, di sognare, di far sognare. Di scoprire con i bambini la freschezza della vita. Di imparare da loro l’entusiasmo per la novitá, il gusto d’imparare, trovare amici, comunicare inventando nuovi modi e tempi dei verbi amare, ridere, giocare, sperare, dare fiducia.
Così è: l’amore è creativo, è sempre nuovo, diventa vita. Per questo l’impegno della nostra scuola è di restare aperti al mistero, all’altro, allo spirito che, come il vento, viene e va. Tramite l’ascolto, l’itineranza, la condivisione, la tenerezza, la misericordia, restiamo aperti a farci smontare, attenti a lasciare che i bambini e le loro famiglie assumano il ruolo d’insegnanti, d’allievi, d’amici.
«Cavolo, sono misericordiosi!»
Preparare il materiale per le lezioni della nostra scuola è una sfida appassionante della quale sono partecipi i genitori e i fratelli maggiori: noi impariamo una parola nella loro lingua, individuiamo la lettera che vogliamo insegnare, disegniamo l’oggetto oppure l’azione che la parola identifica, inventiamo una canzone, un gioco.
Cerchiamo di tenere sempre presente lo scopo pricipale: restituire ai Pigmei la dignità di figli di Dio, fare sentire loro che Dio li ama e che li ama di un amore preferenziale.
«Perché volete loro bene? Non vedete che sono Pigmei?», mi dicevano alcuni bambini bantu. «Noi vogliamo bene a tutti», ho risposto. «Ma allora, perché andate solo negli accampamenti dei Pigmei?», ribattevano. «Proprio perché vogliamo che tutti partecipiate. Quando giochiamo nel villaggio o in parocchia, un po’ alla volta lasciate da parte i bambini pigmei e loro, per paura delle vostre reazioni e delle vostre parole, restano fuori dal gioco. Invece, quando andiamo negli accampamenti, voi, se volete venire a giocare con noi, con i bambini pigmei, lo fate senza problemi e i pigmei, bambini e adulti non vi hanno mai cacciati via; al contrario, si alzano per lasciarvi il posto migliore. Vedete? Andiamo da loro perché vi vogliamo bene tutti».
Tramite la scuola itinerante impariamo la dinamica del Regno: il lievito fa fermentare la massa di farina; ciò che è insignificante trasforma ciò che è grande. A volte sentiamo delle parole che illuminano la nostra strada confermandola: «Guardate come vogliono bene ai bambini!»; «vogliono bene ai Pigmei, vogliono essere come loro». Oppure, quando facciamo sedere anche l’anziano cieco in mezzo ai bambini per fargli sentire la gioia delle canzoni e dei loro giochi, sentiamo dire: «Boodé, ba no ikokó!» (Cavolo! Sono misericordiosi!).
Volti illuminati
Ci piacerebbe tantissimo che voi, amici che credete in questa «scuola di vita nuova», poteste vedere i volti illuminati dei bimbi quando apriamo il telo su cui è dipinta la lezione, l’entusiasmo con cui pratecipano e cercano di avvicinare il disegno per spiegare quel che vedono, quel che conoscono. È meraviglioso vedere come s’ingrandiscono i loro occhi quando prendono il foglio e i pastelli per colorare il disegno della lezione, oppure il loro sorriso quando viene dato loro un cuore o una stella sorridenti come «voto» per il loro lavoro. È emozionante vedere come poco a poco imparano a prendere la matita e cercano di fare anche di più di quello che chiediamo… È bello sognare con loro che un giorno avranno la stessa dignità e libertà dei loro vicini Bantu e che saranno artefici di una nuova società in cui saranno un’unica famiglia, quella dei figli di Dio.
Andrés García Fernández
«Grazie, grazie mille a voi tutti che sostenete la nostra scuola itinerante. Con il vostro aiuto facciamo i primi passi in questo tentativo di ridonare dignità ai Pigmei che abitano nel territorio della nostra parrocchia.
L’alfabetizzazione è la scusa, il mezzo per svegliare in loro la coscienza di essere persone come gli altri, amate, speciali, uniche».
Andres Garcia Fernandez
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