I cento giovani che cantano la missione.
Nell’agosto scorso gli oltre cento giovani del Secondo Consolata Festival hanno portato nelle terre di Galatina (Lecce) il sole, il canto, il vento della missione. Sulle orme di don Tonino Bello e degli ottocento martiri di Otranto.
«Lu sole, lu cantu, lu ientu della missione». Riecheggia così familiare oramai questo slogan in me! Non conoscevo il dialetto pugliese, nemmeno i detti locali… ciò nonostante, quelle parole stampate sulla maglietta che ci ha fatto da abito in quei giorni, mi hanno subito colpito. Forse perché lo spirito che ha animato organizzatori e partecipanti ci ha immediatamente avvolti e conquistati parlando, per l’appunto, di sole della fede, di talento per il canto e di vento della missione che ci spinge tutti ad gentes, fuori dai nostri centri, verso il prossimo per portare la parola di Dio. Annunciare il Vangelo con la nostra musica missionaria, imparata grazie all’esperienza e contatto continuo con i missionari in patria e all’estero: ecco il senso della nostra presenza estiva in terra pugliese!
Un incontro di talenti
Potremmo definire l’avventura vissuta un incontro di talenti: simpatie, attitudini musicali, esperienze provenienti da ogni parte del mondo, amicizie, volti carichi di racconti e di voglia di stare insieme. Incontro anche di stili diversi: dalla travolgente energia di Martina Franca, alla diligente spontaneità veneta, dal fresco entusiasmo torinese, alla caldissima accoglienza di Galatina, via via passando per le più sparute ma non meno preziose presenze di giovani da Bravetta, Bevera, Mesagne, Ruffano e Natile.
Trovarci, dopo lunghi e faticosi viaggi, dopo sacrifici per chi ha pochi giorni di ferie e per chi aveva impiegato mesi, sudore e tempo nell’organizzare tutto… per tutti incontrarci è stato semplice, spontaneo, naturale. Sì, tutto su fede, missione e musica, assaporando la figura di don Tonino Bello e degli ottocento martiri di Otranto nella loro prima ricorrenza da santi.
Cento voci in quattro giorni
Lo spirito di gruppo è una cosa che non sai spiegare, non sai definire, lo vivi e basta: conoscersi il 10 agosto, formare in 4 giorni un coro di 100 voci più una decina di musicisti, e cantare il 15 agosto, in una piazza gremita di gente a Galatina, coordinati nelle parole, nei tempi musicali, nelle note, negli stacchi, è stato qualcosa di straordinario. Fin da subito si è compiuta la magia e abbiamo assaporato la meraviglia di essere una sola voce, un solo gruppo, una famiglia. Nella terra di don Tonino Bello è stato entusiasmante vivere quella che egli stesso definiva la «convivialità delle differenze».
Ciascuno dei quattro concerti che abbiamo fatto dal 15 al 18 agosto sono stati un trionfo di gioia, una ventata di amore per Dio e per l’uomo che speriamo abbia instillato qualche seme nel cuore di chi ci ha ascoltati. Galatina per due volte, Cerfignano e Alessano sono stati i teatri delle nostre esibizioni: siamo passati da piazze e parrocchie, portando alla gente le nostre vite, la nostra musica e le nostre parole, sempre con lo stesso entusiasmo e con l’obiettivo di far conoscere i diversi modi di pregare Dio nel mondo, dando ragione del nostro carisma, della nostra speranza e della nostra presenza.
Canti liturgici provenienti da tutti i continenti, in lingue diverse, cantati da coristi originari anch’essi di tutto il mondo: un messaggio di integrazione e fede che speriamo davvero sia arrivato a chi ci ha sentiti.
Ringraziando…
A tal proposito va fatto un grande applauso a chi ha avuto in mano le redini dell’organizzazione, portando a compimento un lavoro di mesi: padre William, padre Godfrey e padre Gianni, la comunità dei missionari di Galatina, su tutti, ma anche una nutrita squadra di missionari e missionarie, seminaristi, laici, che hanno dato il loro tempo e le loro energie per farci sentire a casa.
Un grazie speciale anche alla gente della Puglia che ha lavorato silenziosamente per rendere l’esperienza unica, che ha preparato tutto il necessario e ci ha coinvolti nella celebrazione di persone speciali che hanno lasciato un segno indelebile su quelle terre, conducendoci sui passi e nei luoghi degli ottocento martiri di Otranto e regalandoci un intenso momento di preghiera sulla tomba di don Tonino Bello. L’elenco dei ringraziamenti sarebbe vastissimo e si rischierebbe di dimenticare qualcuno: oltre ai già citati organizzatori, una nota di merito però deve essere spesa per chi ci ha fatti diventare in pochissimi giorni un coro coeso e affiatato, ovvero per i maestri Graziano, Roberta, Cristina, Fabio, e i musicisti, capitanati da Marco, che hanno fatto le ore piccole per creare gli arrangiamenti dei brani.
Ma tutti. Dai coristi, alle cuoche, alle babysitter… tutti meritano un riconoscimento per aver reso possibile la seconda edizione di un festival che speriamo diventi un appuntamento tradizionale per i Missionari della Consolata.
Sulla via della ripartenza
Ogni avventura, ogni esperienza, ogni missione arriva prima o poi alla conclusione. Ed è il momento dei bilanci in cui ci si guarda indietro mentre si percorre la via del ritorno.
Ritornando a casa non abbiamo avuto la sensazione di qualcosa che fosse finito. Non ci siamo sentiti in vena di revisioni e nemmeno abbiamo provato quella malinconia tipica di qualcosa di speciale che è ormai alle spalle. Perché nel partire da Galatina, il sentimento più comune era piuttosto di qualcosa che stava iniziando: non un viaggio di ritorno, ma una nuova partenza.
Come se il secondo Consolata Festival non fosse finito col concerto di Alessano, ma fosse solo stata la prima splendida tappa di un cammino che porterà chi vi ha partecipato a nuove ed entusiasmanti esperienze. E questo sentimento veniva dall’invito e mandato ricevuto nella santa messa di chiusura, dove il profeta Isaia gridava: «Chi manderò? Eccomi Signore, Mandami!». Padre Godfrey ci ha detto che siamo noi a dover andare! Perché siamo credenti. E non si può essere credenti senza evangelizzare. Noi nel Consolata Festival abbiamo portato la parola di Dio al prossimo, con gioia e semplicità.
Tornando a casa ci siamo portati nel cuore almeno tre cose fondamentali: innanzitutto la consapevolezza che la Chiesa conta su di noi, sul nostro entusiasmo, sul nostro amore per la missione e per questo dobbiamo amarla e farci amare. Poi la convinzione che dobbiamo essere forti e coraggiosi, andar anche controcorrente se necessario e non farci trascinare dai venti frivoli che spirano nella nostra società. E per ultimo, seguendo l’insegnamento di don Tonino Bello, che dobbiamo essere disposti a sporcarci le mani, amare i poveri, i bisognosi e trovare in questi il Gesù nascosto. Gesù ci invia per le strade del mondo. Noi nel nostro piccolo possiamo farcela.
In attesa della prossima edizione
In attesa della prossima edizione, sulla cui location si sono già scatenate molte ipotesi (in pole position Torino), godiamoci ancora le eco di questa splendida esperienza pugliese.
Lu sole, Lu cantu, Lu ientu…della missione, lo slogan che ci ha accompagnato del nostro cammino in Salento ce lo porteremo nel cuore a lungo, così come i tanti volti conosciuti, le tante testimonianze di fede condivise, i tanti legami di amicizia stretti in pochi giorni, con la speranza e l’attesa di vivere il prima possibile una nuova esperienza di condivisione in nome della musica.
Arrivederci alla prossima edizione dunque, e buona missione a tutti!
Marco Soneghet e p. Godfrey
di Marco Soneghet e p. Godfrey Msumange
Marco Soneghet
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