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Umiltà, la strada verso Dio

Autore: Bergoglio Jorge Mario – Papa Francesco
Gesuita, è stato arcivescovo di Buenos Aires dal 1998 fino al 13 marzo 2013, quando è stato eletto Papa con il nome di Francesco.

Una meditazione teologica che mira all’edificazione dello spirito di comunione − nelle comunità religiose e in qualsiasi comunità cristiana. Per essere edificatori dell’unità occorre passare attraverso una profonda capacità di autoesame, fino a sapersi «autoaccusare».

Accusare sé stessi non è «qualcosa di puerile» o segnale di debolezza; è invece un atto che «presuppone un coraggio non comune per aprire la porta a dimensioni sconosciute e per lasciare che gli altri vedano al di là della mia apparenza».
L’autoaccusa sfocia nella vera umiltà, che è il cammino verso Dio e che al contempo ci apre all’altro. L’autore appare particolarmente preoccupato di sradicare la mormorazione e la maldicenza che spesso mina gli ambienti ecclesiali.
Questa riflessione del card. Bergoglio è il commento ad alcuni scritti sull’argomento di Doroteo di Gaza, un Padre della chiesa del VI secolo, testi che vengono riportati nel volume stesso.

Con un testo di Enzo Bianchi, priore della Comunità di Bose.

anno: 2013
formato: 12×16,5
pagg. 64
euro 6,90

INDICE
Introduzione, 5

La strada dell’umiltà, 9
Dell’accusa di se stessi, 25

Discepoli del mite e umile di cuore, 49
Intervento di Enzo Bianchi
 
PRESENTAZIONE
Nell’iniziare il cammino dell’Assemblea arcidiocesana ho chiesto di metterci tutti in uno spirito di orazione, di pregare molto e di offrire una qualche mortificazione che accompagnasse la preghiera in questo tempo. Ho suggerito che questo sacrificio poteva consistere nel non parlar male gli uni degli altri. Sono consapevole che è una cosa che ci costa, per questo credo che sia una buona offerta.
Lo spirito di unità ecclesiale si vede guastato dalla mormorazione. Sant’Agostino descriveva così questa realtà: «Ci sono degli uomini soliti pronunziare giudizi temerari, maldicenti, brontoloni, mormoratori, pronti a sospettare ciò che non vedono e a lanciare addosso all’altro ciò che nemmeno riescono a sospettare» (Discorso 47). La mormorazione ci porta a concentrarci sulle mancanze e i difetti altrui; crediamo, in questo modo, di sentirci migliori. La preghiera del pubblicano nel Tempio illustra questa realtà (Luca 18,11-12) e Gesú ci aveva già avvertito rispetto al guardare la pagliuzza nell’occhio dell’altro ignorando la trave che abbiamo nel nostro.
Parlar male dell’altro è un male per la Chiesa tutta, poiché non si limita al livello di commento, ma passa allo stadio di aggressione (per lo meno nel cuore). Sant’Agostino chiama il mormoratore «uomo senza speranza». «Gli uomini senza speranza quanto meno badano ai propri peccati, tanto più ficcano il naso in quelli degli altri; e li indagano non per correggerli, ma per criticarli. E dato che non possono scusare sé stessi, son sempre pronti ad accusare gli altri» (Discorso 19). A questi uomini, dice Agostino, è «rimasta soltanto la debolezza dell’animosità, la quale tanto più è fiacca quanto più crede di avere maggiori forze» (Esposizione sul Salmo 32,29). Contro questo cattivo spirito (parlar male degli altri) la tradizione cristiana, fin dai primi Padri del deserto, propone la pratica dell’accusa di sé stessi.
Molti anni fa scrissi un articolo sul tema dell’accusa di sé stessi. Benché fosse rivolto a dei giovani religiosi, penso che risulterà adatto a tutti. Lo offro come mio contributo all’Assemblea. L’articolo si ispirava ad alcuni scritti di Doroteo di Gaza, che troverete nella seconda parte del libretto.
Che il Signore ci aiuti a portare avanti l’Assemblea arcidiocesana in spirito di preghiera e offrendo il sacrificio di non parlare male gli uni degli altri.

di EMI – Editrice Missionaria Italiana

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