Slow page dei Missionari della consolata

Anche nel deserto aprirò una strada (Isaia 43)

Ecco, faccio una cosa nuova

Foto di Andrii Bondarenko su Unsplash

Una proposta di preghiera per il tempo di Quaresima e per prepararci alla Pasqua.
Contemplando il deserto chiuso davanti a noi, attendiamo con fiducia di vedere il germoglio della cosa nuova fatta dal Signore.

Prima di iniziare la preghiera, si pone in un punto ben visibile un cartellone colorato (ad esempio rosso, blu o marrone). Si distribuiscono tre foglietti quadrati di colore chiaro (giallo, beige o bianco) e un pennarello nero a ciascun partecipante.

Guida. In questo tempo di Quaresima, ci regaliamo un’occasione di sosta per aiutarci a vicenda nel cammino verso la Pasqua.
Ci disponiamo in una posizione che aiuti la preghiera. Ciascuno si pone in silenzio alla presenza degli altri, alla propria presenza, alla presenza del Signore.

Silenzio.

Guida. Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito santo.

Canto. Vieni Spirito d’amore.

Lettore 1. Dal libro del profeta Isaìa (43,16-21).

«Così dice il Signore, che aprì una strada nel mare e un sentiero in mezzo ad acque possenti, che fece uscire carri e cavalli, esercito ed eroi a un tempo; essi giacciono morti, mai più si rialzeranno, si spensero come un lucignolo, sono estinti: “Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?
Aprirò anche nel deserto una strada, immetterò fiumi nella steppa. Mi glorificheranno le bestie selvatiche, sciacalli e struzzi, perché avrò fornito acqua al deserto, fiumi alla steppa, per dissetare il mio popolo, il mio eletto. Il popolo che io ho plasmato per me celebrerà le mie lodi“».

Isaìa 43,16-21

Lettore 2. Il «Secondo Isaia» è un profeta che parla a un popolo in esilio. Israele, deportato nel VI secolo a.C. in Babilonia, è lontano dalla terra che aveva abitato a lungo e che Dio aveva promesso ad Abramo e ai suoi discendenti. Vive un esilio durissimo, che gli fa dubitare dell’amore di Dio per lui, e si domanda se sono ancora valide le parole di Yahweh: «Io sono il tuo Dio, tu sei il mio popolo».
L’esilio babilonese getta Israele nella nostalgia del passato e nell’angoscia per il futuro.
La condizione del popolo ricorda l’antica schiavitù dell’Egitto, e la sua disperazione assomiglia a quella provata dagli israeliti quando di fronte a loro avevano la strada sbarrata dal mare, e dietro l’esercito del faraone che li inseguiva.
Una situazione priva di vie d’uscita. Come quella vissuta dai discepoli di Gesù mentre il loro maestro veniva inchiodato al legno della croce.

Guida. Le acque possenti del mare, i carri e i cavalli d’Egitto minacciano la libertà e la vita.
Quante minacce oggi si affacciano per sottrarre libertà e vita a ciascuno di noi, alle nostre famiglie, alla nostra società, al mondo?

Segno. Dopo un tempo congruo di silenzio accompagnato da una melodia di sottofondo, ogni partecipante, ordinatamente, si reca al cartellone per scrivere in una parola uno dei segni di morte che vede in sé, attorno a sé, nel mondo.

Lettore 2. Il profeta parla al cuore triste degli israeliti con le parole di Yahweh: «Non ricordate più le cose passate. Ecco, io faccio una cosa nuova!». E promette: quel Dio amorevole e liberatore che un tempo ha diviso per Israele le acque del Mar Rosso, e che ha sconfitto i suoi nemici aprendo una strada insperabile nella morte, quello stesso Dio aprirà una strada «anche nel deserto», perché Israele riprenda il cammino verso la terra dei suoi padri, non si senta più in esilio dalla propria esistenza, percorra il sentiero della vita e della gioia piena.
Allo stesso modo, Gesù consola i suoi discepoli e fratelli con la promessa della risurrezione, confermata dai miracoli, i segni che il Signore operava per restaurare la vita di chi lo incontrava.

Guida. Il Signore vuole rassicurare, attraverso le parole del profeta, il suo popolo amato. Vuole consolare il suo cuore con la certezza della sua presenza, del suo amore capace di aprire una strada di vita anche nella morte, un sentiero di libertà anche nell’oppressione.
Ci domanda di riconciliarci con il passato, con una nostalgia che non ci lascia liberi, o con una ferita che non ci lascia vivere. Ci invita ad avere fiducia della sua salvezza creativa.

Segno. Nel silenzio accompagnato da una musica, ciascuno scrive su un foglietto una situazione della propria vita con cui desidera riconciliarsi, e su un secondo foglietto un desiderio profondo che vorrebbe vedere realizzato. Dopo aver scritto, uno per volta ci si alza per posare i biglietti a faccia in giù sul cartellone.

Lettore 2. Il Signore che apre una strada anche nel deserto, lo bagna immettendo fiumi per dissetare il popolo di Israele: «Il mio popolo», sottolinea, per ricordare e rinnovare ancora una volta l’antico patto, per sigillare una volta ancora la relazione d’amore che lo tiene legato ai suoi diletti.
Così come le bestie selvatiche lo glorificheranno, anche gli uomini, custoditi dal loro Dio, gli rivolgeranno le loro lodi.
Così come la strada nel deserto che libera Israele ricorda il Signore Gesù Cristo, via, verità (libertà) e vita, così anche i fiumi nella steppa che abbeverano il popolo e le bestie selvatiche, riconciliando l’uomo e il creato a sé, ricordano la fonte di acqua pura che zampilla per la vita eterna: il Signore che con la sua morte e risurrezione inonda il mondo e ogni sua creatura di vita nuova.

Guida. Siamo chiamati a essere i canali di quest’acqua viva. Innanzitutto è la nostra sete a venire placata, è la nostra vita personale a venire inondata dall’acqua della vita eterna. Poi, grazie alla sovrabbondanza che ci bagna, comunichiamo la stessa acqua dissetante ad altri. Perché siamo il popolo plasmato dal suo amore che celebra le sue lodi dovunque ci sia vita: che sia vita stentorea e assetata di amore eterno, che sia già vita gaia e aperta. Questo si chiama missione.

Segno. In un ultimo momento di silenzio, ciascuno scrive sul terzo foglietto un’intenzione che può mettere in atto per aiutare il Signore ad aprire una strada nuova nel deserto del mondo di oggi.
Quando tutti avranno posato il proprio foglietto, la guida andrà al cartellone e disporrà tutti i quadrati di carta in modo da formare su di esso una strada che lo attraversi.

Tutti insieme. Sal 125 (126)

Quando il Signore ristabilì la sorte di Sion,
ci sembrava di sognare.
Allora la nostra bocca si riempì di sorriso,
la nostra lingua di gioia.
Allora si diceva tra le genti:
«Il Signore ha fatto grandi cose per loro».
Grandi cose ha fatto il Signore per noi:
eravamo pieni di gioia.
Ristabilisci, Signore, la nostra sorte,
come i torrenti del Negheb.
Chi semina nelle lacrime
mieterà nella gioia.
Nell’andare, se ne va piangendo,
portando la semente da gettare,
ma nel tornare, viene con gioia,
portando i suoi covoni.
Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito santo.
Come era nel principio, ora e sempre nei secoli, dei secoli. Amen.

Sal 125 (126)

Intenzioni libere. Ciascuno può esprimere una propria preghiera. A ogni intenzione tutti rispondono: «Ascoltaci Signore».

Tutti insieme. Padre nostro

Canto. Il canto dell’amore.

di Luca Lorusso

Leggi, scarica, stampa da MC marzo 2025 sfogliabile

The following two tabs change content below.

Luca Lorusso