Slow page dei Missionari della consolata

Mongolia… tre anni dopo.

Padre Daniele Giolitti, appena ordinato sacerdote parte per la Mongolia e…

Oggi, in vacanza dopo tre anni di missione, ci racconta la sua esperienza nel paese di Gengis Kahn.

Daniele, come potresti sintetizzare in poche parole la tua esperienza missionaria di questi primi tre anni in Mongolia?
Diciamo che è davvero un’avventura grande: è difficile, ma allo stesso tempo dà una gioia immensa. Proprio perché la missione in Mongolia è all’inizio, unica nel suo stile, aperta da pochi anni, si respira un’aria di novità; lo dico sempre ai miei amici; le difficoltà sono grandi ma le gioie sono mille volte maggiori. Questo ti riempie il cuore, te lo posso assicurare…

Qual è stata la difficoltà più grande che hai incontrato e quale la gioia più bella che hai provato in questi tre anni?
Direi che la difficoltà più grande è stata quella della solitudine. Essere in un continente come l’Asia dove noi missionari cattolici siamo ovviamente una minoranza, senza la possibilità di incontrarci fra di noi, ti fa sentire sicuramente da solo. La gioia più grande è vedere che la gente ti vuole bene ed essere accettato nonostante le barriere culturali, la lingua diversa, la tua religione… le persone ti apprezzano così come sei quando ti dai loro, quando condividi con loro.

Hai parlato di barriera linguistica e culturale. Com’è stato l’impatto con una lingua e una cultura come quella mongola?
Già… io per due anni ho frequentato la scuola e la cultura mongola e dopo un po’ la testa fumava… Ho quindi adottato un metodo: visto che non riuscivo a comunicare con la gente, una volta alla settimana partivo, facevo delle grandi camminate. Ci sono quattro monti sacri vicino alla capitale Ulaan Baatar e mi dirigevo verso quei luoghi.
Camminando in questo modo, e incontrando la gente, mamme, bambini ecc. iniziavo a scambiare le prime parole. Il saluto, come state, dove andate, cosa fate ecc., con loro instauravo un semplice dialogo nel quale anche loro facevano domande a me.
“Chi sei tu?”. E io rispondevo:”Sono un monaco di Gesù”.

E la gente è interessata a questa novità di Gesù?
Gesù lo conoscono un po’ tutti, anche Maria, ma non tutti i valori profondi, il vangelo no. Penso che la ricchezza più grande per loro sia la scoperta che alcuni nostri valori, come la compassione cristiana, sia simile alla compassione buddista. Ecco un punto d’aggancio su cui potevo lavorare.

E politicamente come siete accolti? Senza entrare nei particolari, il governo, le autorità, come vi vedono data la marginalità della presenza cattolica in Mongolia?
Due anni fa ci sono state le elezioni presidenziali dove ha vinto un presidente democratico, ma la maggioranza in parlamento, nei distretti è ancora comunista. Pur essendoci una libertà religiosa formale molto spesso ci mettono il bastone fra le ruote, e controllano, a livello di permessi, documentazioni, ispezioni, le nostre attività missionarie.
Molte volte dobbiamo chiedere il permesso alle autorità per lavorare insieme ad esse e non entrare in rapporti ostili.

E’ più facile lavorare in città o in periferia? Con chi vi sentite più a vostro agio, con le persone di città o della campagna?
Il lavoro con la campagna, nella steppa, è iniziato da poco con i più poveri, e penso che le persone ci apprezzino a livello caritativo. Ad esempio l’anno scorso, con il freddo che c’è stato, abbiamo distribuito carbone e capi di bestiame.
In città è più difficile, la globalizzazione crea degli squilibri sociali tra i mongoli, per cui ci sono dei giovani sbandati difficili da gestire.

Come vi fate presenti sul territorio?
Abbiamo ritenuto opportuno creare all’inizio un centro di spiritualità missionaria invece di una parrocchia. Un centro in cui la gente può venire da noi e condividere i problemi primari della fede, della preghiera, e altri problemi come l’alcolismo, l’accesso all’acqua, all’elettricità, ecc.

Il dialogo interreligioso è possibile con il buddismo? È possibile con i seguaci delle religioni tradizionali? Potrebbe essere questa la pista per una evangelizzazione in Asia? Il futuro della missione è davvero in Asia secondo te?
Io penso che il dialogo con i buddisti o con altre religioni sia una sfida, ma che sia possibile lo ritengo  profondamente vero. Abbiamo già preso dei contatti con alcuni monaci buddisti a livello di amicizia. Il nostro sogno sarebbe quello di iniziare un centro di dialogo interreligioso in questa casa di spiritualità missionaria. Attualmente ogni anno, nella giornata dell’ambiente, noi cattolici, con buddisti e musulmani, ci dedichiamo alla pulizia dei letti dei fiumi… il dialogo si fa sul concreto, con progetti concreti. Poi anche a tavolino ma nel frattempo… Per la seconda domanda penso di sì: perché l’Asia, con queste religioni millenarie, ha da offrire molto a noi missionari, a livello di contemplazione… siamo chiamati ad essere contemplativi in azione. Se abbiamo questa carica spirituale interiore, fatta di meditazione, ascolto e silenzio, da condividere con i fratelli asiatici allora, qui in Oriente possiamo essere dei veri missionari.

Mongolia in sintesi
Ordinamento politico: repubblica parlamentare.
Capitale: Ulaanbaatar, oltre un milione di abitanti.
Superficie: 1.564.160 kmq (cinque volte l’Italia).
Popolazione: 2,6 milioni.
Lingua: mongolo.
Religione: buddisti 95%, musulmani 4% e piccole comunità sciamaniche e cristiane.
Alfabetizzazione: 98,5%.
Mortalità infantile: 58,9 per mille.
Speranza di vita: maschile 61; femminile 66.
Popolazione sotto la soglia di povertà: 33%.
Prodotti esportati: rame, cachemire, bestiame.
Geografia: la Mongolia è racchiusa TRA la Russia (a nord) e la Cina (a sud). Fino al Ventesimo secolo, però, il suo territorio era il doppio di quello attuale: infatti comprendeva una grossa fetta della Siberia e la cosiddetta Mongolia Interna, oggi regione della Cina. In questi due paesi vivono perciò popolazioni di etnia mongola. La parte meridionale della Mongolia è occupata dal deserto del Gobi, territori di steppa semidesertica con alcune zone di vero e proprio deserto (il più settentrionale del mondo).
Il clima è continentale, con estati relativamente calde (solo nel Gobi le temperature si alzano sopra i 35 gradi) e inverni estremamente rigidi.
 

La Redazione

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