Quando eventi traumatici, come gli attentati dell’Isis, irrompono nella vita quotidiana.
Quando la vita di ogni giorno è toccata, a volte sconvolta nelle sue certezze, da notizie di eventi tragici come le violenze dell’Isis, s’impone ai genitori e agli insegnanti il dovere di andare in soccorso dei loro piccoli. Rassicurando, spiegando, infondendo fiducia. Per farlo, gli adulti devono lasciarsi interrogare, documentarsi, riflettere, senza il timore di apparire ignoranti, essi stessi in cerca di senso.
Terrorismo, stragi, violenze. Dobbiamo raccontarle ai nostri bambini? Dovremmo far conoscere ai nostri figli o alunni eventi traumatici come quelli causati dall’Isis in paesi lontani e vicini, o anche altri eventi come terremoti, catastrofi, incidenti aerei, che vengono raccontati da tutti i mezzi di comunicazione con toni e immagini allarmanti?
L’Isis uccide 25 persone, tra cui diversi bambini e 9 giornalisti, a Kabul, in Afghanistan, in un duplice attentato il 30 aprile. Boko Haram attacca una moschea e un mercato in una città del Nord della Nigeria provocando 86 morti il 2 maggio. Uomini armati uccidono 17 persone tra cui un prete cattolico a Bangui, nella Repubblica Centrafricana lo stesso giorno.
Il racconto concitato di avvenimenti dolorosi irrompe nella tranquilla vita quotidiana delle nostre famiglie.
Il 14 luglio 2016 un camion fa strage sul lungomare di Nizza. Negli stessi giorni un uomo, armato di ascia ferisce diverse persone su un treno in Germania. Di nuovo in Germania, a Berlino, il 19 dicembre 2016 un altro camion travolge la folla al mercatino di Natale, uccidendo 12 persone. L’attentatore, Anis Amri, il 23 dicembre viene ucciso in un conflitto a fuoco con la polizia a Sesto San Giovanni, Milano, praticamente sotto casa di ciascuno di noi.
L’insicurezza entra in casa (tramite lo schermo)
«Il mondo che sembrava chiuso fuori dalla porta di casa, improvvisamente vi fa un ingresso irruento», scrive Alberto Pellai nel primo dei tre capitoli del volume Parlare di Isis ai bambini, edito da Erickson nel 2016. Se da un lato la fruizione di notizie come quelle sopra citate porta con sé una quota positiva di conoscenza, dall’altro porta anche il rischio di attivare nei bimbi un profondo senso di pericolo – anche all’interno delle mura domestiche – che l’adulto deve saper affrontare. «Gli adulti hanno il compito di comunicare ai più piccoli che loro sanno tenere il controllo della situazione». Ai volti spaventati di uomini e donne intervistati dai telegiornali sul luogo dell’accaduto deve fare da contrappeso lo sguardo attento e pacato, non allarmato, del genitore, la sua capacità di verbalizzare la paura con parole rassicuranti e, magari, con l’attenzione fisica di un abbraccio protettivo.
«Quando si assiste a un evento tragico in televisione si è dentro a un flusso di parole e immagini ad alto impatto emotivo. Spesso siamo noi adulti i primi a venire così attratti e spaventati che quasi ci dimentichiamo che nella stessa stanza c’è un bambino che sta osservando le medesime immagini. Ma che al contempo vede il nostro volto teso e spaventato, ascolta i nostri commenti sconcertati e atterriti».
L’adulto – scrive Pellai, psicoterapeuta dell’età evolutiva, nel suo testo pieno di esempi e utili suggerimenti – deve saper tranquillizzare senza negare le emozioni che la notizia, la foto, il servizio al Tg provocano. In questo modo aiuta il bambino a integrare la tempesta emotiva con la comprensione dell’evento e della sua condizione di protezione e sicurezza.
Genitori e insegnanti in ricerca
I genitori e gli insegnanti dovrebbero parlare anche dei motivi che stanno dietro alle violenze raccontate dai media? «Certamente», sostiene Dario Ianes, curatore del libro, «ma spesso non sanno bene quali sono le cause di quello che accade, non sanno documentarsi… e non vogliono apparire ignoranti, anche se sarebbe invece un ottimo insegnamento mostrarsi adulti che si attivano in una ricerca razionale, il più possibile libera da pregiudizi, di informazioni indipendenti». Quando l’Isis entra in casa da uno schermo, quindi, il nostro compito è quello di interrogarsi ad alta voce – provando a darsi delle risposte ragionevoli – sulle questioni che fanno da sfondo, da causa, da motore di quegli eventi. Accanto al compito di rassicurare i piccoli, c’è anche quello di dichiarare la nostra poca conoscenza e di impegnarci ad approfondirla.
Uno strumento per tutto ciò può certamente essere il libro di cui scriviamo, Parlare di Isis ai bambini. Al primo capitolo di Alberto Pellai, intitolato L’adulto competente aiuta emotivamente il bambino, ne seguono, infatti, altri due che inquadrano l’Isis da diversi punti di vista: la storia del Medio Oriente, la storia dell’Islam, la situazione sociale e culturale dei paesi musulmani, le relazioni internazionali, la riflessione filosofica, politica e militare sulla violenza. Il primo dei due, Geografia concettuale dello Stato Islamico è scritto dal funzionario internazionale Marco Montanari, il secondo, Cercare di comprendere l’Isis nella complessità, da Riccardo Mazzeo, editor di Erickson, con il filosofo e sociologo francese Edgar Morin.
di Luca Lorusso
Per approfondire
Alessandro Orsini, L’Isis non è morto. Ha solo cambiato pelle, Rizzoli, Milano 2018, pp. 235, 18 Euro.
Comprendere il fenomeno dell’Isis e capire quanto sia pericoloso per l’Italia e per l’Occidente non è mai stato facile. […]. Non lo è nemmeno oggi dopo la caduta di Raqqa – la capitale dello Stato islamico – e delle altre roccaforti, avvenuta a fine 2017. […]. Studioso di terrorismo alla Luiss di Roma e al Mit di Boston, Alessandro Orsini analizza rigorosamente la situazione attuale, aiutandoci a sfatare l’immagine distorta dell’Isis che spesso ci hanno offerto i media […]. Partiamo da un fatto: secondo Orsini, nonostante lo Stato islamico sia crollato, l’Isis continua ancora oggi a rappresentare un pericolo per le città in Occidente. Ed è un pericolo che ha assunto diversi, nuovi, imprevedibili volti […]: dai lupi solitari, come l’autore della strage di Nizza, alle cellule autonome più o meno addestrate, come quella che ha colpito a Barcellona e che per fortuna era molto impreparata. Al tempo stesso Orsini ci illumina sui rapporti tra Isis e al Qaeda, la cui evoluzione influenzerà il terrorismo in Occidente.
da rizzolilibri.it
Franco Cardini, Il califfato e l’Europa. Dalle crociate all’Isis: mille anni di paci e guerre, scambi, alleanze e massacri, Utet, Milano 2016, pp. 256, 16 Euro.
Crociata, jihad, guerra di religione, scontro di civiltà, sono parole che sembravano appartenere, ormai, ai libri di storia, e a epoche spaventose molto lontane dalla nostra. Eppure […] sono tornate drammaticamente attuali. Ma esiste davvero un conflitto tra culture e civiltà incompatibili? […].
La storia dei rapporti tra Europa e Islam, dal Medioevo all’età contemporanea, è lunga e complessa, in un’alternanza di paci e di guerre […].
In un libro che muove dagli albori della religione islamica per arrivare fino ai giorni nostri, Franco Cardini esplora le diverse fasi della storia di amore e odio tra l’Europa e il Vicino Oriente, soffermandosi sui momenti chiave dell’Illuminismo, dell’orientalismo ottocentesco, delle trame britanniche negli anni delle grandi guerre del secolo scorso, per gettare luce sulle troppe ombre delle vicende degli ultimi decenni. […].
da utetlibri.it
Philippe-Joseph Salazar, Parole armate. Quello che l’Isis ci dice. E che noi non capiamo, Bompiani, Milano 2016, pp. 199, 17 Euro.
Il salafismo jihadista e la sua incarnazione armata, il Califfato, hanno dichiarato una guerra planetaria di comunicazione e soprattutto di persuasione di massa. Dopo gli attacchi di Parigi il potere retorico persuasivo dell’Isis è sotto gli occhi di tutti. Ma abbiamo davvero capito come funziona una retorica militante efficace? Basandosi su una documentazione ricca, dettagliata e spesso del tutto inedita, Philippe-Joseph Salazar analizza i punti di forza del linguaggio della propaganda jihadista, mostrando di contro la debolezza dei discorsi dell’Occidente, disarmato contro lo stile del Califfato: il nostro linguaggio politico è sterile in confronto, «banale sul piano retorico e poeticamente deficitario». Il nostro contrattacco armato non sarà sufficiente: per vincere l’avversario bisognerà «pensare islamico, parlare islamico, argomentare islamico».
da giunti.it
Leggilo, scaricalo, stampalo da MC giugno 2018 sfogliabile.
Luca Lorusso
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