Testo di Luca Lorusso
Capita ogni tanto di ricordarmi di abitare una casa più ampia di quanto solitamente mi figuro. Ogni volta è una scoperta, e anche oggi è stato così.
Ci sono le varie stanze che uso quotidianamente, ben arredate e illuminate, funzionali. Lì ho addobbato l’albero e messo il presepe. Nella mia casa c’è sempre qualcosa da riordinare, da pulire, da spostare. A volte troppe cose, e mi spazientisco. E mi domando da dove arrivi tutta quella roba che ingombra gli spazi, che li impolvera, che rende il pavimento appiccicoso o scivoloso. Spesso concludo che è il mondo di fuori a buttare dentro le sue scorie. E allora compro lo zerbino nuovo perché tutti si puliscano bene le scarpe prima di entrare. Me compreso ovviamente.
Nella mia casa desidero sentirmi a mio agio e accogliere nel modo migliore le persone care.
In quelle stanze vivo e amo.
Capita poi qualche volta che riscopra – spesso in modo incidentale – spazi della mia casa che frequento raramente. Luoghi periferici in cui sono stipate molte cose: oggetti bruttini, o spaccati, o malfunzionanti, ma anche cose utili che avevo scordato di avere. Qualcuno di questi luoghi periferici della mia casa si trova appena dietro una porta, un’anta che periodicamente si socchiude cigolando. Mi rendo conto che da lì filtra un po’ del disordine e della polvere contro cui lotto ogni giorno.
I luoghi più interessanti però si trovano nei sotterranei. Bisogna prendere l’ascensore e poi fare due rampe di scale per arrivarci. A volte mi spaventa andarci, quasi come se temessi di non riuscire poi a risalire. Lì non c’è mai luce sufficiente per vedere tutto. Capita anche che, mentre sono là, la luce si spenga d’improvviso. Allora scappo, ma, lasciando la porta aperta, un po’ di quel buio e di quelle sagome scure mi vengono dietro. Qualche volta, se proprio sono determinato a capire cosa si nasconde lì sotto, accendo una torcia. Mi sfiora l’idea che, in qualche modo per me incomprensibile, sia proprio quell’ammasso indistinto, stipato in quello spazio periferico della mia casa, a rendere scivoloso il pavimento del soggiorno, ma anche a rendere abitabile la mia casa. Comunque quelle volte mi metto a rovistare. Tra quegli oggetti rotti, maleodoranti, velenosi, taglienti, o anche solo impolverati, che spesso mi feriscono, posso trovare qualcosa di essenziale per la mia casa. A volte è la ferita stessa.
Oggi sono sceso. Non so cosa cercassi, ma l’ho trovato. Provando a prendere l’oggetto, quello si è rotto, e io sono rimasto con un suo frammento tra le mani. Andava bene lo stesso. Sporco e infreddolito sono tornato a casa. Quell’oggetto, che rifrange la luce del soggiorno in modo diverso dal resto, inizialmente mi è sembrato rendesse tutto meno bello, meno a posto, ma io mi sono sentito a casa più di prima. Infine ho pensato a quanto sono stato fortunato a essere sceso proprio oggi. Lì, oltre all’oggetto che ora ha trovato il suo posto in casa, ho scovato anche il bambinello da posizionare nella mangiatoia vuota.
E mi pare che abbia voluto nascere proprio lì, che non potesse nascere che lì.
di Luca Lorusso
Luca Lorusso
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