Durante l’estate 2024, come seminarista misisonario della Consolata, ho avuto l’opportunità di incontrare diversi gruppi di giovani del Sud e del Nord Italia. Erano tutti giovani con tante domande, e soprattutto assetati di esperienze di missione.
Questo mi ha incoraggiato ad approfondire: cosa significa essere missionario?
Dobbiamo partire dal comprendere che il missionario è una persona chiamata e motivata dall’invito personale di Gesù, e che questo invito avviene attraverso «pro-vocazioni», cioè situazioni, persone, oppure realtà, che motivano ad assumere un certo stile di vita, a lasciare la propria tenda e a entrare in quella degli altri, affrontando grandi sfide.
Attualmente il mondo è popolato da circa otto miliardi di persone, di cui più di 3 miliardi non conoscono Gesù Cristo. Statistiche che dovrebbero ricordarci il mandato missionario che Gesù di Nazareth ha dato a tutti i suoi discepoli: andare nel mondo per annunciarlo. Missione che stiamo appena iniziando.
Per questo oggi è essenziale dare forza all’animazione missionaria nelle comunità cristiane e nella pastorale parrocchiale per provocare nelle persone l’azione missionaria.
Come frutto dell’animazione missionaria che ho fatto, vorrei presentare alcune provocazioni della missione che hanno nutrito e incoraggiato la mia vocazione missionaria.
• L’incontro con le persone e le loro culture
Vivere la cultura dell’altro, entrare nel dialogo interculturale, sforzarsi di comprendere la sua lingua, il suo modo di essere, le sue particolarità e spezzare il pane con lui, osservare come Gesù si incultura e in che modo incarna la sua Buona Novella nella gente.
Senza dubbio, l’inculturazione è una provocazione vocazionale missionaria per coloro che hanno l’opportunità di frequentare e scoprire questa dinamica perché ci mette in comunicazione e convivenza con altre persone.
• La realtà della missione
Comprende quindi tutto ciò che c’è nella missione: confini, fiumi, territori pieni di foreste e panorami meravigliosi che spesso vengono distrutti dall’aggressione umana. Ma comprende anche i quartieri periferici pieni di grande depressione e oppressione sociale pieni di miseria, violenza e disumanizzazione.
Nella realtà della missione c’è l’interculturalità, il dialogo interreligioso, la lotta per la giustizia, la ricerca del Bene Comune e l’organizzazione comunitaria.
Nella realtà della missione ci sono anche i poveri e il loro mondo, i loro desideri e la loro spiritualità.
• I missionari
Nella missione ci sono, ovviamente, i missionari, la loro vita, le loro testimonianze e le loro opere.
Donne e uomini di varie età che predicano e cantano, che servono e insegnano. Sono nelle città del mondo per dialogare, costruire, accompagnare e soprattutto simpatizzare con la situazione delle persone e delle città in cui sono missionari.
I missionari conoscono le lingue, le culture, sono intelligenti, hanno un cuore ampio e uno sguardo universale. Sono felici, sanno pregare, la loro umanità è semplice e povera, con pazienza e al ritmo del cammino della gente vivono la loro fede e la condividono.
• La pastorale missionaria
I missionari hanno le loro pedagogie e metodologie per seminare il Regno di Dio nei popoli e nelle culture, le loro dinamiche di evangelizzazione e comunitarie, ecclesiali e le loro relazioni interpersonali piene di bontà e di testimonianza.
L’attività pastorale missionaria infonde energia nella vita delle persone valorizzando le loro relazioni umane e con la natura e i loro modi di rispondere alla realtà.
• Spiritualità missionaria
La spiritualità missionaria è la vita dello Spirito che il missionario porta dentro di sé e che vive nella comunità dove evangelizza. Questa spiritualità lo rende una persona matura, saggia e buona. Questa spiritualità è ciò che gli permette di avere una parola preziosa e profetica. La sua vita spirituale consente gioia, energia, iniziativa e creatività.
• Esperienze missionarie, «Chiesa in uscita»
Fare un’esperienza missionaria, come dice Papa Francesco, è sentire la gioia di evangelizzare. Questa è una provocazione di prima qualità, perché sfida, richiede apertura e generosità.
Uscire e fare esperienze missionarie è una provocazione vera e concreta che rende solida la vocazione missionaria nei giovani, li fa guardare la realtà, scoprire che ci sono altri di cui hanno bisogno e che quegli altri sono la loro gioia.
• Camminare e stare con Gesù in mezzo alla gente
Essere un discepolo missionario e quindi stare in mezzo alla gente, conoscere Gesù e camminare con Lui, questa è la grandezza della missione.
La missione è l’opportunità di incontrarlo e di avere un contatto personale con Lui. In questo senso i missionari sono dei privilegiati e proprio per questo la Missione stessa è una provocazione, perché in essa si può seguire concretamente Gesù e sentire nell’anima cosa significa e implica essere suo missionario.
Come abbiamo visto, la missione offre provocazioni potenti che veicolano la chiamata di Dio mentre si servono gli altri, non solo con un pensiero altruistico ma con un’azione cordiale che parte dall’insegnamento di Gesù.
La Chiesa oggi dovrebbe fare maggiori sforzi per generare queste provocazioni missionarie tra i giovani, per andare incontro alla sete di tanti che sentono la chiamata, ma non sanno come risponderle.
La provocazione missionaria è decisiva nell’animazione missionaria della comunità cristiana, perché invita e seduce. La missione stessa contiene queste provocazioni, le produce e le semina nel cuore delle persone.
di Cristhian Alarcon
Cristhian Alarcon
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