«C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci, ma che cosa sono per tanta gente?» (Gv 6, 9).
Un ragazzo, come noi. Un ragazzo che, offrendo quel poco di cui dispone, fa la differenza. Un ragazzo che, con un semplice gesto, ci dà un enorme esempio di servizio, amore per il prossimo, generosità e fiducia.
«Incontri che cambiano la vita»: questo il fil rouge che ci ha accompagnati per tutto l’anno sociale 2022-23 e, successivamente, alla fine dell’estate, nei giorni dedicati al Deserto Giovani, durante i quali ci siamo lasciati affascinare a lungo da questa figura, che spesso passa in secondo piano e viene lasciata dietro le quinte.
Ognuno di noi è venuto in Certosa per motivi diversi: chi per riscoprire o approfondire il proprio rapporto con Dio, chi per cercare un po’ di quiete dalla quotidianità frenetica, chi per trovare conforto e nuova forza per mettersi in gioco dopo una recente delusione o sconfitta, chi, ancora, per migliorare le relazioni con gli altri sulla base di quella con il Signore.
Estremamente diverse erano le nostre storie, le nostre esperienze, le nostre età, le nostre mete; ma di fronte alla genuinità di questo ragazzo tutti noi non abbiamo potuto evitare di immedesimarci in lui e di chiederci: «Noi, nel nostro piccolo, cosa possiamo fare per gli altri? Noi in che modo abbiamo incontrato il Signore? Come possiamo testimoniare tale incontro nella nostra vita?».
È straordinario quanto sono state utili e stimolanti le condivisioni delle nostre impressioni, dei nostri pensieri e delle nostre percezioni in merito: la maggior parte di noi si vedeva quella settimana per la prima volta, eppure eravamo lì, pronti a raccontarci l’un l’altro le nostre debolezze, i nostri problemi, le nostre cadute, ma anche i nostri successi, i nostri punti di forza e le nostre sicurezze, pronti a mettere a disposizione tutto ciò che avevamo vissuto e che potesse aiutare gli altri a risollevarsi e a migliorare nel proprio percorso.
Ogni giorno ci riunivamo per la Lectio: a partire dalla lettura di un passo del Vangelo, padre Daniele o padre Ermanno ci davano alcuni spunti per la successiva riflessione, che poteva essere frutto sia di ragionamenti individuali sia di confronti con altri membri del gruppo. Abbiamo così incontrato non solo il ragazzo e la folla protagonisti della prima moltiplicazione dei pani, ma anche il giovane ricco (Mt 19, 16-22) e il paralitico (Mc 2, 1-12). Quest’ultimo ci ha accompagnati nel corso di una giornata piuttosto particolare: si è trattato del giorno di «spaziamento», durante il quale ognuno di noi, chi singolarmente, chi in coppia o in compagnia di un piccolo gruppo, ha aiutato la riflessione con il cammino e si è recato presso mete per lui maggiormente significative più o meno distanti, come Pian delle Gorre, il Rifugio Garelli o la Bisalta.
È stato curioso, dopo il momento di riflessione guidato da padre Daniele che sottolineava, tra i punti principali, la necessità del paralitico e dei suoi amici di raggiungere un luogo sopraelevato rispetto alla folla per riuscire a incontrare Gesù, come tutti abbiamo tentato di applicare concretamente al nostro itinerario questa salita e la scelta, come meta, di una cima o di un luogo a una maggiore altitudine rispetto alla Certosa, il nostro punto di partenza.
Penso che proprio questo possa racchiudere la nostra permanenza alla Certosa di Pesio di quei giorni: la salita, intesa come fatica sia fisica, nei servizi assegnatici per aiutare fratel Gaetano, Davide e la Certosa in generale, sia spirituale e mentale, nel continuo sforzo per metterci in discussione e supportare i membri del gruppo; e la meta, ovvero l’incontro con Dio, sia nelle riflessioni e preghiere personali sia nelle condivisioni vicino al maestoso pino con la statua della Consolata e nei momenti di preghiera comunitaria.
di Miriam Cortese
Miriam Cortese
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