Nella seconda parte del Benedictus emerge la figura di Giovanni Battista, punto di sutura tra Antico e Nuovo Testamento, ultimo dei profeti, annunciatore della nuova era del Regno realizzato.
Il Benedictus, dopo la prima parte nella quale benedice il Signore per le sue opere, prosegue con la presentazione di Giovanni Battista: «E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell’Altissimo perché andrai innanzi al Signore per preparare le sue vie» (Lc 1,76).
I tempi sono maturi per un’era nuova. Si realizza ora quanto promesso dall’angelo a Zaccaria: «Tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, che chiamerai Giovanni. Tu sarai nella gioia e molti si rallegreranno della sua nascita perché egli sarà grande davanti al Signore. […] Egli camminerà davanti a lui […] per […] preparare al Signore un popolo ben disposto» (Lc 1,13-17).
Sulla soglia del Regno
Tra tutti i profeti della Scrittura, il Battista, presentato come profeta dell’Altissimo, occupa un posto di rilievo. Lo stesso Gesù gli riconoscerà la sua eminente qualità profetica quando dirà alle folle: «Cosa siete andati a vedere nel deserto? […] Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta» (Lc 7,24-26).
L’importanza e la grandezza del Battista stanno soprattutto nel suo essere punto di sutura tra l’Antico e il Nuovo Testamento.
Egli è colui che pone fine alla funzione profetica dell’antica economia di salvezza, alla legge, e inaugura l’era in cui il Regno di Dio sarà proclamato. Il Battista, dunque, lo si può immaginare sulla soglia del Regno.
La sua azione non va sottovalutata perché, secondo i quattro evangelisti, il suo ministero, insieme al suo battesimo, costituiscono il passaggio indispensabile per incontrare il Messia.
In relazione a Cristo, il Battista dichiara che la prima economia deve lasciare il passo alla nuova.
La Parola di Dio che era risuonata attraverso i profeti antichi, ora risuonerà solo attraverso colui che verrà (cfr. Eb 1,1-2).
Precursore e profeta
Giovanni non si limita a preparare la via al Messia, ma ne diventa anche il precursore soprattutto nella passione e nella morte: con la sua vita e morte, egli anticipa le tappe più importanti del Maestro.
L’immagine del Battista quale voce che grida nel deserto richiama una profezia di Isaia (30,3) e una di Malachia (3,1).
In Isaia la voce che grida nel deserto ha il compito di preparare la via del Signore, mentre in Malachia è lo stesso Signore che dice: «Io mando un mio messaggero a preparare la via davanti a me». Questi testi, applicati a Giovanni, lo presentano come figura completamente al servizio di colui che deve venire.
Il suo ruolo è tanto importante che le autorità di Gerusalemme metteranno in moto una verifica sulla sua vera identità per indagare se egli sia un nuovo profeta, o addirittura il Cristo stesso (cfr. Gv 1,19-21).
La conoscenza della salvezza
A questo punto il Benedictus continua descrivendo la missione del Battista e il motivo del suo invio: «Per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza / nella remissione dei suoi peccati» (v. 77).
Come apripista per il Maestro, Giovanni deve condurre il popolo alla conoscenza della salvezza. Non si tratta di una conoscenza teorica di tipo filosofico, ma esperienziale, che si acquisisce per gradi. Una conoscenza che richiede un incontro, un’autorivelazione di sé, una fiducia reciproca e un amore vicendevole.
Si tratta di una conoscenza che traspira comunione e abbandono totale a Dio e al suo inviato, Gesù Cristo.
Tutto questo fa ottenere al popolo il perdono dei peccati perché l’amore ha la forza di cancellare ogni impronta peccaminosa. L’eliminazione della colpa costituisce in qualche modo l’elemento fondamentale della salvezza. La nostra libertà nasce quando le nostre colpe sono perdonate. Solo in questa nuova situazione possiamo sentirci «liberi in Cristo» (cfr. 1Cor 7,22).
In questo versetto lucano risuona la profezia di Geremia sulla nuova alleanza che sarà caratterizzata da una conoscenza piena di Dio, frutto del perdono dei peccati: «Ecco, verranno giorni – oracolo del Signore -, nei quali con la casa d’Israele e con la casa di Giuda concluderò un’alleanza nuova. […] porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Non dovranno più istruirsi l’un l’altro, dicendo: “Conoscete il Signore”, perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande – oracolo del Signore -, poiché io perdonerò la loro iniquità e non ricorderò più il loro peccato» (Ger 31,31-34).
Viscere di misericordia
L’evangelista Luca pone l’enfasi sulla remissione dei peccati perché ogni individuo, sia dell’antica che della nuova alleanza, è peccatore (cfr. Gb 4,17; 15,15; Rom 3,9.23; 5,12; 1Gv 1,8.10), e in quanto tale si separa da Dio e dai suoi simili.
La salvezza, di conseguenza, sta nell’essere strappati dalla condizione di peccatori tramite il perdono che il Padre accorda per mezzo di Gesù Cristo.
Questa verità è parte del mandato missionario che Gesù conferisce agli Undici: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme» (Lc 24,46-47).
Il Benedictus prosegue sottolineando che il perdono dei peccati trova la sua radice nell’amore paterno e materno di Dio: «Grazie alle viscere di misericordia del nostro Dio / nelle quali ci visiterà l’Oriente dall’alto», traduzione letterale del versetto 78 che descrive la materna attitudine di Dio nei confronti delle sue creature.
Il verbo greco splankizomai traduce la radice ebraica rhm, che nella sua forma verbale significa «avere compassione», mentre in quella nominale significa «seno materno». Dio, dunque, nel perdonare i peccati delle sue creature mette in atto tutte le sfumature materne della sua misericordia. Come una madre è capace di sentire-con (con-patire) il frutto del suo seno, in forza delle sue viscere di misericordia, anche Dio manifesta la sua capacità di sentire-con, di con-patire con le sue creature.
La materna attitudine di Dio appare in pienezza con l’invio del Figlio prediletto, il quale si rende in tutto, eccetto il peccato, simile a noi (cfr. Eb 4,14).
Sulla croce, nel momento della sua offerta, Gesù manifesta la profondità delle viscere di misericordia del Padre, il quale non solo perdona le nostre colpe, ma si dice disposto a «seppellirle nell’abisso del mare» (Michea 7,19). A motivo delle sue viscere di misericordia, Dio ci visiterà con il Messia, astro che sorge da oriente e sole di giustizia.
Illuminare e guidare
Il Benedictus si conclude con una prospettiva escatologica: «Per illuminare quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra di morte. / Per guidare i nostri passi sulla via della pace» (v. 78).
A tempo opportuno, Dio verrà per scrivere la parola fine a una storia segnata dalle tenebre e dall’ombra di morte.
Il Battista non è chiamato profeta di Dio o del Signore, ma profeta dell’Altissimo (cfr. Gen 14,18-20; Num 24,16; Dt 32,8), a significare che sotto l’ombra di Dio si possono rifugiare tutte le genti: tutti, indistintamente, ricevono l’indicazione per la via della pace.
La luce e la pace non saranno a disposizione di Gerusalemme, essa infatti non riconoscerà il Messia (cfr. Lc 19,42) e si vedrà privata del regno che passerà ai pagani.
Israele, eletta per essere luce delle genti, sarà a sua volta illuminata dai popoli che crederanno nel Messia.
di Antonio Magnante
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Antonio Magnante
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