Slow page dei Missionari della consolata

Fratelli tutti. L’altro

Pregiudizi e ubuntu

Ecco il secondo di tre schemi d’incontro per animare gruppi giovanili a partire dalla lettera enciclica di papa Francesco, «Fratelli tutti».

Tema: l’incontro con l’altro.
Obiettivi: esercizi di consapevolezza sui propri pregiudizi per promuovere l’incontro e la fraternità.
Durata dell’incontro: 2h circa.
Destinatari: dai 14 anni in su.
Materiale: pc e proiettore, fogli e pennarelli, oppure tablet.

In questa seconda scheda di suggerimenti per la costruzione di un percorso di animazione missionaria sull’enciclica Fratelli tutti, daremo uno sguardo al tema dei pregiudizi, quelli che spesso ci impediscono di costruire fraternità, di incontrarci con l’altro, soprattutto con chi percepiamo diverso da noi, com’è accaduto ad alcuni personaggi della parabola del buon samaritano (Lc 10).
Grazie al protagonista della citata parabola, alla Fratelli tutti di papa Francesco e alla conoscenza della filosofia Ubuntu, vorremmo imparare a superare i pregiudizi per incontrare l’altro in modo nuovo.

I pregiudizi

Brain storming: guardiamo il video Snack Attack di Eduardo Verastegui (4,17’), reperibile su Youtube, e concentriamo l’attenzione sui suoi personaggi.
Invitiamo i ragazzi a rispondere a queste domande:

  • Come avresti reagito se fossi stato tu il ragazzo della scena?
  • E se fossi stato al posto della donna?
  • Ti è mai capitato qualcosa del genere, com’è andata?

Raccogliamo le loro risposte e traiamo insieme delle conclusioni. Aiutiamo a prendere coscienza del fatto che tutti noi abbiamo dei pregiudizi verso l’altro, verso chi è diverso da noi.

Ciascuno ha un proprio modo di guardare la realtà, ha delle categorie dentro le quali finisce per incasellare gli altri.

Questo è vero in generale, ma lo è ancora di più riguardo le differenze di tipo etnico, culturale e geografico. È un atteggiamento mentale comune, ma pericoloso perché in esso c’è la radice di ogni forma di intolleranza e di razzismo.

Se è naturale pensare qualcosa dell’altro, anche solo guardandolo, non è naturale l’etichetta che spesso gli mettiamo.

I pregiudizi sui samaritani

I pregiudizi non sono nati oggi. Proviamo a rileggere il brano del buon samaritano (Lc 10, 29-36) in questa ottica. Mentre leggiamo, fermiamo l’attenzione sui primi tre personaggi della parabola: i briganti, un sacerdote, un levita (successivamente vedremo gli altri due).
Per facilitare la partecipazione dei ragazzi, possiamo mettere in un punto visibile un oggetto che rappresenti le diverse categorie (ad esempio, un bastone per i briganti, l’olio e il vino per il samaritano… o anche solo un telo di diverso colore per ogni personaggio).
Se l’uomo che scendeva da Gerico fosse stato un amico, un familiare dei briganti, questi non lo avrebbero derubato e tantomeno picchiato; e se lo fosse stato del sacerdote e del levita, questi lo avrebbero soccorso.
Invece, per tutti questi, l’uomo era «un altro», un diverso.

Briefing: analizziamo ogni personaggio elencando le possibili motivazioni del suo modo di agire nei confronti del malcapitato. Chiediamoci cosa ha spinto ciascuno ad agire come ha agito e perché.

Decostruzione dei pregiudizi

Si tratta allora di imparare l’arte della «decostruzione», cioè:

  • prendere coscienza del fatto che ciascuno ha pregiudizi, e che quindi anche noi li abbiamo;
  • individuarne almeno uno;
  • smontare quegli schemi mentali che ci siamo costruiti senza fondamento;
  • acquisire la capacità di metterci in discussione;
  • relativizzare noi stessi, la nostra cultura, il nostro gruppo…;
  • decentrarci: non esisto solo io al mondo, non sono il centro.

Tutto questo richiede una scelta, uno sforzo, ma c’è qualcosa di più.
La diversità è un’opportunità, una ricchezza, un altro da scoprire e con cui entrare in relazione. Guardiamo il video: Siamo tutti cugini (5,14’) reperibile su Youtube. Riflettiamo sul fatto che non siamo condannati a sentire l’altro come nemico.

Ubuntu

Cosa possiamo fare, allora?
La cultura dell’Africa subsahariana ci offre una filosofia di vita che si chiama ubuntu, focalizzata sulla lealtà e sulle relazioni.

Leggiamo ai ragazzi la seguente storia: «Un antropologo propose un gioco ad alcuni bambini di una tribù africana. Mise un cesto di frutta vicino a un albero e disse ai bambini che chi sarebbe arrivato prima avrebbe vinto tutta la frutta. Quando fu dato il segnale per partire, tutti i bambini si presero per mano e si misero a correre insieme, dopodiché, una volta preso il cesto, si sedettero e si godettero insieme il premio. Quando fu chiesto ai bambini perché avessero voluto correre insieme, visto che uno solo avrebbe potuto prendersi tutta la frutta, risposero: “Ubuntu, come potrebbe uno essere felice se tutti gli altri sono tristi?”». Ubuntu vuol dire: «Io sono perché noi siamo».

Appellandosi all’ubuntu si è soliti dire Umuntu ngumuntu ngabantu, «io sono ciò che sono in virtù di ciò che tutti siamo».
L’ubuntu esorta a sostenersi e aiutarsi reciprocamente, a prendere coscienza non solo dei propri diritti, ma anche dei propri doveri, poiché è una spinta ideale verso l’umanità intera, un desiderio di pace.

Nelson Mandela, leader di fama mondiale che ha dato la vita per la pace, la spiega così: «Una persona che viaggia attraverso il nostro paese e si ferma in un villaggio non ha bisogno di chiedere cibo o acqua: subito la gente le offre del cibo, la intrattiene. Ecco, questo è un aspetto di ubuntu, ma ce ne sono altri. Ubuntu non significa non pensare a se stessi; significa piuttosto porsi la domanda: “Voglio aiutare la comunità che mi sta intorno a migliorare?”».

Ecco alcune interpretazioni del senso di ubuntu:

  • «Io sono perché noi siamo»;
  • «Io sono ciò che sono per merito di ciò che siamo tutti»;
  • «Umanità verso gli altri».

Una definizione popolarmente accettata è anche, «la credenza in un legame universale di scambio che unisce l’intera umanità».
Invitiamo i ragazzi a condividere se piace loro questa filosofia e perché, ma lo condivideranno mentre realizzano una dinamica che farà loro sperimentare la bellezza della fraternità.

Dinamica: il gomitolo.
Invitiamo i ragazzi a mettersi in cerchio. Il primo risponde alla domanda, e lancia un gomitolo a un altro compagno, trattenendo il capo del filo. Questi a sua volta, dopo aver anche lui risposto, lancerà il gomitolo a un altro e anche in questo caso tratterà il filo. E così di seguito. Alla fine si creerà una rete.
Una volta terminato, ci si soffermerà a guardare la rete.
A questo punto poniamo alcune altre domande che possono aiutare a trarre alcune conclusioni:

  • Chi tiene in piedi la rete, uno solo, o tutti? («Io sono perché noi siamo»).
  • Come vedete la rete? («Imperfetta»: le relazioni sono valide anche se imperfette. La distanza tra noi può fare paura, ma la relazione tra noi riempie questa distanza).
  • Ci piace? ci fa sentire bene stare con gli altri? (Il bisogno di entrare in relazione è proprio dell’essere umano ed è bello).

Fratelli tutti

Ritorniamo alla nostra parabola di Luca 10 e guardiamo altri due personaggi: un samaritano e l’albergatore. Sarà che hanno vissuto la cultura ubuntu?
Quali sono i loro atteggiamenti, le loro azioni?
Proviamo a prendere in esame i verbi legati ai nostri due personaggi: gli si fa vicino, gli fascia le ferite, lo carica, lo porta in una locanda, e si prende cura di lui.

Il samaritano ci conferma che se è normale mettere un’etichetta all’altro, non lo è invece l’indifferenza, il passare oltre, mettere se stessi prima dell’altro. Infatti, egli sceglie di prendersi cura dell’altro. Ed è proprio questo verbo che sta molto a cuore a papa Francesco.

Nell’enciclica Fratelli tutti, oltre al capitolo dedicato al commento di questa parabola, nel cap. VI ci parla del dialogo e dell’amicizia sociale, del costruire insieme, della gentilezza. Quando parla di gentilezza, papa Francesco invita a usare tre parole magiche: per favore, scusa e grazie.

Dinamica: vignette.
Dividiamo i ragazzi in gruppi di quattro persone e li invitiamo a disegnare delle vignette nelle quali raffigurino diverse scene della loro giornata.
Le vignette dovranno mostrare come si possono usare nella quotidianità le tre paroline magiche, e quali conseguenze comportano nella propria vita e in quella degli altri.
Ogni gruppo poi le mostrerà al resto dei ragazzi.
Si potrebbero usare anche altre modalità, come scrivere un racconto, comporre un canto, fare una scenetta.

Conclusione

Preghiera al creatore
Signore e Padre dell’umanità, che hai creato tutti gli esseri umani con la stessa dignità, infondi nei nostri cuori uno spirito fraterno.
Ispiraci il sogno di un nuovo incontro, di dialogo, di giustizia e di pace.
Stimolaci a creare società più sane e un mondo più degno, senza fame, senza povertà, senza violenza, senza guerre.
Il nostro cuore si apra a tutti i popoli e le nazioni della terra, per riconoscere il bene e la bellezza che hai seminato in ciascuno di essi, per stringere legami di unità, di progetti comuni, di speranze condivise. Amen.
(Papa Francesco, Fratelli tutti)

Felicia Romano e Gonzalo Salcedo
(Ufficio educazione alla cittadinanza globale della Comunità missionaria di
Villaregia e Co.mi.vi.s.)

Leggi, scarica, stampa da MC luglio 2021 sfogliabile.

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